Questa sera tra gli ospiti de Le invasioni barbariche in onda su La7, cè Dino Zoff. Friulano, originario di un piccolo paese in provincia di Gorizia, Il 28 febbraio farà 73 anni, essendo nato nel 1942. E’ considerato uno dei portieri più forti di tutti i tempi ed è 47 nella speciale graduatoria di “World Soccer” per quanto riguarda i 100 migliori calciatori del “secolo breve”. Detiene diversi record, tra cui quello di essere l’unico calciatore italiano ad aver potuto vivere la gioia di vincere un Europeo (quello del 1968) e un Campionato del Mondo (quello del 1982). Vanta 112 presenze in maglia azzurra e meglio di lui hanno fatto solo Paolo Maldini e Fabio Cannavaro. Con la Juventus, il club in cui ha militato più a lungo, ha vissuto diversi trionfi, tra cui sei scudetti e una Coppa Uefa, ma anche cocenti delusioni, come le due finali di Coppa dei Campioni perse nel 1973 e nel 1983. Da allenatore, a livello di club, ha alzato la Coppa Uefa e la Coppa Italia con la “Vecchia Signora” nel 1990. Riavvolgendo il nastro della memoria, la sua avventura nel calcio comincia a 14 anni, quando entra nella Marianese, club della sua città natale. Nel 1961 arriva la chiamata dell’Udinese. Il suo impatto con la massima serie non è però dei migliori, perché prende 5 reti in casa della Fiorentina. Dopo quell’esordio negativo gioca solo altre 3 partite e due anni dopo va al Mantova, dove resta per quattro anni e dove deve assorbire la delusione di non essere selezionato per il mondiale inglese, quello della famosa “Corea”. Nel 1967 avviene il passaggio al Napoli, per l’allora astronomica cifra di 130 milioni di lire. L’anno dopo arriva l’esordio con l’Italia, il trionfo agli europei e il matrimonio con Annamaria. Mentre in Nazionale è forte la rivalità con Albertosi, del 1972 è l’arrivo tra le fila della “Vecchia Signora”. Sono 11 le annate consecutive in cui scende sempre in campo e 330 le presenze di fila. In quegli anni arriva anche a non prendere goal in Azzurro per 1.143 minuti, un primato che poco prima del mondiale tedesco del’74 porta Newsweek a dedicargli la copertina. Il mondiale successivo, quello del ’78, non è troppo positivo per lui, protagonista di qualche errore di troppo, ma nel 1982 arriva il trionfo in Spagna da protagonista e l’immagine simbolo di quell’epopea è lui che gioca a carte in aereo con l’allora presidente Pertini e Bearzot.



Il ritiro avviene circa un anno dopo quel trionfo e per lui inizia la vita da preparatore dei portieri della Juve. Questo percorso si chiude però dopo due anni per volere dello stesso Zoff, il quale decide di provare l’avventura da tecnico. Prende in mano la Nazionale olimpica e la qualifica ai giochi olimpici dell’88. Lui però alle Olimpiadi non va, perché ha deciso di sedersi sulla panchina della Juventus. I trofei vinti non bastano però a Montezemolo, che lo congeda per fare spazio a Maifredi. Zoff va alla Lazio congedandosi con un gelido “sono una persona che non si è mai aspettata niente da nessuno” e vi resta per quattro annate. Per i biancocelesti farà anche il presidente in periodi turbolenti. Dopo Francia ’98 viene chiamato alla guida degli Azzurri e perde la finale di Euro 2000 per pura sfortuna, dopo un grande Europeo. Tuttavia, dopo alcuni attacchi arrivatigli da Silvio Berlusconi all’indomani della sconfitta con la Francia, decide di dimettersi dalla guida della Nazionale. Da allora altre due esperienze in panchina, ancora alla Lazio e alla Fiorentina e poi l’addio progressivo al mondo del calcio. Oggi fa l’opinionista di F1 (sua grande passione) per “La Repubblica” e ha da poco pubblicato “Dura solo un attimo, la gloria”, la sua autobiografia.

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