NEW YORK Per David Letterman faccio un’eccezione. Scrivo un articolo in due puntate invece che “tutto di botto” come faccio di solito. Un pezzo dopo la penultima puntata ed uno stasera, dopo l’ultimissima, la numero 6.028 a conclusione di una cavalcata durata 33 anni. Letterman è stato uno dei miei primi compagni (virtuali, cioè televisivi, quella volta la virtualità era tutta lì) nei miei mesi d’America ‘”in solitaria”. Avevo solo una reliquia di televisione antebellica, ma bastava attaccarla alla presa della corrente per rimediare i canali pubblici (più o meno). A tarda sera guardavo il baseball per addormentarmi e su CBS il Late Show with David Letterman perché anche se capivo un quinto di quel che diceva, mi piaceva il modo in cui quel tizio alto, biondo e dalla dentatura equina prendeva per i fondelli i suoi ospiti potevano essere belli, famosi, potenti, Letterman se li macinava con quel suo sarcasmo più corrosivo dell’acido muriatico. Sul baseball nel tempo ho cambiato idea, su Letterman no. Ai miei tempi in Italia non si vedevano questi programmi americani. Per me “talk show” significava Maurizio Costanzo da cui stavo rigorosamente alla larga, non avendo assolutamente bisogno di cure ricostituenti alla barba che porto fedelmente da oltre 40 anni.

Probabilmente molti di voi un’idea di cosa Letterman abbia fatto nella vita ce l’hanno, ma immagino sia un po’ difficile capire quanto quest’uomo nato 68 anni fa in Indiana abbia influenzato il modo di far televisione. Ma, direbbe Dylan, “the times they are a-changing”, i tempi sono cambiati da quando Letterman comparve sulla scena, e con essi la TV. Nessuno guarda più la televisione come la guardava prima, nessuno guarda più la televisione “tradizionale” quanto la guardava prima. Tra Netflix, Amazon, Pay per View, ed i vari sistemi di “guardati quel che vuoi quando vuoi”, la audience “normale” va evaporando di giorno in giorno.

I tempi del grande duello con Jay Leno, il cavaliere della notte della concorrente NBC, sono quasi uno sbiadito ricordo. Duello da cui comunque Letterman uscì costantemente sconfitto per quasi vent’anni di fila. Sconfitto, ma sempre in piedi. Leno e Letterman, un po’ come la Coca e la Pepsi. O con l’uno o con l’altro. Io per esempio ho sempre tifato Letterman anche se, come la maggior parte della gente, mi capitava di incrociare il Late Show saltellando tra un canale e l’altro e magari fermandomici cinque minuti per vedere chi ci fosse quella sera. Così come ho sempre tifato Coca Cola anche se non la bevo proprio. Comunque qui si parla di TV shows dove volevano andare tutti, attori, registi, scrittori, artisti, sportivi, politici e persino i presidenti, con finali di puntata musicali fatti di live performances spesso straordinarie e memorabili. Il tutto farcito dalle invenzioni di Letterman (alcune delle quali diventate vere icone della “cultura popolare americana” come la Top Ten, gli Stupid Pet Tricks, le telefonate alla mamma) e da sprazzi di vita vera dati sobriamente in pasto al pubblico come l’intervento al cuore e le avventure extraconiugali.

Sono mesi che si fa un gran parlare dell’uscita di scena di Letterman. Nelle ultime puntate (ho letto, non le ho mica guardate …ehh…) è stato un gran via vai di superstars, tutte a rendere omaggio al grande guru al quale devono almeno un briciolo della loro popolarità. George Clooney, Bill Clinton, Barack e Michelle Obama, Tom Waits, Julia Roberts, Steve Martin, Dave Matthews Band, Eddie Vedder, Tom Hanks fino a ieri sera (ieri l’ho guardata!), com Bill Murray (sbucato fuori da una mega torta) e Bob Dylan, annunciato da Dave con le seguenti parole passate al figlioletto come perle di saggezza: ”You have to be nice to other people and the greatest song writer of modern times is Bob Dylan” — devi essere gentile con la gente e il più grande autore di canzoni dei tempi moderni è Bob Dylan. Ed eccolo lì il vecchio Bob, che in TV non ci va mai, a cantare splendidamente The Night They Called it a Day. Senza dire una parola, con un’aria più autistica che mai, ma presente per il suo amico e grandissimo fan Dave Letterman. E stasera? Our long National night mare is over. Sono Gerry Ford (dall’oltretomba), Bush senior e junior, Clinton ad annunciarcelo.

Il nostro lungo incubo nazionale è finito, ripete anche Obama, completando la frase: Letterman va in pensione. Comincia così questa puntata finale, intrisa di ricordi, nostalgia, grandi personaggi, risate e, perché no, qualche lacrimuccia. Non sono un esperto di televisione, la “pratico” come tanti di voi. Forse si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso, di più originale. Ma gli addii funzionano così, con vecchi spezzoni ed un po’ di groppo in gola Per il tempo che corre veloce. E così per l’ultima volta Dave Letterman ci ringrazia, ci augura buona notte, e se ne va. The show must go on.