Ci sono argomenti che è praticamente impossibile trattare artisticamente o narrativamente senza cadere in una trappola, che sia quella del patetismo o del ricatto emotivo. Il morbo di Alzheimer è uno di questi argomenti. La prova sta in un film che sarebbe anche delicato e che tenta l’anti-retorica come Still Alice, diretto dal duo Richard Glatzer e Wash Westmoreland, ma che risulta comunque discutibile. 

Al centro del film c’è la Alice del titolo, brillantissima professoressa 50enne a cui viene diagnosticata una forma precoce di Alzheimer: con l’aiuto dei familiari, un marito e due figlie, cercherà di lottare per tenere più a lungo possibile i propri ricordi, per restare Alice.
Il cuore narrativo, tratto dal romanzo di Lisa Genova, è tutto qui e permette alla sceneggiatura dei due registi di raccontare in parallelo i personaggi e gli effetti della malattia sulla protagonista e i suoi cari, scegliendo la strada del dramma indipendente, concentrato sugli attori e su un linguaggio cinematografico pulito. 

interessante la scelta di concentrarsi sulla protagonista e sulla sua battaglia, mostrandola proprio come una naufraga, che in mezzo al mare dell’oblio deve usare tutte le risorse che ha a disposizione per trovare un appiglio, un’ancora, per non perdere la propria identità e i propri ricordi; di contro, marito e figlie, figure quasi in disparte finché lei è ancora del tutto cosciente, diventano sempre più presenti ma incapaci di gestire davvero la malattia, nel frattempo che per Alice diventano margini sfocati dell’inquadratura. 

Eppure, l’interessante prospettiva scelta da Glatzer e Westmoreland per raccontare Still Alice e il tono apparentemente lieve, non può evitare un nucleo linguistico più subdolo di quanto non sembri: prevedibile nell’adagiarsi all’andamento del morbo, il film sottolinea ogni scena emotiva con la musica crescente (tra l’altro, sempre lo stesso tema, che si ripete di continuo), forza le lacrime sui volti degli attori come a passarle da loro agli spettatori. Così il film risulta più sincero e convincente quando mette da parte gli effetti dell’Alzheimer e si concentra più sulle persone. 

Anche perché gli attori, capeggiati da una Julianne Moore probabile premio Oscar, danno il meglio di loro, da Alec Baldwin a Kristen Stewart. Anche se poi, risulta più commovente e toccante la vera storia di Glatzer: ammalatosi di sclerosi laterale amiotrofica durante la pre-produzione di Still Alice, ha diretto il film assieme al compagno da fermo, immobile, comunicando attraverso un monitor. La realtà ha sempre più forza di qualunque racconto.