Viva la sposa, ultimo film del romano Ascanio Celestini (presentato alle Giornate degli Autori di Venezia), è la storia di Nicola (interpretato dallo stesso Celestini), un uomo che passa il tempo a suon di bicchieri di sambuca e che, per vivere e mantenere quello che crede – o vuole credere – essere suo figlio imbastisce piccoli spettacoli per bambini. Attorno a lui e al suo baretto di fiducia gravitano le vite di Sofia (Alba Rohrwacher), l’amica d’infanzia, di Salvatore e di sua madre, Anna, che di professione fa la prostituta; loro, così come tutti gli altri personaggi del film, condividono un’esistenza fatta di stenti e debolezze. Tutti tranne uno, almeno: la sposa del titolo, infatti, è una ricca americana in viaggio di nozze che, riempiendo gli schermi televisivi, rappresenta, per contrasto, il lato patinato e “idealizzato” dell’esistenza.
Nel ritrarre in uno stesso film da una parte l’abiezione più totale, dall’altra lo sfarzo irraggiungibile della sposa, Celestini ha voluto mettere in chiaro sin da subito la propria visione dell’esistenza umana. Il suo è uno sguardo cinico, disperato e grottesco, più interessato a indugiare nei bassifondi di Roma che non a librarsi tra feste, riflettori e drammi altoborghesi. C’è di fondo una forte presa di posizione, purtroppo non supportata da una realizzazione all’altezza. Il risultato, anzi, è ben al di sotto di quanto le premesse possano lasciar sperare.
Il difetto più lampante di Viva la sposa è la sua mancanza di ritmo. Gli eventi si susseguono senza una particolare logica registica, forse in un goffo tentativo di rifarsi al cinema neorealista, con cui pure condivide il taglio documentaristico. Il film manca, così, di mordente, pur trattando argomenti che difficilmente lasciano lo spettatore impassibile.
Povertà, abiezione, alcolismo, violenza; tutti temi che il regista, non senza un certo coraggio, affronta con una buona dose di ironia, per quanto amara. Celestini dimostra di sapersela cavare anche come attore, oltre che scrittore, e il suo personaggio incarna quanto ci può essere di buono in un uomo che il pregiudizio vorrebbe egoista, immorale.
Nonostante gli indubbi pregi, non da ultima la scelta – già manifestata nel primo film del regista, La pecora nera – di trattare temi “scomodi” con rara sensibilità, il film crolla sotto i colpi di una fotografia inutilmente claustrofobica, personaggi interessanti ma poco abbozzati e una recitazione non sempre all’altezza della situazione.
Lasciando da parte per un attimo i difetti, Viva la sposa è sicuramente una pellicola atipica nel panorama cinematografico italiano, dominato invece dalla commedia d’intrattenimento e dal dramma strappalacrime. Il film di Celestini non si inserisce in nessuno dei due filoni: pur trattando argomenti pesanti e presentando situazioni tipicamente drammatiche, l’occhio del regista cerca sempre – pur con fatica – di presentare il bicchiere mezzo pieno. Il risultato è sì un affresco desolante della vita, ma presentato con la leggerezza e la semplicità di chi, come Nicola, dalla vita non si aspetta più nulla.