Sul Corriere della Sera recentemente campeggiava un titolo che non ammetteva repliche: Islanda, un modello di calcio da studiare, imitare e temere. In testa nel girone per Euro 2016, sullisola sale la febbre per il pallone. Urca! A noi lIslanda, parlando di sport, fa venire in mente lormai lontano 1972: chi non ricorda la leggendaria sfida di scacchi tra il sovietico Boris Spasskij e lo statunitense Bobby Fisher? Quel Bobby Fisher che proprio in Islanda si trasferì per trascorrere gli ultimi anni della sua vita… Certo che gli scacchi non sono uno sport eccessivamente agonistico, seppure di cavalli (intesi come cursori sulle fasce laterali), pedoni (o pedine? Mah, sempre e comunque merce di scambio buona per il calciomercato), torri (giocatori assai forti di testa), re (di coppa) e regine (dEuropa) sia pieno anche il mondo del calcio. Sicuri perciò che il pallone ci azzecchi in qualche modo con lIslanda?

Fino a pochi mesi fa risultati non esaltanti (il tabellino è pieno, per quanto riguarda Europei e Mondiali, di non qualificata), atleti certo simpatici, magari dotati pure di grande ardore agonistico, ma purtroppo adusi alla sconfitta, tantè che i tifosi, complice la latitudine, fino a poco tempo fa erano soliti accogliere le sparute vittorie con una certa freddezza. Vittorie scarse, numerosissime sconfitte a sancire una pochezza di fondo, e i pareggi? Lassù sono di casa, a tal punto che lIslanda sta costruendo le sue fortune calcistiche proprio sullabilità nel congelare il gioco. Non a caso uno dei risultati più frequenti nella rvalsdeild Karla (lequivalente della nostra Serie A) è: sottozero a sottozero.

Gli annali del calcio e le stesse figurine Panini (che qui sono distribuite dalla Findus locale, assieme ai famosi bastoncini di pesce, e i bambini se le scambiano come in tutte le altre parti del mondo: gelo gelo gelo.. manca!) annoverano un solo grande giocatore: si tratta di Arnór Gudjohnsen, espatriato per diventare professionista nellAnderlecht, il cui figlio, Eidur (nipote di Celodur, figlio di Nonmol, cugino di Pontìd e cognato di Bossiumbertsson), ha brillato per qualche stagione nel Chelsea, nei primi anni 2000.

A proposito di nomi. Tutti si domandano perché i calciatori islandesi finiscano sempre in son. A svelare larcano è il solito Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là negli igloo sparsi dallAusturland al Vesturland (regioni islandesi): Con lo scopo di conservare il più possibile inalterata lantica lingua vichinga, gli islandesi hanno mantenuto il vecchio principio con cui venivano assegnati i cognomi a ogni individuo, il sistema patronimico. I cognomi si ottengono aggiungendo un suffisso maschile o femminile al nome proprio paterno. I cognomi maschili finiscono sempre con son (figlio) e quelli femminili con dòttir (figlia). Per cui la nazionale islandese maschile suona così: Halldorsson, Saevarsson, Arnason, Sigurdsson, Skulason, Bjarnason, Gunnarson, Hallfredsson, Gudmundsson, Finnbogason e Sigthorsson. Invece quella femminile suona così: Halldordòttir, Saevardòttir, Arnadòttir, Sigurddòttir, Skuladòttir, Bjarnadòttir, Gunnardòttir, Hallfreddòttir, Gudmunddòttir, Finnbogadòttir, Sigthordòttir.

Sia quel che sia, il calcio in Islanda è stato importato dopo la Seconda guerra mondiale. Merito soprattutto di un giocatore americano, di manifeste origini italiane, che a queste latitudini è assurto a mito. Il suo nome a noi dice poco, Armando Adamantino Gennaro Luis Frigo: eppure la sua effigie, sotto forma di calamita, fa capolino sui congelatori di tantissime famiglie islandesi. Occhi di ghiaccio, ma piedi caldissimi, la specialità di Frigo erano i calci di… rigore.

Negli ultimi anni la Federazione calcistica islandese (KSI, in islandese Knattspyrnusamband Íslands) ha cercato di valorizzare il movimento calcistico locale, tentando di portare sull’isola alcuni talenti brasiliani. Nel mirino sono finiti Fred (con un nome simile, a detta della KSI, è giocoforza sapersi adattare perfettamente ai climi gelidi di Reykjavik e dintorni); Geyser (un peperino di centrocampo dal carattere un po’ troppo focoso, nella speranza che l’ardore giovanile non evapori al cospetto di una differenza di clima, rispetto al Sudamerica, così notevole) e Sanson (un centrale di difesa longilineo, quasi uno stecco, ma dotato di notevole vigoria fisica). Eppure gli sforzi non sono andati esattamente a buon fine. L’idea di giocare con temperature anche di -30° e in località come Kirkjubæjarklaustur o Reyoarfjaroarhreppur (quale Tom Tom sarebbe in grado di scovarle, tenendo conto che nomi così difficili vanno digitati precisi precisi sul navigatore?) hanno raffreddato gli animi di procuratori e calciatori brasiliani.

Del resto, nel calcio islandese non mancano certo le stranezze. In lingua islandese “terzino” si dice liosstjòri, “destro” si dice rètt e “sinistro” vinstri. E allora perché “terzino destro” si dice strax aftur e “terzino sinistro” vinstri bakvorour? Per avere lumi in proposito abbiamo provato a interpellare il numero uno tra i giornalisti sportivi locali, Kàlcio Ergosùmson, che via mail ci ha così risposto: “Ég veit ekki af hverju ég nemmenio. Hefur alltaf verið raunin þar er fótbolti á Íslandi“. Chiaro no?

E’ comunque doveroso rendere omaggio alla squadra più famosa d’Islanda: la (o il?) Knattspyrnufélag Reykjavíkur, meglio nota in campo internazionale come KR Reykjavik o semplicemente KR, che è anche la più vittoriosa, avendo conquistato 26 titoli nazionali, 14 Coppe d’Islanda e ben 3 Supercoppe d’Islanda. Queste ultime fanno bella mostra di sé all’ingresso della sede della società calcistica più antica e titolata d’Islanda. Ed è con grande orgoglio che lo Zingarelli – anche da queste parti di casa – ce le ha mostrate.