A Milano erano precisamente le 17 di esattamente quarant’anni fa. Era proprio un 10 marzo, come oggi, solo un po’ più stagionato (stiamo parlando del 1975, mica pizza e fichi!), quando un giradischi cominciò a far girare «I’m free degli Who, mentre un furgone girava quasi a zonzo per le strade della città. Due fatti di per sé lontani che, se messi insieme, contribuirono a cambiare mode, usi e costumi di un’Italia molto diversa da quella di oggi, e le cui benefiche conseguenze possiamo ancora apprezzare con le nostre orecchie. Quel furgone trasportava un trasmettitore militare sintonizzato sui 101 in modulazione di frequenza, i suoi spostamenti avrebbero evitato la localizzazione da parte dei funzionari dell’Escopost, la Polizia postale: «I’m free divenne così la canzone che inaugurò la stagione di Radio Milano International, la prima radio “libera” del nostro Paese.
Da allora tante onde sono passate sotto i ponti radio e le emittenti dell’epoca hanno lasciato il posto a nipotine decisamente più aggressive, ma l’epopea dei pionieri della piccola scatola musicale, quella che Eugenio Finardi celebrava nella sua celeberrima La Radio (“amo la radio perché arriva dalla gente / entra nelle case e ci parla direttamente / e se una radio è libera ma libera veramente / mi piace ancor di più perché libera la mente”) è ancora viva nei cuori di chi c’era, di chi allora l’ha inventata, di chi era ragazzo ed è cresciuto insieme a lei, di chi da adulto scafato osservava con favorevole stupore quell’irriverente terremoto sonoro.
In pochi mesi fu un fiorire di radio in tutta Italia, un tripudio di voci che dagli 88 fino ai 108 Mhz sparavano in Fm di tutto un po’. Voci suggestive, emittenti dal nome ancora roboante nella memoria di chi, come noi, non può non fare i conti con la nostalgia canaglia di un passato acustico irripetibile. Ebbene, che cosa seguivano dei ragazzi di provincia come noi, giovani non ancora comicastrici, ma con grande spirito di osservazione e discreto sense of humor, situati geograficamente alla periferia dell’impero (intendendosi Milano come tale)?
Tra noi, allora timidi paolotti – ma ben presto diventati convinti giovanpaolini – spopolava un’emittente cattolica, RaDio-la radio davvero divina, che da San Giuliano Milanese (e da dove, se no?) irradiava la sua musica a colpi di Julio Iglesias, Mira il tuo popolo e Ci son due coccodrilli. Programma di punta della fascia preserale, Su-o-re-mi-fa-sol-la-si precedette di moltissimi anni il boom delle religiose in musica, da Sister Act a Suor Cristina, quella di The Voice of Italy 2014.
Radicè-la radio che si fa sentire anche se ha seminato la “o”, era la voce ufficiale della musica agreste lombarda. Gli studi erano ad Agrate, in provincia di Monza, e ad animarla, invero con una comicità un po’ terra terra, un giovane deejay che poi sarebbe diventato un famosissimo chitarrista e cantautore: Frank Zappa. A Radicè il mitico Duo di Piadena, che arrivò a lavorare persino con Dario Fo, mosse qui i primi passi, proponendo i suoi cavalli di battaglia, tra i quali non possiamo non citare Ti pianterò (un brano con uno struggente assolo di fisarmonica, ma dal testo ambivalente, del quale gli autori non hanno mai voluto svelare se fosse dedicato a una persona non più amata o a un seme di girasole) e il famosissimo L’uccellin che non perdona (dove a suon di tromba venivano narrate le vicende di uno strano e simpatico volatile).
A questi tentativi, volendo un po’ naif, rispondevano le voci della sinistra (a suo modo sin da allora antagonista). Da Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, l’emittente Arraddiati con il mondo intero–Noi trasmettiamo in CM era nota per i suoi comizi in musica. CM non rappresentava una differente frequenza radio, alternativa alla modulazione di frequenza allora come oggi in voga, ma più semplicemente il non esattamente originale abbreviativo di Carlo Marx.
Noi sbarbatelli, ancora alle prese con i banchi di scuola, non capivamo appieno come i nostri fratelli maggiori potessero trovare interessante una stazione, che trasmetteva da Ossuccio, sul lago di Como, come Radio&Ulna, punto di riferimento, musicale e non, per gli universitari delle facoltà di Medicina e Ortopedia. Il tentativo di trasmettere in diretta migliaia di radiografie dall’Ospedale Fatebenefratelli di Milano fu un mezzo fallimento. Ma quella radio, i cui bilanci erano ridotti all’osso, poteva contare su tre autori non molto noti al grande pubblico, ma diventati nel tempo un cult, quantomeno in certi ambienti underground: nati a Metacarpi, cioè nei dintorni di Carpi, e con omerici studi classici alle spalle, Gianni Astragalo, Alessandro Rotula e Fabio Clavicola, forse più conosciuti con il nome di Ossi di Seppia, da uno studio medico allestito come uno studio radiofonico trasmettevano un programma d’inchiesta sulle malefatte della sanità italiana, dal ritmo incalzante e dal titolo eloquente – “Stare alle costole” -, che rappresentava la vera colonna vertebrale del palinsesto di Radio&Ulna.
In quegli anni così radio-attivi era facile lanciare nuove iniziative. Ad Alba, per esempio, dalla sera alla mattina, nacque RadioSveglia!: trasmetteva solo nelle prime ore del giorno, annunciata dalla simpatica sigla “Il gallo è morto” cantata dal trio cabarettistico milanese I Gufi, e il suo programma di punta era l’imperdibile segnale orario: nei giorni feriali, una sirena d’industria; nei festivi, un allegro suonar di campane.
A Linate, invece, alle porte di Milano, in men che non si dica riuscì a decollare RadioLina, una radio piccola piccola, ma che ambiva a volare alto. Fu la prima emittente libera a proporre un programma di fitness per casalinghe (“Aerobica”) e uno dedicato ai grandi temi dell’ecologia (“Areare l’ambiente”).
E se oggi tra le radio che vanno per la maggiore spicca anche Radio RTL 102.5, ai nostri tempi andava forte Radio ZTL 02404040 (oggi meglio conosciuta come Radio Taxi), il cui motto ci è rimasto scolpito nella memoria: “Radio Taxi… la radio che ti accompagna ovunque!”.