Ieri sera, venerdì 16 gennaio 2015, è andata in onda un’altra puntata de La Grande Storia su Rai Tre dedicata al Fascismo. Cliccate qui per rivederla. Eccone il riassunto. Di fronte alla corruzione dilagante nel nostro paese, scoperta dalle recenti indagini giudiziarie, in tanti ricordano che durante il fascismo non erano tollerati tale azioni. Si tratta di una verità storica o di luoghi comuni? I killer di Giacomo Matteotti sottrassero al politico una borsa in cui era contenuto un dossier con tutti i nomi dei fascisti corrotti, tra cui quello di Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Matteotti è stato l’ultimo politico del ventennio fascista a mettersi in gioco per svergognare il potere corrotto, pagando con la vita. Dopo l’assassinio, Mussolini, uscito pulito dalla faccenda con la distruzione delle prove, era interessato alla stabilità del regime e non badò molto all’ingordigia dei gerarchi fascisti. Secondo lo storico Mauro Canali, dopo Matteotti il totalitarismo soffocò ogni possibile denuncia, mostrando una facciata di onestà in grado di tranquillizzare la massa che in realtà nascondeva corruzione e intrallazzi. Roberto Farinacci, soprannominato il ras di Cremona, si arricchì enormemente nel ventennio fascista, in cui fece costruire una villa lussuosa a Gaeta e acquisì numerosi immobili a Milano, Napoli, Roma e Cremona. Secondo alcune stime, Farinacci accumulò un patrimonio equivalente a 10 milioni di euro attuali. Tra i corrotti anche l’eroe di guerra Emilio De Bono che, secondo lo storico Mimmo Franzinelli, approfittò della propria forza in Africa per ottenere tangenti dalle società appaltatrici, costrette a versare il 10% per vincere gli appalti. Il segretario nazionale del Partito Fascista Augusto Turati consegnò a Mussolini un dossier con tutti i nomi dei gerarchi che rubavano, tra cui quelli di Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, marito della figlia del duce Edda, del capo della polizia Arturo Bocchini, e del podestà di Milano Ernesto Belloni, che amava ostentare la sua ricchezza acquistando ville, opere d’arte e mantenendo numerose amanti. Il regime costituiva una fonte di arricchimento non solo per i gerarchi ma anche per i personaggi minori, come i killer di Matteotti. La dittatura conviveva con la corruzione, nonostante gran parte del popolo italiano credesse di vivere nel paese più onesto nel mondo, e a partire dal 1938, anno in cui vennero emanate le Leggi Razziali contro gli ebrei, molti italiani cominciarono a denunciare gli ebrei, nella speranza di ottenere parte delle loro ricchezze. Secondo Mimmo Franzinelli con l’istituzione del Tribunale della Razza molti gerarchi cominciarono ad esigere “parcelle” molto elevate per patrocinare le pratiche di arianizzazione e per corrompere i commissari giudicanti. E il duce era a sua volta corrotto? Mussolini aveva nel suo ufficio una cifra equivalente a 420.000 euro per piccole spede ed elargizioni e sosteneva le spese di sua figlia Edda, che aveva il vizio del gioco d’azzardo e quelle della sua amante Claretta Petacci. Il duce, poco prima della presa del potere, ricevette un ingente quantità di denaro dai responsabili dell’Associazione Bancaria e da molti industriali, in cambio di un pacchetto futuro di leggi a loro favorevoli e di seggi alla Camera e al Senato. L’occasione per sdebitarsi con gli industriali arrivò nel 1935 con lo scoppio della guerra in Etiopia, una anticipazione di quanto sarebbe avvenuto con l’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, in cui fiumi di denaro ritornarono nelle casse degli industriali e gli italiani cominciarono a dubitare sull’onestà del duce. Durante il periodo fascista l’omosessualità era considerata una infamante patologia da combattere con il confino o con il manicomio e anche la semplice calunnia a volte era sufficiente per distruggere la reputazione, anche quella dei gerarchi. Una delle vittime fu Augusto Turati, che venne punito per aver denunciato la corruzione di molti gerarchi, tra cui Farinacci, con la compilazione di una lista di truffatori da epurare. Turati venne accusato di pederastia, sospeso dal partito fascista e successivamente mandato in manicomio e poi al confino per aver inviato una lettera ad una tenutaria in cui aveva chiesto espressamente di incontrare un maschietto (si riferiva ad una prostituta donna con i capelli corti). La polizia politica fascista, nelle comunicazioni interne, definiva il principe Umberto, erede al trono dei Savoia, il principe pederasta, nonostante avesse moglie, amanti e quattro figli. Secondo lo storico Lorenzo Benadusi l’accusa di omosessualità fu usata come arma politica per delegittimare la monarchia e il successore al trono. La vita sessuale dei gerarchi era sotto osservazione da parte della polizia politica fascista, che li spiava nelle case d’appuntamento con la finalità di ricattarli. Tra gli ospiti illustri delle case d’appuntamento Galeazzo Ciano, Roberto Farinacci ed Emilio De Bono. Lo stesso Mussolini intrattenne relazioni clandestine certificate con sessanta amanti, a cui va aggiunto un numero imprecisato di amanti segrete. Durante il ventennio Mussolini subì numerosi attentati che hanno lasciato molte perplessità in merito ai reali mandanti. Gli attentati furono commissionati da antifascisti o da una fronda interna al partito? L’attentato che più pone interrogativi è quello avvenuto il 31 ottobre del 1926 a Bologna, quando Mussolini venne sfiorato da un colpo di pistola sparato dal giovane Anteo Zamboni, nascosto tra la folla. Zamboni venne prontamente linciato dai fascisti, in circostanze non del tutto chiarite. In particolare non sono mai stati chiariti i motivi per cui sul luogo era presente Albino Volpi, uno dei killer di Matteotti, e molti uomini del ras di Cremona Farinacci. L’attentato fu ordito da Farinacci? Alcuni testimoni videro un uomo, al fianco di Zamboni, sparare contro Mussolini e dopo alcuni mesi il quotidiano “Il Messaggero” ricevette una autodenuncia di un anonimo che si autoaccusava di essere l’autore dell’attentato.



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