La puntata dell8 febbraio di “Presadiretta“, condotta da Riccardo Iacona, si intitola “La nostra scuola” ed è dedicata alla scuola pubblica italiana. Nel corso della puntata è stata trasmessa una intervista esclusiva al ministro dell’economia greco Yanis Varoufakis, che ha già suscitato scalpore prima ancora di essere mandata in onda. Il governo Renzi ha lanciato il programma “La buona scuola”, chiedendo l’opinione di tutti i soggetti coinvolti nella scuola pubblica italiana con la finalità di formulare proposte per il rilancio. Dal 15 settembre al 15 novembre 2014, “La buona scuola” ha fatto tappe in molte zone d’Italia ma i movimenti degli studenti hanno denunciato di non essere mai stati chiamati in causa. I rappresentanti di 200 scuole hanno bocciato la riforma proposta da Renzi, ritenendola in assoluta continuità con i tagli degli anni precedenti; tra le persone che hanno contestato la riforma l’insegnante Marina Boscaino, che ha presentato una legge di iniziativa popolare che ha raccolto 100.000 firme, appoggiata da 60 comitati e da 40 parlamentari, composta da 29 articoli che, a suo dire, cambierebbero subito la vita nelle scuole. Nella proposta di legge è contemplata la riduzione del numero di alunni nelle classi (non prevista nel piano scuola di Renzi) e una spesa in istruzione non inferiore al 6% del Pil. Attualmente la scuola pubblica sopravvive esclusivamente grazie ai contributi dei genitori degli alunni, che compensano i fondi insufficienti provenienti dallo stato.



Il preside bolognese Domenico Altamura, ha spiegato che nelle sue scuole medie ed elementari i genitori coprono circa il 70% delle spese, percentuale che sale fino all’80% nelle scuole superiori. La rappresentante dei genitori della provincia di Bologna, Stefania Marianucci, ha criticato l’intero impianto del piano scuola, in particolare l’affermazione (contenuta a pagina 124 del documento) secondo cui lo stato non avrà mai i soldi per finanziare interamente la scuola pubblica, sancendo l’ingresso dei privati nel settore. La rappresentante si riferisce, ad esempio, alle catene commerciali che hanno stipulato una convenzione con il Miur finanziando le attrezzature scolastiche in cambio di raccolte punti, influenzando l’acquisto dei genitori degli alunni e svendendo la scuola ai privati. In alcuni casi, come quello del Liceo Caravaggio di Roma, gli istituti, in attesa dei fondi provenienti dal ministero delle istruzione, hanno anticipato con il proprio fondo cassa alcune spese (quelle sostenute per gli esami di stato, ad esempio) ma ora rischiano di non ricevere quanto anticipato. 



La Legge di Stabilità ha stanziato 1 miliardo di euro per assumere 150.000 precari, che andranno a coprire le carenze nell’organico, ma la norma ha provocato molte contestazioni, in particolare del 100.000 precari abilitati che non saranno coinvolti nell’assunzione; anche tra i precari che verranno assunti, alcuni fanno notare che per ottenere la stabilizzazione è necessario dare la disponibilità a cambiare provincia, regione e materia, qualora venisse richiesto. Il Governo ha confermato che a partire dal 2016 si diventerà insegnanti esclusivamente per concorso, senza tener conto di alcuna graduatoria: cosa succederà ai nuovi abilitati, che in molti casi hanno sostenuto costi fino a 2.500 euro? Il malcontento è diffuso anche tra coloro che hanno già un posto di lavoro stabile, ma sono privi di contratto da 6 anni: grazie a tale manovra, nel corso degli anni sono stati risparmiati 8 miliardi di euro. Il piano di edilizia scolastica si articola in tre categorie di spesa, la categoria “scuole belle” (interventi di piccola manutenzione), “scuole sicure” (messa in sicurezza degli edifici scolastici) e “scuole nuove” (costruzione ex novo di 404 strutture). I fondi messi a disposizione, soprattutto quelli per la messa in sicurezza, saranno sufficienti? Il problema resta sempre lo stesso: come farà il governo a sistemare la questione dell’edilizia scolastica senza infrangere i limiti posti dal patto di stabilità? 



A tal proposito viene mandata in onda l’intervista a Yanis Varoufakis, ministro dell’Economia della Grecia del nuovo governo Tsipras. Secondo Varoufakis la priorità per la Grecia resta quella di occuparsi della crisi umanitaria in atto nel paese ellenico, dove molte persone non hanno più nulla. In secondo luogo Varoufakis crede sia necessario porre fine al circolo vizioso in atto, proponendo valide alternative alle istituzioni europee e, inoltre, mettere in atto alcune riforme radicali per evitare che la Grecia, in futuro, possa ritrovarsi nuovamente in simili condizioni. Varoufakis sottolinea che la Grecia, dopo la bancarotta del 2010, ha ricevuto dall’Unione Europea il prestito più grande della storia, che non è servito per migliorare la condizione di vita dei greci, ed è impossibile da ripagare, in quanto attualmente la situazione è peggiorata rispetto al 2010. Varoufakis crede che il problema non riguardi solo la Grecia e sottolinea l’entità del debito italiano, a suo giudizio insostenibile: quale sarà il prossimo paese a fallire? L’Italia? Il Portogallo? Varoufakis crede che l’Europa rischi la deframmentazione, una situazione che avvantaggerebbe esclusivamente i movimenti come il Front National di Marine Le Pen, Alba Dorata e quello di Nigel Farage. Varoufakis ha smentito la volontà di uscita dall’euro da parte della Grecia e ha confermato che alcuni funzionari italiani, in privato, hanno confermato di avere idee simili alle sue salvo dichiarare il contrario in pubblico, per paura di contraddire la Germania. Il ministro sottolinea che servirebbe un new deal europeo e che Angela Merkel dovrebbe spiegare chiaramente per quale motivo le loro proposte non possono essere accettate. Il ministro dell’Economia Padoan, su Twitter, ha definito le dichiarazione di Varoufakis fuori luogo e precisato che il debito italiano è solido e sostenibile. 

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