L’etnologo e antropologo francese Marc Auge, nato a Poitiers il 2 settembre 1935, sarà ospite stasera a “Che Fuori Tempo che Fa”, trasmissione del sabato di Rai 3 condotta da Fabio Fazio. Grazie allo sviluppo e all’applicazione di innovativi metodi di indagine, si afferma come uno dei più noti studiosi e accademici di scienze sociali e di antropologia. Dall’Africa al Sud America sino all’Europa ha indagato la realtà metropolitana del mondo contemporaneo, mettendo in evidenza il paradosso di una società dove cresce la solitudine nonostante il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione. Già direttore della Scuola degli Alti Studi in Scienze Sociali (EHESS) di Parigi, Augé è noto al pubblico per aver coniato il concetto di “nonluoghi” (non-lieux), spazi anonimi, privi di identità e carattere storico, come aeroporti, grandi magazzini, autostrade, stanze di hotel, popolati da un indistinto flusso continuo e frenetico di persone in transito che non si relazionano, che si incrociano senza incontrarsi. Nello sviluppo della teoria dei “non luoghi”, Marc Auge conia il neologismo “surmodernità”, con questo termine lo studioso intende riferirsi ai fenomeni economici, sociali e culturali di una società complessa e al suo sviluppo alla fine del secolo scorso, in particolare vuole definire il passaggio tra l’epoca postindustriale e ae quella caratterizzata dal dilagare degli effetti della globalizzazione nell’esistenza e nella quotidianità delle persone. Lo studioso, quasi ottantenne, in una recente intervista sul tema dei giovani e del lavoro rilasciata al mensile L’Espresso, ha affermato che per essi il lavoro è “Un’ossessione e un miraggio”, e ancora “La vocazione è un lusso cui non hanno diritto. Più che un lavoro attraverso cui realizzarsi, cercano un impiego che permetta di sopravvivere”. In seguito all’attentato terroristico del 7 gennaio 2015 che ha colpito il settimanale satirico Charlie Hebdo e in aperta polemica con Marine Le Pen, accusata di speculare sulla strage, Augé ha affermato che la nostra società ha bisogno di vivere un nuovo illuminismo. Il punto salinete per Augé è che la comunità islamica ha sì condannato le violenze, ma dovrebbe potuto e dovuto fare di più, ovvero riconoscere senza riserve il diritto di criticare anche la religione. Nel corso della sua carriera Augé è artefice di una ricca bibliografia che conta decine di saggi. L’ultima sua fatica è il volume “Il tempo senza età: la vecchiaia non esiste (Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014). In esso l’autore, raggiunta l’età in cui accade che qualcuno gli ceda il posto sul metrò, ripercorrendo i propri ricordi, riflette sul tempo e sul suo scorrere. “Conosco la mia età, posso dichiararla, ma non ci credo”, annota il famoso antropologo, mettendo a tema la differente percezione che si ha del tempo e dell’età, tra il giudizio degli altri e quello che sentiamo dentro di noi, perché nonostante l’oggettivo logoramento del corpo, il modo con cui percepiamo noi stessi resta soggettivo. Partendo da questa riflessione l’autore osserva che la vecchiaia non esiste, concludendo il libro con l’affermazione che “tutti muoiono giovani”.



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