Pesca selvaggia era il titolo della puntata di ieri sera, domenica 4 ottobre 2015, di Presadiretta, che si è spinta dal Mediterraneo fino all’Oceano Atlantico, sulle coste dell’Africa. A Sciacca l’inviata ha seguito l’equipaggio o del peschereccio Maristella. Il comandante prima di partire si fa il segno della croce e la nave si dirige verso il largo. Si naviga per due ore e quando si inizia a pescare è gà buio. Il computer di bordo mostra ciò che cè sotto il mare e uno dei pescatori spiega che una volta si facevano anche due, tremila cassette di pesce, mentre ora si parla di qualche centinaio. A volte si naviga anche tutta la notte per trovare qualcosa. Quando poi si avvistano dei pesci si fa la prova con il retino per capire se il pesce è della misura giusta e se è così si può iniziare a pescare, attirando i pesci con la luce e buttando la rete grande. Fino a una decina di anni fa a Sciacca cerano 50 aziende che vivevano del pesce azzurro, cioè alici e sardine, che venivano anche inscatolate. Ora di quelle 50 ne sono rimaste dodici, perché con il diminuire del pesce hanno chiuso una ad una. Proprio lì in azienda spiegano che il pesce che lavorano lì dentro non viene più da Sciacca.
La manutenzione di un peschereccio costa moltissimo ogni anno e sono soldi che non si riescono più a coprire. Se si decide di demolire le barche lo Stato dà un piccolo contributo, che non corrisponde neanche a un terzo del valore dellimbarcazione. Qualcuno però preferisce comunque demolire e non buttare più denaro. Il motivo della diminuzione del pesce andrebbe individuato nella cosiddetta pesca sperimentale che si fa nei mari di Sciacca ormai da qualche anno. A Lampedusa fino a pochi anni fa c’erano almeno venti pescherecci, di cui ne è rimasto soltanto uno. Si va per mare ma per intere giornate non si tira su niente. Eppure prima il mare di Lampedusa era pieno di sgombri, si riempiva la barca. Dal 1995 ad oggi, hanno spiegato i pescatori, si è andato sempre a calare. Il motivo è che le barche dei pescatori sono diventate almeno due o trecento perché non pescano più solo gli italiani ma anche i tunisini con le loro barche. In teoria non potrebbero pescare in Italia, eppure lo fanno. La Comunità Europea dice che nel Meditteraneo il 93% del pesce non è pescato in modo sostenibile. Riccardo Iacona si è occupato per iniziare del tonno rosso. Siccome si tratta di una specie in via di estinzione, l’Unione Europea ha obbligato gli armatori all’acquisto di alcune quote e da poco ha aumentato le quote disponibili per ogni Paese, Italia compresa. I piccoli pescatori però non sono così facoltosi da poter acquistare queste quote, che quindi restano sempre in mano ai grandi.
L’inviata è salito a notte fonda su una nave di pescatori a Trapani. A restare impigliati sono molti tonni rossi. Se si venisse scoperti ci sarebbero multe e rogne per i pescatori, che così ne lasciano a mare. Alcuni pesano anche 300 chili. A bordo non si può prendere, a terra non si può portare e a mare non si può buttare. Così tutti i pescatori hanno questo problema con i tonni rossi. C’è poi chi nasconde la carne divisa in blocchi negli anfratti dei pescherecci, per rivenderla di nascosto. Testa e coda invece vengono gettati a mare. Al mercato di Palermo spiegano che il tonno in regola dovrebbe avere una bolla di accompagnamento con indicato quando e dove è stato pescato, ma quando l’inviata chiede questa bolla le viene sempre risposto che ce l’ha il titolare, il quale però non c’è mai. A Dakar l’inviata di Presadiretta è andata a parlare con un biologo marino che studia l’impatto che la pesca industriale ha su alcune specie ittiche. Quelle pescate dai grandi pescherecci, come la cernia bianca, stanno soffrendo molto e ora sono in via di estinzione. Per il Senegal questo è un problema enorme perché qui la pesca dà lavoro a 700.000 persone. Prima era un settore che andava bene, ma ora è in crisi. Nel settore della lavorazione del pesce le donne rappresentano la maggior parte della forza lavoro, ma ora la povertà sta colpendo questo Paese. Un uomo racconta di aver iniziato a pescare nel 1969.
Allora si viveva di questo lavoro, ma ora quello che prima si pescava in un giorno non si mette insieme neanche in una settimana in mare. Per trovare il pesce occorre allontanarsi molto e le spese sono pesanti da sostenere quando non arrivano i guadagni. Lo scorso anno il Senegal ha firmato un accordo che apre le sue acque ai grandi pescherecci dell’Unione Europea in cambio di denaro. Ma quello che questo Stato riceve è una miseria rispetto al prezzo di vendita del pesce. I venditori dei mercati milanesi raccontano che il pesce proveniente dall’estero è almeno il 20% di quello presente sul mercato, escludendo il pesce azzurro, che nella maggior parte è italiano. In Puglia, in provincia di Brindisi, c’è una riserva dove prima si pescava di frodo e il pesce era sparito. Poi per cinque anni è stata bloccata ogni attività e il mare in poco tempo è letteralmente rinato. Quando i pescatori arrivano a terra misurano lunghezza e peso del pescato e si è constatato che la resa ha avuto un aumento pari al doppio. La pesca sostenibile non solo è necessaria, ma anche conveniente, spiegano i pescatori. In un solo giorno si pesca l’equivalente di una settimana. A Favignana nelle Egadi, c’è un’altra area marina protetta, la più grande del Mediterraneo. Qui il mare lo stavano distruggendo, finchè non si è intervenuti seriamente. Altro problema è quello del pesce pescato illegalmente, come la cosiddetta neonata. Si è calcolato che fra 50 anni praticamente non avremo più pesce. Per salvare il mare potrebbero fare molto anche i consumatori, non restando sempre sulle solite dieci specie ma variando.
Replica Presadiretta, puntata 4 ottobre 2015: come vederla in video streaming – E possibile vedere o rivedere la puntata di Presadiretta andata in onda ieri, domenica 4 ottobre 2015, grazie al servizio di video streaming disponibile su Rai.tv, cliccando qui.