Anni fa, Anne Hathaway era la giovane e innocente stagista della dispotica Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, costretta a compiere missioni impossibili nel tentativo di diventare una giornalista. Oggi è alla guida di una start-up di successo nel mondo della moda e assume uno stagista over 60, che ha il volto di Robert De Niro e le insegna a districarsi tra i problemi del lavoro e della vita.



Accade nella nuova commedia di Nancy Meyers Lo stagista inaspettato (The Intern), un film delizioso e intelligente che ribalta i ruoli tradizionali per raccontare una storia che diverte, fa riflettere e trascina nel mondo di Brooklyn, a cavallo tra nostalgia e innovazione.

De Niro è Ben, un vedovo benestante che, dopo lunghi anni trascorsi a lavorare per una compagnia di elenchi telefonici, è ora in pensione: ha girato il mondo, si è goduto il tempo libero, ma l’inquietudine lo spinge a cercare un nuovo impegno quotidiano. Quando scopre che un’azienda di moda online assume stagisti senior, si candida e ottiene il posto, diventando ben presto il beniamino dei colleghi. 



Più difficile è conquistare l’attenzione e la fiducia del capo, Jules Ostin (la Hathaway), che ha fondato la società e la dirige da sola a scapito della sua giovane età, sacrificando il sonno e la serenità della vita familiare. Ma Jules non è la donna in carriera acida e isterica che vuole lo stereotipo. Certo, è impegnata, a volte capricciosa, ma ha un gran cuore, ama il suo lavoro e a casa ha una bambina che adora. Suo marito ha rinunciato a lavorare per fare il “casalingo”, una scelta che non sarà senza conseguenze. I problemi che derivano dall’inversione dei ruoli sono messi in evidenza nel film, con una risoluzione tutt’altro che scontata. 



Il mondo in cui si muovono i personaggi è ricostruito con estrema cura e gli ambienti rispecchiano le personalità dei protagonisti. Jules ha molte qualità e rappresenta il meglio della sua generazione, la self-made woman che ha saputo creare qualcosa di grande con le sue forze, senza per questo rinunciare a essere moglie e madre. Eppure ha bisogno di Ben, e non solo per guidare l’auto. Ben ha l’esperienza e la saggezza che derivano dall’età, la dolcezza di un uomo che, nonostante il successo professionale, non è mai diventato uno squalo e non ha dimenticato le cose importanti della vita. 

Concentrandosi sulle relazioni, Lo stagista inaspettato racconta con eleganza lo sviluppo dell’amicizia tra Jules e Ben, che a dispetto del gap generazionale scoprono di comprendersi alla perfezione. Ben rappresenta il disagio che spesso accompagna la pensione, quando si resta da soli e si desidera tornare a far parte di qualcosa. 

Esponente dell’ultima generazione che guarda con sospetto alla realtà virtuale e all’abbigliamento troppo casual, conserva in sé una grande ricchezza in grado di attirare i neolaureati che sanno twittare, ma non riescono a parlare con le donne. Vede oltre l’apparenza e capisce chi è Jules, di cosa ha bisogno; entra nella sua vita con un savoir faire a cui non siamo più abituati e la incoraggia a prendersi cura di sé, a non rinunciare alla sua passione nel lavoro e nella vita. Anche se la struttura narrativa può non essere perfetta, il lieto fine lascia aperte molte porte e indica allo spettatore che le sfide, in realtà, sono appena cominciate.

Una storia con numerosi spunti di riflessione, capace di ritrarre generazioni diverse con tenerezza, comprensione e una buona dose di ironia, che piacerà agli amanti delle commedie con temi attuali, un ottimo cast e il fascino di New York.