Ci sarà anche Lirio Abbate, uno dei più famosi giornalisti d’inchiesta del nostro Paese nella puntata di Che tempo che fa in onda stasera su Rai Tre. Sarà quindi una occasione di rilievo per fare il punto sui temi collegati alla legalità, purtroppo sempre attuali in Italia, anche perché oggi è la Festa della donna e nel 2014 Abbate ha pubblicato il libro “Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla n’drangheta”. Nato a Castelbuono nel febbraio del 1971, Lirio Abbate ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1990 all’interno della redazione del Giornale di Sicilia. Sette anni più tardi si è spostato presso la redazione palermitana dell’Ansa, dove è arrivato a rivestire il ruolo di capo servizio aggiunto. In questo periodo il suo lavoro si è concentrato in modo particolare sulla criminalità organizzata e sulle ramificazioni del fenomeno mafioso. stato proprio lui l’unico giornalista presente nel 2006 quando è stato catturato Bernardo Provenzano. Per oltre un decennio ha svolto anche la funzione di corrispondente siciliano per La Stampa.
Negli anni a seguire è quindi passato al giornalismo investigativo, in cui si è distinto per una lunga serie di inchieste giornalistiche, che gli hanno procurato vari premi e ne hanno notevolmente implementato la fama. Nel 2012, quando già lavorava con il settimanale L’Espresso, ha elaborato un’inchiesta giornalistica con la quale ha contribuito a svelare la presenza di forti ramificazioni mafiose a Roma, due anni prima che scoppiasse lo scandalo derivante dall’inchiesta giudiziaria di Mafia capitale. Inchiesta nella quale aveva delineato le imprese dei quattro Re di Roma e in particolare la funzione del clan che ruotava intorno all’ex terrorista Massimo Carminati. Una inchiesta che spinse lo stesso Carminati a minacciarlo, circostanza emersa dalle intercettazioni dei Ros. Nel 2014 Lirio Abbate è stato inserito da Reporters Without Borders (RSF) nella lista dei cento eroi dell’informazione mondiale, la motivazione del riconoscimento va ricercata nelle minacce di morte ricevute da Cosa nostra, di fronte alle quali non si è però mai piegato. Minacce iniziate nel 2007 e che sono culminate nell’organizzazione di un attentato di fronte alla sua abitazione palermitana, per fortuna sventato dalle forze dell’ordine.
Nello stesso anno è stato poi Leoluca Bagarella a lanciare contro di lui un anatema intimidatorio, nel corso dell’udienza di un processo di mafia, a seguito di alcuni suoi servizi. Minacce che hanno spinto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a riceverlo al Quirinale. Nel 2015 la sua fama è stata ulteriormente rafforzata dall’associazione Index on Censorship, organizzazione londinese che lo ha inserito tra le diciassette persone che lottano per la libertà di espressione nel mondo. Le sue inchieste hanno toccato temi come quello della criminalità organizzata e i suoi rapporti con la politica e l’economia, con un focus particolare sul traffico di esseri umani organizzato sulle coste siciliane con lo sbarco degli extracomunitari gestito da clan mafiosi.
Nel maggio del 2014 insieme a Pierfrancesco Diliberto (Pif), ha dato vita a una rappresentazione teatrale in cui attaccava ironicamente la mafia, con grande successo di critica e di pubblico. Insieme a Peter Gomez ha scritto il libro “I complici”, edito da Fazi nel 2007 e ideato la trasmissione “Impronte di mafia”, in onda su Raisat Premium sino al 2008. Tra gli altri premi che gli sono stati attribuiti, vanno ricordati quello come Cronista dell’anno nel 2003, quello intitolato a Paolo Borsellino, quattro anni dopo e il Premio Enzo Biagi, nel 2008.