L’estate è finita, ma la rassegna dei film di Woody Allen, in attesa del suo 80° compleanno, continua. Il settimo appuntamento ci catapulta in un noir dalle tinte comiche, infarcito di magia e di fascino esotico. La maledizione dello scorpione di giada (2001) apre il nuovo millennio nel migliore dei modi, e ci regala una delle ultime parti da protagonista dell’Allen attore. 



Durante un’intervista, Woody Allen ha dichiarato senza esitazioni che La maledizione dello scorpione di giada è il suo lavoro peggiore. A recitare la parte del protagonista, un investigatore privato invischiato in una storia di rapine e ipnosi, il regista avrebbe preferito un fisico a la Humphrey Bogart, suo idolo sin dai tempi di Provaci ancora, Sam. E invece è Allen stesso a interpretare C.W. Briggs, affiancato da un cast di tutto rispetto (tra cui una formidabile Helen Hunt e Charlize Theron) in un giallo/noir/comico ambientato nella New York di inizio anni ’40. 



La trama è già di per sé comica: il suddetto agente privato è vittima di un mago che, pronunciando la parola “Costantinopoli”, lo fa cadere in uno stato di trance; così Briggs manda a segno efferati furti in villa, salvo poi svegliarsi ignaro di tutto. Nel frattempo la collega/rivale Betty Ann Fitzgerald (Helen Hunt) inizia a sospettare di lui, salvo poi trovarsi fortuitamente “complice” con l’infittirsi della trama e della loro relazione. 

Il “peggior” film di Allen è in realtà un gioiello di ritmo e comicità, e poco importa se al posto di un investigatore tutto d’un pezzo abbiamo una nevrotica macchietta. Anzi, è proprio quello che il regista, sottovalutandosi, non riesce a perdonarsi (cioè l’aver recitato in maniera così macchiettistica accanto ad attori professionisti), a essere in realtà il punto di forza de La maledizione dello scorpione di giada



A questo proposito non si può non menzionare la riuscitissima sinergia tra Allen e la Hunt, paragonabile per efficacia comica ad alcuni dei più riusciti duetti con la Keaton. Lei è quella che si potrebbe definire una donna in carriera, fredda e brutale nel rispondere alle provocazioni dell’insignificante – a suo dire – detective Briggs. I loro botta e risposta, costantemente il bilico tra lo spietato e l’anticonvenzionalmente romantico, meritano di essere annoverati tra i più brillanti esempi di scrittura comica. 

Il contorno al loro rapporto non è meno affascinante, con una fotografia virata pesantemente sul giallo e l’irresistibile atmosfera anni ’40. Al centro vi è poi lo scorpione di giada, esotica reliquia attraverso la quale il sedicente mago può perpetrare i propri crimini. Ipnosi, spettacoli di magia e trucchi da prestigiatore vanno a braccetto, e Woody Allen non ha mai nascosto la propria passione per l’argomento; così come per l’ossessione per la psicanalisi, i personaggi di Allen presentano spesso il pallino per la prestidigitazione, e qui, prima del più recente Scoop, è proprio un mago a tenere in piedi l’intreccio. 

A metà strada tra la magia e la psicologia, i temi della trance ipnotica e dello sdoppiamento di personalità si dimostrano terreno fertile per far sbocciare una storia vagamente fuori dal tempo, di puro intrattenimento. Inutile sottolineare, ormai, la tanto decantata fluidità tipica di Allen nell’attraversare generi e stili diversi: qui, ad esempio, non c’è traccia dello scrittore arrabbiato e frustrato protagonista di Harry a pezzi

C.W. Briggs è una delle ultime parti da protagonista che il regista si ritaglia per sé, prima di lasciare spazio ad attori più giovani ed eclettici. Una scelta per certi aspetti condivisibile e rispettabile, ma che priva lo spettatore di un volto ormai diventato iconico e familiare.