La puntata di Ulisse – Il piacere della scoperta del 20 giugno 2015 è stata dedicata alla bomba atomica che sganciata su Nagasaki e Hiroshima, le distrusse in pochi secondi provocando la resa del Giappone. Con testimonianze, filmati originali, curiosità e notizie verranno ripercorsi i “Giorni della bomba atomica”. Michico Yanahoka era presente quando venne sganciata la bomba su Hiroshima e Nagasaki. Una toccante testimonianza di chi ha vissuto il “vento radioattivo”, di quelli che urlavano di scappare e di non bere l’acqua. Era sotto le macerie e si salvò perché la sentì sua madre. La scena che vide fu infernale: nessuna casa era in piedi e la gente non aveva più sembianze umane. Sembrava che fossero cadute tante bombe, era l’inferno sulla terra. Vedeva gente con le viscere al di fuori del corpo tanto da non poter più mangiare carne.



Sulle sue ferite misero olio per friggere sul corpo ustionato. Aveva il corpo pieno di larve e la sua vita, dopo tanti interventi, anche in America fin dal 1955. Oggi vive una vita incredibile. Ha subito 27 interventi. L’aereo che sganciò la bomba fu quello di Enola Gay e si è sentita la registrazione dei colloqui tra i piloti che per la prima volta sganciavano sulla gente inerme una bomba atomica. Un lampo di luce e poi un fungo di fumo alto più di 10 km. Segnò la fine di un epoca e iniziò una nuova era. Decine di migliaia di persone sono svanite in una frazione di secondo insieme a un’intera città. Una foto dall’alto ha mostrato una distesa di morte. La città oggi è stata ricostruita ma c’è un luogo, il Museo della Pace, dove il tempo si è fermato. Tanti oggetti di quel momento e di quella giornata sono li conservati. Yoshinory Cobayashi è un sopravvissuto che ricorda di essere stato scaraventato a terra per l’esplosione, gli crollò il palazzo addosso. Altri superstiti hanno parlato di un grande terrore, un bagliore accecante, e molte erano bambine e ricordano solo una distesa di distruzione. Il fungo conteneva i corpi di 30 mila persone polverizzate e tutto il resto che si trovava intorno. Tra uno e 2 km la gente è stata investita dall’urto e cessarono di vivere in pochi secondi 80 mila persone. a causa dei milioni di gradi scatenati dall’esplosione. Il lampo fu chiamato “pikadon= lampo-tuono”. La materia stessa si è sciolta fino a 4 km di distanza.



L’edificio simbolo dell’esplosione è ancora diroccato e distrutto in un solo colpo. Il motivo per cui fu sganciata la bomba è da ricercarsi a cominciare nel New Mexico, dove nacque una città (circa 3000 scienziati) per costruire la bomba atomica. “Lavoratori” e rispettive famiglie furono portati nella cittadina, Los Alamos, e controllati in tutte le loro attività. Nel 1942 un professore universitario che conosceva 9 lingue e scrisse la sua tesi sui quanti in sole 3 settimane (gli stessi esaminatori fecero fatica a capirla) fu protagonista di questa impresa insieme ad altri illustri scienziati dell’epoca. Ecco perché fu scelto insieme ad Enrico Fermi che studiava l’attività atomica insieme ai “ragazzi di via Panisperna”. Studiava la fissione nucleare a Los Alamos dopo aver lasciato l’Italia a seguito delle leggi razziali (aveva sposato un ebrea). La fissione ebbe un effetto esplosivo e la prima fu provata nel deserto messicano. La fecero esplodere a 30 m di altezza come ha mostrato un rarissimo filmato, prima top secret. Si temeva che potesse fare danni irreparabili al pianeta prima di farla esplodere. La bomba atomica fu così potente a causa del plutonio e, quella sganciata su Hiroshima invece per l’uranio. Una g di uranio sprigiona 20 miliardi di calorie, pari a 10 tonnellate di carbone.



La storia della bomba atomica nacque in Italia proprio a via Panisperna a Roma dove c’era la sede della facoltà di Fisica (oggi sede del Viminale). Il contatore geiger rivelò un’attività radioattiva quasi impazzita. Era la prima fissione della storia, ma Fermi e i collaboratori non se ne accorsero. Nessuno immaginava le conseguenze di quell’esperimento. Dieci anni dopo provarono a farla esplodere nel deserto e i 3000 scienziati assistettero a un enorme boato e al fuoco nucleare. Dopo aver verificato che la bomba funzionava furono informati i vertici politici e lo stesso presidente USA Henry Truman. Nel raggio di 320 km era visibile il bagliore. La guerra era finita con la Germania ma non con il Giappone, ignaro del fatto che le città di Hiroshima e Nagasaki avevano i giorni contati. Immagini a colori della guerra nel Pacifico mostrano le grandi difficoltà dello stesso Giappone che vedeva avanzare gli americani. La guerra era soprattutto aeronavale e oltre agli aerei abbattuti venivano bombardate dall’alto le grandi portaerei. Tanti aerei dopo i danneggiamenti venivano buttati in mare, altri atterravano senza carrello e poi ripartivano con altri aerei per combattere. Gli americani avanzano strappando metri di terra ma con il pericolo delle mine sempre in agguato. Tanti erano i civili caduti e i combattenti venivano stanati negli anfratti con le bombe a mano.

Morirono 110 mila giapponesi e tanti altri americani e l’atomica sembrava essere risolutiva. L’imperatore si seppe in seguito che nei messaggi in codice voleva far finire la guerra ma per la resa voleva comunque mantenere i loro simboli, come l’imperatore stesso. Si sapeva quindi che il Giappone si sarebbe arreso e quindi non si capisce quale fosse il bisogno di sganciare la bomba atomica. C’era l’esigenza di porre fine a una lunga guerra, logorante. Caduta la Germania sembrava non ci fosse più motivo di continuare con la bomba ma gli americani avevano fondamentalmente bisogno di dimostrare la loro potenza. Uno scenario che preparava la guerra fredda tra USA e URSS. La bomba fu caricata con molta tranquillità dai militari che non avevano certo coscienza di quello che stavano maneggiando. Le dimensioni erano ridotte: 60×45 cm il nucleo. Il suo trasporto avvenne in due tempi in quanto la carica e l’armamento (l’involucro) viaggiarono separati su due aerei. Questi ultimi pezzi furono caricati sull’incrociatore “Indianapolis” che venne intercettata e colpita da un siluro lanciato da un sottomarino giapponese. L’equipaggio morì mangiato dagli squali e dalle esalazioni di nafta. Su 1196 uomini se ne salvarono solo 316. Gli aerei che accompagnarono Enola Gay erano altri 6 “B29”, dette “fortezze volanti”. Partirono dall’isola di Tinian distante 12 ore di volo con la missione affidata a un maggiore 29enne, uno dei migliori piloti americani. Scelse personalmente gli equipaggi, che si “allenarono” per un anno.

L’aereo Enola Gay era il primo aereo pressurizzato della storia che poteva voltare alto per non essere intercettato dalla contraerea. Il nome “Enola Gay” era quello della madre del maggiore. La decisione di lanciare la bomba fu presa da Truman che dopo aver ricevuto il rifiuto della resa incondizionata dal Giappone, diede l’ordine. In tutto la bomba pesava 4 tonnellate e mezzo e le fu dato il nomignolo “little boy= ragazzino”. La bomba venne lanciata dopo che tre ricognitori verificarono il tempo, perché doveva essere fatto tutto a vista. Gli aerei decollarono intorno alle 2.45 del mattino e sull’Enola Gay c’erano 11 uomini dell’equipaggio. Gli altri 2 aerei di accompagnamento (uno dei quali filmerà la missione), si unirono sull’isola di Hi-Woshima ma la bomba non era armata e toccherà a un capitano collegare i fili in uno spazio angusto, con il pericolo degli sballottamenti per l’aereo in volo. Si decide per Hiroshima. Morris Japson faceva parte dell’equipaggio e conferma che lo avrebbe rifatto per porre fine alla guerra. Intanto a Hiroshima la vita scorre come ogni giorno ma non sanno che sarà il loro ultimo giorno di vita. La mattina della bomba atomica in città ci sono circa 350 mila abitanti, molti coreani, e alcuni prigionieri americani che morirono insieme agli altri. Chisako Kakeoka ha raccontato che era una giornata calda e andò a fare un bagno con le amiche.

L’allarme non fu lanciato perché erano soltanto 3 aerei. Prima di lanciare la bomba l’equipaggio indossò degli occhiati speciali per non accecare. La bomba impiegò 51 secondi per arrivare a circa 580 metri dal suolo, dove esplose. L’equipaggio assistette con angoscia a tutto. Era “deprecabile” distruggere una città in quel modo. Anche l’aereo a circa 17 km viene scosso dall’onda d’urto tanto che la frase di un militare dell’equipaggio “Mio Dio, cosa abbiamo fatto?” è rimasta nella storia a riprova di quanto non avessero capito la gravità del gesto. Gli scienziati creatori della bomba in Messico e a Washington erano tutti in ansia. Fisicamente è un maggiore 26enne che azionò il bottone che in un secondo polverizzerà centinaia di migliaia di vite. Al di sotto dell’aereo la gente letteralmente scompariva. Hiroshima non esisteva più. Resistettero solo gli scheletri dei palazzi di cemento come quello della Camera di Commercio, ancora oggi lasciato nel suo scheletro spettrale come monito. L’onda di pressione, un vento caldissimo travolse tutto.

Una testimone ha riferito di una massa nera che saliva. Erano uomini semi carbonizzati con la pelle che cadeva per terra ma la gente per strada crollava in gruppi di 20-30. Subito dopo scese una pioggia radioattiva formatasi per il grande calore sprigionato. La gente per il gran caldo addirittura la bevve. Un testimone si salvò riparandosi sotto una lamiera di zinco. Una nuova tempesta di vento arrivò in seguito alla pioggia. Venti a più di 200 km orari, le onde dei fiumi si sollevarono tanto che alcune persone morirono letteralmente bollite. Già il giorno dopo c’erano le mosche e deponevano le uova che diventavano larve sulla carne viva infettando le ferite. In tutto il mondo si diffuse la notizia e il 6 agosto 1945 iniziò per il mondo “l’era atomica”. Un potere esplosivo inimmaginabile che fu giustificato dal fatto che Hiroshima fu fatta passare per un avamposto miliare. Gli americani ancora non avevano dimenticato Pearl Harbour. La notizia invece in Giappone parlò di una strage senza sapere il numero preciso di vittime. Nagasaki venne bombardata solo 3 giorni dopo Hiroshima. Le squadre di soccorso non riuscirono ad avvicinarsi a Hiroshima a meno di 8 km. L’odore di bruciato era insopportabile e si mescolava con quello dei cadaveri in decomposizione.

Alcuni cimeli sono rimasti cristallizzati: abiti a brandelli, un triciclo carbonizzato, pezzi di corpi umani. Tanti superstiti morirono nei giorni, nei mesi e negli anni seguenti. Se ne contarono circa 240 mila e tutti i loro nomi sono scritti nel mausoleo a loro dedicato. Pochi giorni dopo le immagini girate erano quelle di una catastrofe inimmaginabile. Gli americani non paghi della scomparsa di una città ne sganciarono un’altra su Nagasaki. Questa era quella più simile alla bomba fatta esplodere nel deserto. La missione era composta di giovani ma esperti militari dai 21 anni in su. Il pilota di riserva era italiano, figlio di emigranti, Federico Olivi che si arruolò dopo che i genitori emigrarono nelle Americhe. Ne ha parlato una parente che ha affermato della totale assenza di pentimento dell’Olivi che sostenne sempre di aver accorciato la guerra di almeno un anno, salvano altre vite. Sui piloti che sganciarono le bombe atomiche sulle due città si dissero molte cose. Si parlò di pentimento e reazioni diverse di molti di loro. Alcuni non provarono nessun pentimento, mentre il pilota che diede l’ok per lo sganciamento della bomba, negli anni successivi manifestò squilibri psichici con diversi ricoveri, arresti, vita sregolata tendente all’autodistruzione.

Anche per la seconda bomba atomica fu accompagna da altri due B29. Sono state trasmesse le immagini del caricamento sull’aereo, che manifestò problemi al rifornimento. Questa volta partirono con la bomba già innescata ma fu una missione con grossi problemi: maltempo, una spia rossa si accese sulla bomba perché 2 interruttori incredibilmente erano stati invertiti. Uno dei due aerei scomparve portato via dai venti, con il consumo sempre maggiore di carburante. Proseguirono senza l’aereo di appoggio e la decisione di sganciare la bomba su Nagasaki fu del tutto anomala. La città in realtà da colpire era Kokuna ma le nuvole offuscavano la vista. Quegli abitanti si salvarono a scapito di quelli di Nagasaki, dove vivevano 250 mila persone. La bomba venne sganciata anche senza una buona visibilità, 52 secondi e mezzo per esplodere a 500 m di altezza. Sono le 11.02 del 9 agosto del 1945. Le immagini riprendono il fungo e la morte di centinaia di migliaia di persone. Una testimone ha riferito di una luce forte e del cielo buio, i vetri rotti.

Un testimone con visibili ferite da ustioni ricorda dolorosamente quei momenti. Il museo illustra la dimensione umana della tragedia. A meno di un km e mezzo di distanza la gente polverizzata ha lasciato la sua “ombra” impressa sulle pareti. Le bottiglie di vetro di liquefecero. Un testimone ha riferito della sua esperienza: sbalzato a 4 m di distanza, non aveva più la pelle da un lato, la bicicletta deformata. Un altro testimone riferì che cominciò a sentire dolore dopo una settimana: una foto mostrò le sue condizioni disperate. Atroci sofferenze lo portarono a chiedere di essere ucciso. Ci vollero quasi 4 anni per guarire le ferite. Subì 17 interventi e convive oggi con il dolore. Le radiazioni non sono rimaste nel terreno ma hanno avuto conseguenze sui geni, con bambini nati con deformità o morti pochi giorni dopo. Un orologio ritrovato a Nagasaki fermo alle 11.02 rimane a memoria della tragedia che sconvolse l’umanità.

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