Intrepidi, Eruditi, Pacifici, Candidi, Abneganti: sono le cinque fazioni in cui è divisa la società distopica di Divergent, il romanzo di Veronica Roth adattato per il grande schermo. Ogni gruppo ha la sua qualità dominante, che ne determina il destino. Chi non appartiene ad alcuna fazione, è un Escluso. Chi condivide le caratteristiche di tutte, un Divergente.

Dopo il primo capitolo della trilogia, che ha presentato la Chicago futuristica in cui è ambientata la storia, i protagonisti e i conflitti, con Insurgent (diretto da Robert Schwentke) torniamo a seguire le vicende di Beatrice Prior, detta Tris (Shailene Woodley), e di Four (Theo James), sfuggiti alle milizie della perfida Jeanine (Kate Winslet) e in cerca di alleati per vincere la guerra. Perché Beatrice è al 100% una Divergente e, in quanto tale, l’oggetto del desiderio del nemico. Jeanine sottopone le persone come lei a un test mortale, con l’obiettivo di aprire una scatola misteriosa che contiene un messaggio. Una scatola che, tra l’altro, è stata custodita a lungo dalla defunta madre di Tris. 

Se nel film precedente l’azione era confinata nella dimensione monocroma degli Intrepidi, a cui Beatrice aveva scelto di appartenere, in Insurgent scopriamo il mondo delle altre fazioni, a cominciare dai prati verdi e dai campi color zafferano che caratterizzano il territorio dei Pacifici. Ma l’universo artificiale in cui si muovono i protagonisti è devastato dalla guerra interna, che scatena morte e violenza. Una guerra che miete vittime innocenti, come i genitori di Tris, costretta ora a convivere con il senso di colpa e la convinzione di essere una maledizione per chiunque le stia vicino.

Accetta te stesso. Perdona te stesso. Rendi la tua singolarità un punto di forza.  questa la lezione da imparare attraverso un percorso di crescita che vede la protagonista dubitare di sé, scoprire l’amore e iniziare a fidarsi delle proprie scelte. Tris non vuole essere diversa. Non vuole sentirsi responsabile della morte delle persone che ama. Perciò si consegna a Jeanine, accettando di sottoporsi alle simulazioni in cui dimostrerà di avere tutte le qualità delle cinque fazioni. 

Il tema dell’accettazione di sé è un classico delle storie young adult ed è ciò che connette lo spettatore alla storia. L’ultima simulazione, in cui Beatrice combatte contro se stessa in un trionfo di effetti speciali, rappresenta il culmine emotivo del film, che procede a ritmo serrato e senza pause. La regia di Robert Schwentke punta all’essenziale, passando da una sequenza movimentata all’altra e concedendosi talvolta i primi piani sul volto espressivo della Woodley, per sottolineare i dubbi e il tormento interiore del personaggio.

Sono i lettori della saga il pubblico naturale della serie di Divergent, che si muove nel territorio dei prodotti per giovani adulti e miscela gli ingredienti tipici del genere: ricerca della propria identità, timore e attrazione nei confronti dell’amore, superamento delle proprie paure, il tutto sullo sfondo di un mondo in pericolo. Ma chiunque apprezzi le storie avventurose per ragazzi, che parlano di problemi reali attraverso una veste fantastica, può godere della pellicola. Bravi attori e pochi fronzoli contribuiscono al risultato, che si dimostra più efficace del capitolo precedente.