Un professore di filosofia, cinico e depresso, privo di motivazione e troppo incline a bere a ogni ora del giorno, accetta una cattedra a Newport e incontra Jill, una studentessa bella, intelligente, dai gusti nobili e raffinati (va a cavallo, suona il pianoforte, legge poesie). Se a scrivere la storia fosse un autore qualsiasi si potrebbe pensare che il professore si innamori della ragazza e ritrovi così la gioia di vivere. Ma a scrivere e dirigere Irrational Man è Woody Allen, perciò bisogna aspettarsi una trama diversa.



Il suo protagonista filosofo, Abe Lucas (Joaquin Phoenix), si lascia avvicinare da due donne, Jill (Emma Stone), appunto, e Rita, una collega che sogna di andarsene in Spagna lasciando il marito ma non si decide a farlo. Non è l’amore, però, a riportarlo in vita e a distoglierlo dagli intenti suicidi. È un piano lucido e folle, che riassume in sé le contraddizioni della filosofia e dell’esistenza. 



Un giorno, in un caffè, Abe ascolta insieme a Jill le lamentele di una madre a cui un giudice insensibile intende togliere la tutela del figlio. Una sofferenza che nessuno può impedire, se chi amministra la giustizia non è disposto a rispettare i sentimenti umani. E così Abe capisce che è inutile teorizzare; bisogna agire, assumere un ruolo attivo e raddrizzare le cose, facendo del male per ottenere il bene. Con fredda precisione, studia le abitudini del giudice e i metodi classici per eliminare una persona, finché non compie il delitto su una panchina del parco, scambiando un succo d’arancia con un bicchiere contenente veleno. 



Morto il giudice, la donna riavrà suo figlio e il mondo sarà un luogo migliore, così pensa il professore che, dopo il suo folle atto, si sente rinascere. Ritrova il gusto del cibo, la voglia di vivere, il piacere di camminare su una spiaggia. Senza rimorsi e senza dubbi morali. Perché la morale, come insegna ai suoi studenti, non è assoluta e la menzogna non è necessariamente sbagliata, altrimenti chi nascondeva Anna Frank avrebbe dovuto denunciarla ai nazisti.

Ma il suo modo di pensare non è condiviso da Jill, che conserva ancora una visione pulita dell’esistenza e sa che uccidere è un atto che non ha giustificazioni, di nessun genere. È lei, con gli occhi luminosi di Emma Stone, a rappresentare il punto di vista dello spettatore e a rifiutare il pensiero di Abe, a combattere contro l’irrazionale e a salvarsi grazie a una casualità, nel finale del film. Un tema, quello del caso che guida l’esistenza umana, che ci riporta a Match Point, così come l’idea del delitto commesso per liberarsi dai problemi e rimasto impunito. In Irrational Man, però, è il caso stesso a punire chi sfugge alla punizione e a salvare la persona che conserva un senso morale. 

Sullo sfondo di un campus universitario così bello da sembrare irreale, i personaggi cercano la libertà e la felicità instaurando rapporti umani, tutti tranne Abe, che riscopre la vita attraverso l’azione, un obiettivo da inseguire, un’ossessione che lo inebria. Le due voci narranti di Abe e Jill creano un’ironia sottile, mettendo a confronto due modi diametralmente opposte di percepire l’esistenza e di vivere i sentimenti. Il risultato è un prodotto che porta chiara la firma di Allen e che ripete la sua filosofia senza grandi novità, attingendo alla sua brillante ironia e al suo acume senza però stupire il pubblico.