Roberto Giacobbo ieri sera ci ha accompagnato in Argentina per una nuova puntata di Voyager – Ai confini della conoscenza, ricca di approfondimenti. Si è partiti dalla storia di Papa Bergoglio e dei suoi 50 km di fuga in automobile insieme a un ragazzo di nome Gonzalo, facendo in modo di evitare qualsiasi controllo da parte dell’esercito. Era la Buenos Aires di qualche decennio fa e i militari controllavano benissimo la città a quei tempi. Qualsiasi movimento sospetto avrebbe potuto portare Bergoglio ad essere fermato. Camionette, posti di blocco e controlli erano ad ogni angolo. Bergoglio e il suo compagno di viaggio erano sereni, mentre il silenzio tradiva la tensione. La sola loro speranza era quella di arrivare all’obiettivo, percorrendo una strada che sembrava infinita. Alla fine Bergoglio sarebbe riuscito a portare il ragazzo in collegio e ad accompagnarlo fino alla scaletta del primo aereo per l’Europa.
Quel ragazzo, il giovanissimo Gonzalo, oggi è un affermato sindacalista e sicuramente è stato felicissimo nel vedere Bergoglio diventare pontefice. Ma da dove veniva la famiglia Bergoglio? Si tratta di una famiglia originaria dell’Italia, di Torino per la precisione, che a un certo punto si trasferì in America Latina. Roberto Giacobbo è andato sulle tracce dei luoghi toccati dal Papa in Argentina nel corso della sua vita. Egli si spostava spesso con la metropolitana, lontano da mille etichette che avrebbero potuto condizionargli la vita. Bergoglio ha sempre attirato la folla con le sue parole di apertura e lui stesso si è definito un pellegrino di pace e di speranza, soprattutto nei luoghi di guerra. Il Papa ha sempre amato l’Italia, il suo cinema e la sua letteratura. C’è una persona a Buenos Aires che lo vide da vicino e che ha raccontato a Giacobbo come era da studente il Pontefice, durante la sua permanenza presso il Collegio San Giuseppe. All’interno dell’Istituto si conserva ancora intatto il mobilio della stanza in cui viveva Padre Bergoglio e ci sono il suo letto, il so armadio e la sua poltrona. Desaparecidos significa letteralmente persone scomparse. E’ questa la storia di persone che una volta arrestate non si trovavano più. Questo era il regime in Argentina.
Appena eletto, Bergoglio fu accusato di essere stato complice della dittatura argentina. In realtà abbiamo visto spiegato in un apposito servizio come il fatto in questione sia stato singolo e isolato. Si sarebbe trattato dell’arresto di due gesuiti, considerati esponenti di sinistra vicini ai gruppi che a quei tempi erano ritenuti sovversivi. La tortura psicologica fu subito messa in atto nei confronti dei due gesuiti, facendo credere loro che a tradirli fosse stato proprio colui che era al vertice della loro Compagnia, cioè Padre Bergoglio. Uno dei due è morto con la convinzione che fosse stato effettivamente lui a tradirlo, mentre il secondo ha avuto modo di approfondire questa situazione, scoprendo che Bergoglio era in realtà completamente estraneo a quei fatti. Un’altra storia che riguarda Padre Bergoglio è quella che alcuni hanno chiamato la “lista Bergoglio”. Si tratta di una lista di persone che egli avrebbe salvato dalla dittatura argentina. Sul fatto predomina il silenzio, anche perché lo stesso Bergoglio non ne ha mai voluto parlare, forse anche nel rimpianto di chi in questi anni si è probabilmente domandato se avesse potuto mai fare di più per salvare anche altre persone. Della “lista” facevano parte donne e uomini che devono la vita all’attuale pontefice, come Sergio e Anna. Essi hanno tenuto il loro segreto per 40 anni finché, di fronte alle accuse a Bergoglio, hanno deciso di parlare.
Nel corso di questa puntata di Voyager si è parlato anche di Juan Peròn e della sua possibile identificazione con il Giovanni Piras italiano, nato lo stesso giorno. Altre coincidenze sono state appurate, come il famoso anello d’oro che Peròn indosssava sempre e che a Giovanni Piras era stato regalato da sua madre prima di partire per l’America. Era il 24 marzo 1976 quando la vita dell’intera popolazione dell’Argentina cambiò da un momento all’altro. Ormai il controllo era in mano ai militari e una squadra di rudgby composta da ragazzi giovanissimi allenati da Ugo Passarella fu distrutta in brevissimo tempo. Rimasero sempre meno in squadra e ogni volta che un giocatore esperto spariva veniva sostituito da uno delle giovanili e alla fine ne rimase solo uno, che aveva radici italiane. Come morì Elvis Presley? Il suo mito è ancora vivo nella mente e nel cuore dei suoi milioni di fan. E se invece la realtà fosse diversa ed Elvis avesse deciso di nascondersi rifugiandosi proprio in Argentina, per non aver sopportato più il peso del successo planetario?
Un uomo avrebbe anche testimoniato di aver visto una persona a lui molto somigliante prendere un aereo per Buenos Aires subito dopo la notizia della sua presunta morte. In molti credono ora che Elvis sia ancora vivo, ma forse è solo perché è stata una star di grandissimo livello. I miti, ha fatto notare Giacobbo, non possono invecchiare, ma devono scomparire quando sono ancora giovani. Così è accaduto ad Elvis Presley come a Marylin Monroe, ad esempio. Uno degli intrighi di maggior rilievo della Seconda Guerra Mondiale è quello dei gerarchi nazisti che si sono rifugiati in Argentina. Sono stati ritrovati infatti dei bunker contenenti oggetti tedeschi. Almeno due sottomarini tedeschi pare che attraversarono tutto l’Oceano Atlantico nel maggio del 1945. Perché una missione nazista così pericolosa? Si parla addirittura di un tentativo di creare in Antartide una base militare segreta.
Replica Voyager – Ai confini della conoscenza, puntata 29 giugno 2015: come vederla in video streaming – E possibile vedere o rivedere la puntata di Voyager andata in onda ieri grazie al servizio di video streaming disponibile su Rai.tv, cliccando qui.