In Italia comunicare è difficile. I dialetti non c’entrano: è vero che esistono migliaia di patois (si legge patuà, si traduce con “parlate locali”), una del tutto differente dall’altra, incomprensibile già a pochi chilometri di distanza. Ma non si tratta di questo, quanto di un problema di linee, di connessioni. Siamo ancora un Paese tecnologicamente arretrato. Secondo un sondaggio commissionato dal “Casting per la selezione delle assistenti di bella presenza”, ben il 28% delle segretarie gnocche (contro il 2% delle segretarie non avvenenti o di una certa età) utilizza ancora lo sbianchetto per cancellare le parole errate digitate sullo schermo del computer e il 31% del personale medico e paramedico delle nostre Asl è convinto che l’Adsl sia un virus aggressivo, problematico da diagnosticare e assai difficile da curare.
I dati parlano chiaro: abbiamo ancora la minor copertura di reti digitali di nuova generazione in Europa, lontani di oltre 40 punti percentuali dalla media europea per l’accesso a più di 30 Mbps. Ma l’Italia si è impegnata alla copertura totale del territorio nazionale: in Lombardia quasi ci siamo (98% del territorio), ma che dire del Molise (solo il 13%) e del Sud in generale? Che è giunto il momento di correre ai ripari.
Prima, però, è doveroso (doveroso per uno sfoggio di cultura: la nostra!) dare una spiegazione sul perché storicamente la banda larga sia sempre stata un problema per noi, fin dal XVII secolo, durante la suggestiva epopea dei pirati. Ai quali va ascritto il merito di aver usato per primi l’elettricità nelle comunicazioni: senza entrare in inutili dettagli, la loro intuizione fu inversamente proporzionale alla pratica, come si evince dalle bandiere issate sul pennone delle loro navi, di cui oggi, a imperituro ricordo, si fregiano le nostre cabine elettriche. Ma oltre che per la banda, i pirati sono passati alla storia per la benda.
Varie sono le scuole di pensiero a riguardo dell’insolito uso di coprirsi un occhio con un pezzo di tessuto nero. Sulla rete circolano strane interpretazioni, delle quali la più comune è la seguente: ” nota la passione dei pirati per il cuba libre. Essendo uomini tanto impavidi, adusi alle ristrettezze e ai sacrifici che la vita di mare comporta, quanto estremamente rozzi, non avevano grande dimestichezza con le cannucce. Così ogni volta che si fiondavano, avidi e assetati, sul bicchiere per tracannarsi la bevanda tanto amata, correvano il rischio di infilzarsi l’occhio. Ecco perché l’iconografia classica vuole il pirata con la benda sull’occhio che beve solo ed esclusivamente rum”.
Siamo forse più dalle parti della leggenda che della storia. Sulla vera origine della benda sull’occhio è intervenuto, da noi sollecitato, il buon Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché, vedendoci benissimo, le ha rubacchiate qua e là per i sette mari: “I pirati avevano abitualmente la benda sull’occhio a causa della congiuntivite (malattia assai contagiosa, perciò molto diffusa tra quegli incolti marinai, bravi a spiegare le vele, ma assai impediti nel coniugare i verbi, specie i congiuntivi); la frequenza con la quale si sfregavano gli occhi sovente li portava, del tutto maldestramente, a grattarsi con l’uncino! A quel punto, diventando più scrupolosi, si servivano dell’occhio sano per combattere, ma soprattutto per buttare un occhio sulla mappa del tesoro. Una curiosità: i venditori di bande nere per gli occhi più famosi della Tortuga furono Salmoiraghi&Viganò, due pirati di Lissone, che a quei tempi era una ridente località brianzola affacciata sul mare: lo testimoniano le tante imbarcazioni in puro legno massello ritrovate in loco e pure un quadro del Guercino (sarà un caso?) recuperato su una di esse”.
Grazie Zinga, per questa incursione da vero bucaniere, ma toglici un’ultima curiosità: perché nessun pirata italiano è diventato famoso? E lo Zinga: “Semplice, i pirati venivano chiamati anche corsari, per via di una missiva (testualmente, lettera di corsa) che veniva loro recapitata per attestarne lo status, a fini pensionistici. E in Italia? Sappiamo tutti bene quanto siano proverbiali, da sempre, i ritardi delle poste e dei postini… E non è che l’Inps se la passi meglio”.
Dato ai pirati quel che è dei pirati, resta da dire sulla banda larga e sulla voglia dell’Italia di chiudere il gap tecnologico. Il Consiglio dei ministri si appresta a discutere il cosiddetto decreto “Comunicazioni”, che fissa gli impegni del Governo nei confronti dello sviluppo delle reti di nuova generazione. Punto chiave del decreto è il coinvolgimento di molti soggetti privati, accanto all’impegno dello Stato con risorse pubbliche. Se non che, qua e là e lì per lì, il testo presenta alcuni refusi che potrebbero dare adito a investimenti e scelte strategiche non conformi con l’obiettivo.
La benda larga. All’articolo 7, per esempio, comma 11- quinquies, nel capitolo dedicato alla digitalizzazione della sanità, si legge esplicitamente che “ogni ospedale, ogni Asl, ogni medico curante dovrà essere connesso con la benda larga”. Ci domandiamo: i numerosi furti di mummie avvenuti negli ultimi mesi presso il museo egizio di Torino sono da ascriversi a questo confuso comma del decreto?
La Panda larga. Poteva forse mancare la Fiat, se l’idea di Renzi è davvero quella di coinvolgere soggetti privati, come Telecom, Enel o Eni? Al grido di “La Panda ci va stretta”, Marchionne ha promesso l’aiuto del Lingotto per realizzare l’impresa digitale: a Melfi verrà messa in produzione la Panda Larga, autovettura con 2 file da 15 posti, perciò in grado di portare 30 persone, con un bagagliaio così capiente da poter trasportare dati per oltre 30 Mbps.
La Rosy Banda. Anche il Pd vuole essere al fianco del suo premier per digitalizzare l’Italia. Lo slogan è semplice: “Pd? Podemos!” (cioè: Possiamo digitalizzare? Possiamo!”). È stato subito costituito un comitato assai largo, che comprende tutte le 32 correnti e fazioni in cui è oggi diviso il Partito democratico. A guidare il Comitatone è stata chiamata Rosy Bindi, per l’occasione ribattezzata Rosy Banda (larga è già abbastanza!).
Ma una serie di quesiti ci frullano nella mente:
1. e se Berlusconi, con una bella bandana larga in testa, adattasse il charme con le donne, proponendo un attualissimo e assai digitale, a questo punto, bunda-bunda?
2. e che cosa potrebbe capitare se i corpi bandistici musicali applicassero la banda larga, mettendo in campo veri e propri eserciti di 2.800 suonatori per gruppo, in una sorta di sarabanda larga?
3. e se la delinquenza organizzata si organizzasse, mettendo in piedi le bande larghe, lo Stato saprebbe fronteggiarle?
Domande impegnative, alle quali forse un pirata (per tornare alla divagazione di cui sopra) di quelli tosti, tipo Barbanera (uno che alla fine di una gloriosissima carriera si è riciclato negli oroscopi con grandissimo successo) farebbe fatica a rispondere. Dal canto nostro, promettiamo che “ogni tanto gli butteremo un occhio”!