Russel Crowe debutta alla regia con un film epico che rievoca le vicende legate alla battaglia di Gallipoli, avvenuta durante la Prima guerra mondiale sulle coste turche. The Water Diviner si muove tra lo sconfinato, rosso paesaggio australiano dove vive il protagonista e l’affascinante, intricato mondo di Costantinopoli, segnato dalla guerra e schiacciato dall’Impero Ottomano. 

In The Water Diviner torniamo indietro nel tempo, nel 1919, quando l’agricoltore rabdomante Joshua Connor (interpretato dallo stesso Crowe) cerca di andare avanti nonostante la tragedia che l’ha colpito, la perdita dei tre figli maschi partiti per Gallipoli quattro anni prima. I corpi non sono mai stati ritrovati e Connor ha giurato alla moglie, incapace di sostenere il dolore, di recuperarli. Per questo, e per ritrovare la pace, decide di partire per l’Europa e di affrontare l’ostilità e i pericoli della città turca nel disperato tentativo di onorare la loro memoria e la sua promessa. 

Lo spiazza l’incontro con la bella e misteriosa Aysge (Olga Kurylenko), proprietaria dell’hotel in cui alloggia e madre di un bambino che si affeziona a Connor. Il loro rapporto, inizialmente difficile, si trasforma in un legame platonico basato sulla comprensione delle reciproche differenze e sul riconoscimento del comune bisogno di proteggere la famiglia e di non restare schiavi del passato. Il viaggio porta il rabdomante (che “sente” la presenza dei figli così come quella dell’acqua) nei luoghi ancora straziati dalla guerra, dove, grazie all’aiuto di un eroe di guerra turco Hasan e del sergente Jemal, riuscirà a ricostruire il destino dei suoi figli. 

Seguendo il percorso di Connor, il film racconta la storia di una perdita e di una ricerca disperata, sullo sfondo di un mondo che sta cambiando. L’Anatolia, occupata e divisa, sta per trasformarsi nella Turchia odierna, in lotta per conquistare la propria identità e indipendenza. Mentre le certezze del passato si sgretolano, l’amicizia tra Connor e Hasan suggella il rispetto e la lealtà che vanno oltre le posizioni politiche. 

Mostrando due mondi lontani e due punti di vista, Crowe dirige un melodramma illuminato da colori intensi e da un substrato allegorico che accentua l’intensità e l’emozione della storia. La sofferenza provocata dalla guerra, che non risparmia né vinti né vincitori, è espressa attraverso la sofferenza dei tre figli del protagonista, riproposta più volte nel corso del film e da diversi punti di vista.

La narrazione classica si arricchisce così di un tocco personale, che sottolinea il tema del dolore e che si accompagna al leitmotiv dell’acqua, giocato con destrezza dal regista che ne sfrutta il valore allegorico: l’acqua porta con sé la vita e la morte, l’inizio e la fine, ma rappresenta anche il legame spirituale tra il protagonista, la moglie e i figli, destinato a sopravvivere per sempre.