Premessa: siamo figli del nostro tempo. Le figurine Panini, Tutto il calcio minuto per minuto, il Subbuteo, altro che la Playstation. E poi: il Monopoli, il Risiko per i più evoluti, mica Assassin’s Creed. E ancora: il vinile e le audiocassette, non certo il download. Non è finita: pane e salame, risotto con l’osso buco, polenta bruscìt e funghi, e al diavolo l’happy hour. Infine, il telefono, spesso con il duplex (con il quale era possibile collegare alla centrale, con una sola linea, due apparecchi installati nello stesso fabbricato), il gettone telefonico, la cabina altro che il selfie.

Ma noi che non ne siamo affatto schiavi, anzi, che non ne abbiamo mai fatto uno (click!) 

Noi che non siamo particolarmente fotogenici e veniamo male nelle foto (click! click!) 

Noi che non abbiamo niente di così importante da condividere (click! click! click!)

Noi che comunque non ci ritwitterebbe nessuno (click! click! click! click!)

Noi, proprio noi, che non ci siamo fatti prendere la mano (click! click! click! click! click!)

Abbiamo voluto indagare su questa mania degli autoscatti (click!) che sta assumendo i contorni di una vera e propria piaga giovanile (click!), piaga epperò contagiosa, perché ha attecchito anche in tanti adulti (click!).

Si sappia allora, per gli amanti dei fatti (quelli che sovente cerchiamo di rintracciare attraverso l’enciclopedica sapienza dello Zingarelli, un vocabolario che sa molte cose, come siamo soliti riferirvi, perché le ha rubacchiate qua e là facendo autoscatti in giro per il mondo) separati dalle opinioni, che il termine selfie è stato eletto “Parola dell’anno 2013” dall’Oxford Dictionary (una sorta di cugino d’oltremanica del nostro Zinga), il quale si dice certo di averne rintracciato le origini a partire dall’introduzione della telecamera frontale sull’Iphone 4 (siamo nell’ormai lontano 2010). 

Da allora il selfie di strada ne ha fatta e ha assunto, con la complicità di vip sfaccendati, starlette in punta di milione (dollari oppure euri, a piacer vostro), imprenditori à la page imparentati per parte di moglie con il mondo del jet set internazionale, una nutrita serie di specializzazioni, che variano dall’helfie (autoscatto per soli capelli, chiedere referenze a Jessica Alba oppure a Beyoncé) al belfie (dal nome del bastoncino atto a riprendere il proprio “lato B”), dal welfie (che unisce i termini selfie e wealthy e rappresenta l’ostentazione cafona e narcisistica della ricchezza: in parole povere, ci si autoscatta in mezzo ai propri soldi, alle proprie ville, ai propri yacht) al drelfie (drunk+selfie, facente parte dei Social drinking game e consiste nel farsi fotografare ubriachi in condizioni assai pietose), fino al shelfie e/o bookshelfie (che altro non sono se non autoscatti della propria libreria o di quella di un amico, passione che purtroppo ha contagiato anche il nostro Zinga, click!). C’è davvero di che sbizzarrirsi!

E dunque, vista la lunghissima preparazione che si cela dietro ogni singolo autoscatto (bisogna acquistare lo specchio su misura, scovare la posa adatta, adottare l’espressione ad hoc, creare lo sfondo giusto…), il mercato del lavoro si è subito adeguato, inventando una nuova professione. Non stupisce, allora, che la socialite (traducibile dall’inglese come “persona che fa vita mondana” o “personaggio del bel mondo”) abbia una schiera di piccoli assistenti personali specializzati in selfie: si chiamano elfie e hanno il compito di aiutarne la realizzazione, la selezione al fine di poterli postare in rete al momento opportuno. In fondo, direbbe qualcuno, sempre meglio che lavorare. 

Gli elfie sono magri e velocissimi (devono essere pronti a scattare per creare l’ambiente adatto agli autoscatti) e hanno orecchie leggermente a punta (hanno una capacità, quasi telegenica, di cogliere al volo qualsiasi accenno, sussurro o pensiero della socialite in procinto di scattare un selfie).

Rebus sic stantibus, avendo noi pure un’anima lazzarona, ci permettiamo di suggerire, del tutto spassionatamente, una serie di ulteriori sottospecializzazioni, idee solo apparentemente futili (di cui abbiamo già depositato il copyright), ma che già domani, potrebbero diventare tendenza e dopodomani un must impareggiabile. 

Si parte con il selfie control, adatto a coloro i quali sono abituati a non farsi turbare da nulla, nemmeno da turbe di indiani con il turbante d’ordinanza, con moglie assai conturbante e macchinone superaccessoriato con il turbo; si passa per il selfie made man, l’autoscatto che si è fatto da solo, all’insaputa persino del proprietario dello smartphone; si prosegue con il Melfie (l’autoscatto di chi lavora in fabbrica ed è felice di essere un operaio Fiat, oggi Fca), fino ad arrivare al gelsie (il selfie dei produttori di gel, gelsi e gelsomini), al Delfie (una sorta di oracolo dei selfie) e al selfie service (di cui per ora abbiamo inventato solo il nome, ma state certi che prima o poi troveremo che uso farne: intanto… suona bene!). 

E se siete appassionati di calcio inglese, fan di Mourinho? Il Chelsie allora è l’autoscatto che fa per voi! E con iltwelfie (selfie da dozzina), potrete immortalarvi a Stamford Bridge, voi e gli undici titolari del Chelsea al centro del campo. Un brivido Blues!

Che dite? Che il vostro profilo destro non vi convince? Che avete il naso un po’ troppo aquilino? Che il doppio mento vi devasta? Che fare gli occhi da cerbiatte non vi soddisfa? Che inquadrarvi dall’alto verso il basso non vi dona? Insomma, dei consigli degli elfie non sapete che farvene, volete una posa più personalizzata e più “solida”, cioè resistente a imprevisti e difetti? Per quanto possiate impegnarvi in pose da selfie, ricordate sempre che ad aiutarvi a fare gli autoscatti migliori saranno sempre – e solo – i piastrellisti: chi sa mettere in posa meglio di loro? Buon click a tutti!