Nel tentativo di portare cultura e conoscenza nelle case degli italiani, Albero Angela ha provato a raccontare in modo suggestivo il museo Egizio di Torino: 10000 mq. di esposizione, in un ambiente recentemente e splendidamente restaurato, dove la modernità convive ed esalta i reperti. Con un titolo che richiama alla mente il film di Ben Stiller, ci ha guidati ad esplorare le sale con l’intervento di ospiti che hanno vivacizzato la serata e con qualche tocco teatrale che ha movimentato l’atmosfera. Nel tentativo di trasmettere attraverso il video le emozioni che prova il visitatore.
Si comincia con la sala dei re, una delle più suggestive, grazie alla splendida scenografia di Dante Ferretti. Statue imponenti, trasformate in capolavori per rappresentare le tante divinità e i faraoni; splendida la statua in pietra nera di Ramesse II. La telecamera scivola su per mettere in evidenza i particolari: la veste plissettata di Nefertari, la donna amata e morta troppo presto. Statue pesanti che arrivano fino a sei tonnellate, trasportate a Torino nel 1624. Ed è proprio con il re che le ha acquistate, che la statua del faraone parla, in un dialogo tra pari scritto allora da Jean Francois Champollion, il fondatore del museo, lamentandosi dello scomodo viaggio e del trattamento non adeguato al rango. Il primo di efficaci interventi teatrali che movimentano la visita. Ad accompagnare Angela nella visita notturna, oltre alla guida, intervengono ospiti illustri: il maestro Muti che ci descrive le suggestioni della musica.
Suggestioni perfettamente azzeccate da Verdi che nell’Aida ha saputo evocare un mondo, pur senza averne avuto contatto diretto. Nelle sale silenziose si sente ad un tratto riecheggiare una voce che parla in una lingua dai suoni sconosciuti: un’ interprete sta davvero leggendo alcune frasi, traducendo i geroglifici che si trovano sullo stendardo dei re: un lunghissimo papiro, pieno di formule magiche che l’anima doveva pronunciare nel sul lungo viaggio nell’aldilà, perché prima di giungere al giudizio finale doveva superare tutta una serie di ostacoli, aiutata solo dalle formule di rito che doveva ricordare a memoria. Ma la civiltà egizia che spesso viene associata alla parte oscura, alla morte, era in realtà una popolazione che amava la vita e traeva vita dal fiume sul quale apprese i primi rudimenti dell’arte della navigazione.
Coraggiosamente e in modo incosciente, i primi navigatori si lanciarono prima lungo il Nilo e poi nel Mediterraneo che come ci racconta Giovanni Soldini, non è un mare facile, pieno di insidie e con cambiamenti repentini delle condizioni meteo. Con le vele quadrate e praticamente senza alcuna conoscenza. Scorrono le immagini di splendidi gioielli orecchini, bracciali, amuleti particolari come il cobra, lo scarabeo del cuore di cui l’Egittologa Federica Facchetti ci spiega il significato e la funzione. Tutti questi oggetti di uso quotidiano sono stati ritrovati nelle tombe, quale emozione provassero gli archeologi nel rinvenirli, ce lo fa sentire la voce fuoricampo che legge la lettera inviata da Schiapparelli all’allora ministro dell’Istruzione, e che descrive l’ingresso in una delle tombe più ricche di reperti: la tomba di Kha e della moglie Merit. Oggetti di uso quotidiano che ci permettono di conoscere anche aspetti curiosi: gli appoggiatesta che fungevano da cuscino, le splendide parrucche, i preziosi giochi di società in oro, i tessuti conservati perfettamente.
Come il tessuto plissettato rinvenuto di recente in un sarcofago già presente nel museo, recuperato ed esposto. Sì perché il museo non è un deposito, come ci spiega Christian Greco, il giovane ed appassionato direttore; infatti i reperti custoditi e non esposti sono moltissimi, il museo diventa luogo di continua ricerca e trasformazioni, che lo hanno reso un ambiente luminoso e moderno dove i contenitori spariscono per mettere in evidenza la straordinarietà dei contenuti. E così si espongono anche oggetti che ci fanno conoscere aspetti poco conosciuti: il rapporto con il sesso, che emerge nel papiro erotico, un vero Kamasutra egiziano. I canti del boschetto, testimonianza di lirica giunta fino a noi.
Ci permettono di dedurre il ruolo della donna, che godeva presso gli Egizi di una libertà e di un potere notevoli per l’epoca: poteva ereditare e gestire il patrimonio, era istruita, poteva divorziare e vivere una vita di relazioni sociali. Una splendida rappresentazione di danzatrice acrobata su pietra prende vita, in uno degli effetti più riusciti della trasmissione, e si snoda in una danza intrisa di erotismo. Riuscendo a trasmettere, più di tante parole, proprio quelle emozioni che la trasmissione si riprometteva. Poi si torna ai reperti ritrovati in un villaggio tra le case di gente comune, artigiani che lavoravano per il faraone. Qui vennero riportati alla luce gli attrezzi da lavoro di un pittore e si scopre come gli egizi realizzassero i colori: con pigmenti naturali e collanti che hanno permesso di passare attraverso migliaia di anni e di giungere a noi appena un po’ sbiaditi. Un mondo colorato, che va illuminato secondo il matematico Piergiorgio Oddifredi perché nel passato e sui libri di storia, anche secondo lui, si è messa in evidenza la parte più irrazionale della civiltà, dimenticando talvolta gli aspetti matematici di un popolo che contava in base dieci, ma eseguiva moltiplicazioni e divisioni in base due, con la tecnica binaria adottata dai moderni computer. Così quasi nessuno conosce il papiro con problemi matematici e relative soluzioni.
Replica Stanotte al Museo Egizio, puntata 28 maggio 2015: come vederla in video streaming – E possibile vedere o rivedere la puntata di Stanotte al Museo Egizio andata in onda ieri grazie al servizio di video streaming disponibile su Rai.tv, cliccando qui.