La moda di rilanciare marchi storici con budget hollywoodiani sta prendendo sempre più piede. Tra Terminator, il prossimo Star Wars e il recente, bellissimo Mad Max Fury Road, il messaggio è chiaro: se proprio bisogna investire vagonate di soldi, meglio farlo appoggiandosi a un marchio storico, cult, dal richiamo irresistibile. Quale periodo migliore, quindi, per riportare sugli schermi una saga simbolo degli anni ’90 come Jurassic Park? L’idea aleggiava nell’aria già dal lontano 2001, all’epoca del terzo capitolo, ma è solo ora che Jurassic World – questo il nome ufficiale del quarto capitolo della saga – riesce vedere la luce, forte di tutte le conquiste in materia di effetti speciali degli ultimi anni. 

L’originale Jurassic Park prendeva il via dal folle progetto di John Hammond, il quale, dopo aver trovato il modo per clonare i dinosauri, ha la geniale idea di costruire un parco a tema su Isla Nublar, nell’America Centrale. A distanza di vent’anni da quel disastro annunciato un nuovo imprenditore decide non solo di ritentare la sorte, ma lo fa anche in grande stile: nasce così il Jurassic World, vero e proprio paradiso per famiglie nonché parco a tema all’avanguardia, con tanto di ologrammi e sfere fluttuanti capaci di far impallidire i binocoli plasticosi del prequel. 

Ormai si tratta di un business, però, e come ogni business ha bisogno di rinnovarsi: ecco che gli scienziati, novelli Frankenstein, si danno da fare per creare in laboratorio un nuovo tipo di dinosauro, il più grosso e cattivo possibile, dall’accattivante nome di Indominus Rex. Inutile dire che le cose prendono una brutta piega, e toccherà al “domatore di Velociraptor” Owen Grady (Chris Pratt), alla responsabile del parco Claire (Bryce Dallas Howards) e ai nipoti di quest’ultima salvare la situazione. 

La prima cosa che salta all’occhio è il ritorno alle atmosfere da “parco a tema” che, nel tempo, si erano perse in favore di ambientazioni più naturalistiche, sì, ma anche più banali. Torna qui l’idea che il dinosauro, prima ancora di essere un animale, è considerato una mera attrazione per turisti, e a questo proposito la prima parte del film – un buon quaranta minuti – serve a calare lo spettatore in un’ottica ben diversa da quella a cui i prequel l’hanno abituato. Se negli anni ’90 il fatto stesso di vedere un dinosauro sul grande schermo bastava a impressionare grandi e piccoli, nel 2015 un personaggio come il paleontologo Alan Grant risulterebbe fuori luogo, se non addirittura naif. Ormai, nell’epoca di internet e del cinema spettacolare, un tirannosaurus rex non è più impressionante di un cane che si rincorre la coda. Ed ecco che Jurassic World, interpretando le esigenze dei tempi, si getta in un ibrido a metà tra la fantascienza più selvaggia (non che i capitoli precedenti fossero tanto più verosimili, a dire il vero) e i vari film di serie Z con anaconde giganti, coccodrilli mutanti e squali volanti.

A una prima parte lenta e introduttiva fa seguito una seconda incentrata sull’azione. Tra un’apparizione e l’altra del terribile Rex, però, iniziano ad affiorare le prime magagne, prima tra tutti una sceneggiatura che definire “approssimativa” sarebbe un complimento. La saga spielberghiana non ha mai brillato per intreccio o introspezione, ma in questo capitolo le forzature sono talmente evidenti da comprometterne la godibilità. Difficile, ad esempio, prendere sul serio un “cattivo” (sempre che così possa essere definito il personaggio interpretato da Vincent D’Onofrio) che ragiona come un bambino delle elementari un po’ troppo esaltato, soprattutto se la messa in atto del suo piano occupa un buon quarto di film. 

Nel complesso, però, le scene d’azione sono il vero cuore della pellicola, e mantengono lo stesso spirito che aveva animato i film precedenti. I fan della trilogia originale potrebbero storcere il naso, ma, tolto il fattore nostalgia,Jurassic World si mantiene in linea con la generale mediocrità dei predecessori. L’unica differenza, semmai, è il pubblico di riferimento: non più ragazzini con gli occhioni lucidi cresciuti a pane e Spielberg, bensì un’orda agguerrita di aficionados ormai adulti e bambini ben più difficili da impressionare. 

Se non altro la saga è riuscita a rinnovarsi, reinterpretando non senza perspicacia una formula ormai datata. Tralasciando il fatto che ben pochi, prima dell’annuncio ufficiale, sentivano il bisogno di un nuovo Jurassic Park, a questo punto rimane solo la curiosità di vedere dove vorrà andare a parare questo revival giurassico, dando ovviamente per scontato che ci sarà almeno un sequel.