La faglia di Sant’Andrea, una delle zone più sismiche del globo, si trova nello stato della California, e lo attraversa interamente da nord a sud. Prendendo spunto dal terrore per il Big One, un devastante terremoto che, secondo previsioni più o meno improbabili, potrebbe sconvolgere il Nord America, e il cui epicentro si troverebbe lungo la succitata faglia, il film San Andreas ipotizza uno scenario sconvolto dal più devastante dei cataclismi che possano colpire il Nord America. 

Ray (Dwayne Johnson) è un pilota di elicotteri specializzato in missioni di soccorso ad alto rischio. Nel privato sta affrontando un divorzio dalla moglie Emma (Carla Gugino), e, se la prima scossa nei dintorni di Los Angeles non l’avesse richiamato al dovere, avrebbe dedicato il resto del weekend alla figlia Blake (Alexandra Daddario, già vista nella serie tv “True Detective”). In seguito all’allerta di un sismologo, secondo il quale lo sciame sismico avrebbe interessato tutta l’area da Los Angeles a San Francisco, arrivando a toccare persino i 9.6 gradi di magnitudo, Ray dovrà cercare di proteggere la popolazione e la propria famiglia.

Disaster movie dei più classici, San Andreas offre esattamente ciò che promette, nulla di più e nulla di meno. Un “The Rock” in doppia veste di eroe e di padre/marito oppresso dai sensi di colpa, una serie di prevedibilissimi colpi di scena, e, chiaramente, un cataclisma di proporzioni globali. Pardon, statunitensi. La progressiva distruzione di Los Angeles prima, poi di San Francisco, complice anche un buon 3D, è la vera protagonista del film, tra grattacieli pronti a crollare, strade sventrate e persino uno tsunami. 

I personaggi, nonostante il ruolo telefonatissimo fin dall’inizio, riescono a rimanere impressi quel tanto che basta per distinguerli da un palo della luce divelto o un idrante sul ciglio della strada. Dopo una sbrigativa introduzione la storia si dipana in tre trame parallele, efficace espediente per sottolineare la portata del cataclisma e, al tempo stesso, stabilire un seppur minimo contatto emotivo con i malcapitati di turno, costretti a peregrinare tra piani allagati e macerie ricostruite con una buona cura. 

Chiaramente il non offrire sorprese degne di nota, se da una parte si assicura il consenso di una fetta di aficionados, dall’altra esclude qualsiasi tipo di ambizione ad aprirsi a un pubblico più ampio. Sotto la corteccia di distruzione e cataclismi mediocri nella loro pregevolezza, infatti, San Andreas non ha né l’ambizione di essere ricordato a lungo, né la cura maniacale per i dettagli e i rapporti umani di un Titanic. Capita di ridere nei momenti sbagliati, vuoi per qualche leggerezza di sceneggiatura o per l’ennesima bandiera americana svettante al vento, assurta ormai a parodia di se stessa.

Insomma, un film buono per passare una serata al cinema, merito soprattutto di un paio di sequenze pregevolmente adrenaliniche. Difficile rimanerne delusi se si è in cerca di un intrattenimento superficiale.