Un caso spinoso che dopo 32 anni è ancora sulla cresta dell’onda per via di Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa in situazione molto poco chiara in Vaticano appunto trent’anni fa. Un mistero che avvolge cronaca, religione e affari oscuri che ha contribuito in tutti questi anni ad alimentare ipotesi anche molto fantasiose su che fine avesse potuto fare l’allora quindicenne Emanuela Orlandi. È l’insistenza del fratelli Pietro che oggi verrà analizzata e raccontata a La strada dei miracoli, programma in prima serata su Rete 4 questa sera, con al timone Safiria Leccese che intervisterà proprio Pietro Orlandi, presente eccezionalmente in studio. L’uomo non si dà pace per la sorella smarrita e probabilmente all’epoca dei fatti sequestrata: il tutto con lo sfondo del Vaticano che attraverso i vari Papi che si sono succeduti hanno sempre cercato di scoprire la verità, ma che probabilmente in alcune parti della Curia non ci sono state altrettante disponibilità, e questo nel tempo ha alimentato teorie disparate e spesse volte troppo fantasiose. Questa sera ne scopriremo di più grazie al lavoro di indagine della trasmissione che proverà a mostrare il caso di Emanuela sotto una luce particolare, specie con l’apporto del fratello della ragazza scomparsa.
– Il caso di Emanuela Orlandi, è forse uno dei casi più intricati dell’intera storia di cronaca nera italiana dell’ultimo secolo e stasera verrà analizzato a la strada dei miracoli, in prima serata su Rete 4 con Safiria Leccese e la presenza del fratello Pietro Orlandi. La ragazza scomparve ben trentadue anni fa, esattamente il 22 Giugno del 1983, quando era appena quindicenne, da allora nonostante le indagini svolte in tutta Italia, e in alcuni casi anche all’estero, di lei non si seppe più nulla. Il caso inizio a interessare immediatamente l’opinione pubblica, in virtù del fatto che il padre della ragazza era legato, per rapporti di lavoro, con la Santa Sede. Egli infatti ricopriva l’incarico di Commesso prefettizio presso la Prefettura della Casa Pontificia, e conosceva, anche se in maniera molto superficiale, il Papa dell’epoca, Giovanni Paolo II. Dopo le prime indagini, che non portarono in concreto a nessuna pista, svolte dalla polizia Italiana, che tendevano ad una sparizione volontaria, (Emanuela aveva lo status di cittadina dello stato del Vaticano, ma gli investigatori che si occuparono del caso erano esclusivamente italiani) gli investigatori si orientarono sulla sparizione legata agli ambienti pedofili romani. La pista fu sondata per qualche settimana, ma non si trovarono indizi che potessero far pensare che il movente a sfondo sessuale, fosse una soluzione alla misteriosa sparizione. I primi di Luglio pero la vicenda subì un improvvisa accelerazione. Durante l’Angelus domenicale, Papa Giovanni Paolo II pubblicamente parlo di sequestro, attirando sulla vicenda l’attenzione dei media di tutto il mondo, e spiazzando di fatto gli investigatori, che ancora non avevano preso in considerazione l’ipotesi del rapimento. Di fatto, infatti, mancava il movente. Emanuela era una ragazza tranquilla, felice e solare, non introdotta in alcun modo in giri “strani”. La giovane pensava solamente allo studio, e a far felici i genitori, che a sua volta l’adoravano, la famiglia non era una famiglia altolocata della media borghesia, ed era, per questo motivo, da escludere un rapimento tendente ad un eventuale riscatto. Da quella domenica di Luglio, dopo l’appello del Santo Padre, sulla sparizione della ragazza furono fatte le più azzardate tesi. Furono in tanti a vedere un collegamento tra la sparizione della giovane donna, e l’attentato al Papa commesso pochi anni prima. La tesi per quanto fantasiosa fu suffragata da alcune telefonate, (sedici in tutto) di quello che si definiva un portavoce del sedicente gruppi di terroristi turco (i Lupi Grigi), di cui faceva parte l’attentatore del Santo Padre, il turco Ali Agca. Durante le telefonate un uomo dallo spiccato accento inglese propose più volte uno scambio, (logicamente rifiutato dalle autorità italiane) tra la ragazza e il criminale che aveva cercato di uccidere Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro, qualche anno prima. La pista Turca venne analizzata in ogni minimo particolare dagli investigatori, furono interessati i servizi segreti Italiani e Turchi, ma alla fine essa fu accantonata, visto che non si riuscirono a scoprire indizi di un certo valore. Negli anni alla sparizione della Orlandi fu anche accostata la banda della Magliana. La tesi era che i criminali comuni avrebbero rapito la quindicenne, (poi uccisa e fatta scomparire) per mandare un macabro segnale all’allora capo della banca vaticana, che non aveva mantenuto alcuni obblighi relativamente ad affari poco chiari con il capo storico della banda (Enrico de Pedis). Il caso negli anni vide innumerevoli archiviazioni e conseguenti riaperture delle indagini, via via che alcuni indizi emergevano dall’oblio storico. Mai però si ebbe una vera pista da seguire. Sono in molti per questo gli investigatori a pensare che la sparizione sia stata volutamente insabbiata, da personaggi legati al mondo dei servizi segreti internazionali, preoccupati di svelare degli oscuri intrighi tra il mondo dell’alta finanza e la Santa Sede.