Non so se davvero quel periodo critico e magari anche un po’ nostalgico ve lo ricordiate effettivamente tutti perché io, i mesi pre-laurea, li sto vivendo solo ora. E quindi nel nuovo film di Roan Johnson, in uscita domani, ho cercato di immedesimarmici benissimo, però non ci sono riuscita affatto. Fino a qui tutto bene racconta infatti proprio di questo: cinque protagonisti, studenti universitari, che tra gioie, dolori e soprattutto pazzie, vivono il loro quotidiano con tanto di riserve su quel che sarà. Le domande esistenziali – ma anche praticissime – che tormentano le loro menti sono moltissime, perché del doman non v’è certezza, soprattutto se in fatto di “domani” intendiamo il cercar lavoro nei panni di un inesperto giovane neolaureato.

Con Alessio Vassallo, Paolo Cioni, Silvia D’Amico, Guglielmo Favilla, Melissa Anna Bartolini e Isabella Ragonese, Fino a qui tutto bene è certo un bel film – forse anche capace di dar speranza al cinema italiano con la (quasi) certezza che le nuove idee e i nomi non per forza grandi comunque possano portar su grande schermo prodotti assolutamente rispettabilissimi -, ma la sua sinossi a me proprio non è piaciuta. Anzi, aggiungerei un complimento non complimentoso: è un film d’autore che tutto ha a che fare tranne che con la spensieratezza di cui davvero si sta narrando. Una commedia che a me non ha fatto assolutamente ridere, ma, al contrario, mi ha spinto a chiedermi se davvero agli occhi della gente i laureandi possano apparire così depressi o così sciocchi. 

Certo, le preoccupazioni per quel che verrà le abbiamo tutti. Nessuno ci assicura che con un attestato in tasca il mondo si riveli una giostra. Anzi, sono sempre tutti pronti a scoraggiarti perché effettivamente di facile non c’è nulla, e crescendo tutto ciò che ti circonda non fa altro che ricordartelo. Ma le poche frasi filosofiche che a pieno cercano di esprimere la sapienza di questi ragazzi (che peraltro, lasciatemelo dire, saranno probabilmente studenti fuori corso perché così vecchi potrebbero fare gli assistenti ai professori anziché gli alunni) sono assolutamente utopiche e fallimentari. Ve lo dico da studentessa universitaria e ve lo dico in modo sincero. Fino a qui tutto bene è un film molto ben fatto, tecnicamente superiore a tante produzioni cinematografiche che tuttavia sbancano il botteghino, ma assolutamente poco interessante dal punto di vista della sceneggiatura. Certo, è sempre questione di punti di vista, quindi ben venga che tanti lo abbiano descritto come uno dei film italiani migliori di questi ultimi mesi, ma io ahimè non condivido affatto.

Fino a qui tutto bene è certo un film genuino, anche grazie alla scelta coraggiosa ma positivissima di Roan Johnson di fare un film senza tutti quei fastidiosi compromessi che di solito le case di produzione impongono. Ma, di fatto, le opzioni sono due: avendo lo stesso Johnson raccolto “materiali sul posto” realizzando diversi minuti di documentario proprio all’interno dell’Università di Pisa, per raccogliere fonti certe su di una serie di accadimenti da plasmare poi sul corpo dei nostri “giovani” protagonisti, 1) o gli universitari pisani sono noiosissimi, 2) o Johnson non ha fatto bene il suo lavoro. 

Carini alcuni “aneddoti” come quello della “sfida del melone”, ma nel complesso… che noia! Se alcuni colleghi dipingono come vincente la scelta di non inserire nel racconto una serie di “cliché tipici delle più banali commedie in stile Moccia o Ruffini”, io invece dipingo il tutto come una grande mancanza. Perché la domanda che a questo punto dovremmo porci non riguarderebbe più di per sé ciò che questi lungometraggi vogliono raccontare, ma ciò da cui prendono spunto. E allora, noi siamo quello che Johnson ha raccontato oppure no? E per quanto riguarda me e la mia cerchia di amici, la risposta è assolutamente negativa. 

Fino a qui tutto bene aveva la possibilità di modificare l’andamento delle cose grazie all’ausilio di una produzione superba – effettivamente riscontrabile – e magari anche l’aggiunta di un racconto non troppo sfrenato e colorito di parolacce e cliché da una parte, così come meno noioso possibile dall’altra. Insomma, una via di mezzo fra Johnson e Moccia la si poteva trovare, ma purtroppo non la si è cercata abbastanza. Un gran peccato che, a mio parere, vedrà Fino a qui tutto bene costretto a rinunciare a una grande parte del target al quale, al contrario, credo si sarebbe dovuta prestar paradossalmente molta più attenzione. Sto parlando della fascia dei giovani, e di tutti quegli studenti universitari come me che, pur non rinunciando al divertimento in settimana, si svegliano poi al mattino presto, pronti a studiare fino alla sera per gli esami che verranno. 

E allora, miei cari coetanei, mi rivolgo proprio a voi: se vi lasciate abilmente sedurre dalla trama di Fino a qui tutto bene, una piccola possibilità che finiate col vedervelo al cinema ce l’avete. Ma, e ditemi se sbaglio perché resto molto curiosa a tal proposito, se per errore vi gusterete immediatamente il trailer, mi mandi una e-mail chi ne rimarrà tanto affascinato al punto da correre al cinema con l’intento di non perdersi assolutamente questa pellicola! Target azzeccatissimo, invece, se parliamo di adulti o cultori del cinema amanti delle commedie… noiosette.