Il primo Insidious, quello del 2011, aveva il pregio di aver preso tutta una serie di tematiche viste e riviste nellhorror – case infestate, possessioni, sedute spiritiche – per poi rimescolarle in una somma non priva di fascino visionario. Il concetto di Altrove, una sorta di limbo in cui risiedono spiriti di ogni sorta, vero cardine della saga, viene ripreso anche nel seguito, che però si diverte a complicare le cose con colpi di scena e buchi di trama. Insidious 3 – Linizio, diretto non più da James Wan ma dallesordiente regista Leigh Whannel, persevera nellintento di arricchire un universo narrativo che, a dirla tutta, non avrebbe necessitato di ulteriori spiegazioni. 

Come suggerisce il titolo stesso si tratta di un prequel, ambientato qualche anno prima del primo episodio. Quinn Brenner (Stefanie Scott) è una diciannovenne che cerca di mettersi in contatto spiritico con la madre, deceduta da poco. Dopo aver chiesto aiuto a un volto noto della serie, la sensitiva Elise (Lin Shaye), Quinn inizia ad avere delle inquietanti visioni, che la tormentano fino a coinvolgerla in un incidente dauto; in seguito a esso la ragazza si trova bloccata a letto, mentre uno spirito venuto dallAltrove cerca di rubare la sua anima. 

La trama è lineare e ricca di rimandi ai precedenti capitoli, primo tra tutti la presenza di Elise: si fa luce sul suo passato, sulla sua famiglia, e assistiamo al suo incontro con i due giovani ghostbusters Specs e Tucker. Chicche piacevoli per un fan della saga – non lo metto in dubbio -, ma nulla di così importante da non poter essere tralasciato. 

Il vero problema di Insidious 3 è alla base, perché, se già il secondo capitolo iniziava a essere ridondante, ora il tutto inizia a puzzare di marcio, e anche le trovate originariamente più dimpatto affondano in un pantano di già visto e di mediocrità. Ed è un peccato, perché lAltrove ideato da Wan e Whannel (questultimo, prima di dirigere questo film, è stato sceneggiatore dei precedenti) si presterebbe bene a essere sviluppato in pellicole tra loro indipendenti, senza cioè lassillo della coerenza che una saga, per forza di cose, deve (o dovrebbe) avere.

Ed eccoci alla nota dolente: la sceneggiatura non sta in piedi. Se visto come pellicola a sé Insidious 3 potrebbe apparire piuttosto solido nel suo essere così lineare; quando lo si pensa come terzo capitolo di una saga, invece, ci si accorge di quanto il disegno generale non torni. Personaggi già sviscerati in precedenza che qui tornano senza una logica (la Sposa in nero), regole interne che si contraddicono tra una pellicola e laltra; tutto lascia credere che non ci sia, a monte, la volontà di far tornare le fila. 

Aggiungiamoci un ricorso fin troppo insistente dei “salti sulla poltrona”, uno dei mezzi più banali con cui far paura senza doversi prendere la briga di costruire un’atmosfera d’effetto, ed ecco che Insidious 3, nonostante spicchi in mezzo alla penuria quantitativa e qualitativa di horror contemporanei, finisce per precipitare nel pozzo senza fondo dei prequel/sequel senza anima né mordente.