Torna oggi, 17 novembre 2015, Safiria Leccese con una nuova puntata de La Strada dei Miracoli su Rete 4. Questa sera si parlerà del Sacro Graal di Valencia e tutto ciò che gli ruota intorno. Molti miti e leggende, dal Medioevo ad oggi, sono state ispirate dal Santo Graal. Il calice utilizzato da Gesù nel cenacolo, per insegnare ai suoi discepoli l’ultimo segreto della vita ascetica dell’uomo che, da lì a poco, sarebbe stato tradito, umiliato, torturato e barbaramente crocifisso. Robert de Boron sostiene che lo stesso calice, dell’ultima cena, sarebbe stato utilizzato per raccogliere il sangue di Cristo, sgorgante dal costato, trafitto dalla lancia di Longino. Giuseppe d’Arimatea lo avrebbe, in seguito, trasportato in Inghilterra divenendo un elemento della vicende dell’antica Britannia profondamente connesse alle gesta di Re Artù. Tuttavia, per quanto Robert de Boron abbia arricchito di riferimenti ed evidenze le sue teorie, esse vacillano e si sovrappongono ad altre teorie. In effetti, ci sono molti calici che in passato e tuttora vantano di essere l’originale contenitore del sangue di Cristo. Le teorie, quindi, si alternano e si sovrappongono tra loro fermo restando che tutte, o quasi tutte, sono rigettate per affidabilità storiche.



Fra i calici più famosi vanno annoverati: di Nanteos, di Antiochia, Coppa di Hawstone Park, Sacro Catino di Genova, di Ardagh e il Santo Calice di Valencia. Tra tutti gli esempi riportati quello che rivendica ancora la sua autenticità è il Santo Calice di Valencia, per tale motivo ne descriveremo le ragioni mediante una breve esposizione dei principali elementi a supporto della tesi. Valencia è stata nominata la “città del Santo Graal”. Tale titolo è stato conferito dal 1º Congresso Internazionale sul Santo Calice, che si è tenuto a Valencia. Le risultanze di maggiore rilievo evidenziate durante il Congresso confermano che, a differenze di altre teorie sul Graal, non esistono argomenti che neghino l’autenticità del calice di Valencia come unico e vero Graal. Le teorie passate al vaglio, durante il simposio, provengono dagli studi eseguiti dall’eminente Antonio Beltrán. Questi è un noto ed emerito professore ordinario presso la facoltà di Archeologia dell’Ateneo di Saragozza. Il calice custodito a Valencia è composto di tre sezioni, di cui solo la coppa (la parte superiore) parrebbe essere il calice col quale Gesù ha celebrato il rituale dell’ultima cena. Le parti che compongono l’artefatto sono la coppa superiore, la struttura centrale a doppio manico e la base d’appoggio (coppa rovesciata). La teoria a supporto dell’autenticità del calice di Valencia sostiene che esso fu portato a Roma da San Pietro, al tempo in cui decise di evangelizzare la capitale dell’Impero pagano. La storiografa e scrittrice cattolica Janice Bennet sostiene che sia il cenacolo che le stoviglie, dell’ultima cena, erano di proprietà della famiglia di Marco.



Fu quindi proprio Marco a donare il calice a Pietro al fine che egli potesse celebrare il primo rito eucaristico a Roma con lo stesso calice utilizzato da Gesù. Marco si sarebbe poi avvicinato a Roma in un secondo momento e ricongiunto con Pietro, dedicandosi alla stesura del vangelo (Marco). Le evidenze dello stretto rapporto tra Pietro e Marco si riscoprono negli Atti degli Apostoli. Difatti, dopo la resurrezione di Gesù-Cristo, Marco ospitò tutti gli apostoli presso la casa di famiglia a Gerusalemme; presso la stessa abitazione si rifugiò anche Pietro quando scappò dalla prigionia dei Farisei. Il calice è stato conservato ed usato,a Roma, da diversi papi fino a Sisto II. Sarà proprio Sisto II che, al fine di salvare la reliquia dalle persecuzioni dell”Imperatore Valerio, affidò il calice al diacono Lorenzo (Santo). Lorenzo era originario di Huesca, un piccolo insediamento nei pressi dei Pirenei; non appena ricevuto l’ordine di mettere in salvo la reliquia il diacono la fece pervenire presso la sua città natale per tramite di Precelio, un suo fidato amico cristiano. Questo avvenimento è trattato con novizia di dettagli da San Donato nelle cronache della vita di San Lorenzo. Rimasto nascosto per un lunghissimo periodo di tempo, il calice ricomparve agli inizi del XI secolo, presso il monastero di San Juan de la Peña (Pirenei), per poi approdare definitivamente a Valencia nella prima metà del XV secolo. Le evidenze circa gli eventi e le prove poste alla base di esse hanno determinato la scelta della Santa Sede di dichiarare autentica la reliquia custodita a Valencia. Per tale motivo il Calice Sacro di Valencia sarà utilizzato per il rito d’apertura del giubileo. A differenza di tutte le altre ipotesi relative al Santo Graal quelle raccolte per il calice di Valencia sono incontestabili in quanto si basano su documenti contemporanei agli eventi stessi, e per giunta narrati da terze persone in periodi in cui il mito del Graal non alimentava la fantasia di ricercatori e romanzieri. Le prove documentali sono per giunta avvalorate dalla datazione dei reperti che compongono le tre parti della reliquia; infatti la coppa di supporto (rovesciata) e i due manici laterali risalgono al I secolo dc e la manifattura risulterebbe siriana.

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