In quello che sarà ricordato come “giorno del giudizio”, Skynet, rete virtuale che controlla tutte le macchine del pianeta, sgancia una serie di testate nucleari contro il genere umano. I pochi sopravvissuti si radunano sotto il comando di John Connor, e danno il via a una resistenza serrata. Skynet, consapevole della propria imminente sconfitta, invia un Terminator – cyborg umanoide creato al solo scopo di “terminare” i propri avversari – nel passato, con il compito di uccidere la madre di John Connor prima che dia alla luce il figlio, eliminando così il problema alla radice. Per contrastare il Terminator John affida al luogotenente Kyle Reese il compito di proteggere Sarah Connor; una volta giunto nel passato, però, Kyle scopre che Sarah non è la cameriera indifesa che John gli aveva presentato, e che il Terminator è l’ultimo dei loro problemi.

I fan del primo Terminator, a questo punto, avranno già iniziato a storcere il naso, tacciandomi di aver alterato la trama del film. In realtà, non mi sto inventando nulla: questa è la premessa di Terminator Genisys, il quale, dapprima presentandosi come reboot della saga (arrivando persino a riportare visivamente alcune sequenze del primo film, per la gioia dei nostalgici), improvvisamente rimescola le carte in tavola a suon di paradossi, colpi di scena e linee temporali parallele. 

In quello che vuole essere il tassello fondante di una nuova trilogia, infatti, Sarah Connor (interpretata ora da Emilia Clarke, la Daenerys della serie tv “Il trono di spade”) viene cresciuta sin da piccola dal Terminator “buono” interpretato da Arnold Schwarzenegger, e questa alterazione nel passato basta a cambiare irrimediabilmente il futuro, con tutte le paradossali conseguenze del caso.

Difficile addentrarsi nella trama di Terminator Genisys senza rischiare di rovinare la sorpresa a qualcuno, e questo perché la prima parte del film è un susseguirsi incalzante e caotico di rivelazioni, colpi di scena e linee temporali sovrapposte. Più che davanti a Ritorno al Futuro, a volte sembra di trovarsi di fronte a un episodio del serial britannico Doctor Who, nel bene e nel male. Bene perché i viaggi nel tempo sono, per l’appassionato di fantascienza, come il parmigiano su un piatto di pasta un po’ troppo scotta: nel dubbio, meglio abbondare; d’altra parte, però, la volontà di confondere troppo le acque con una trama “incasinata” copre spesso una certa povertà di fondo. 

Nel caso specifico di Terminator, se è da apprezzare il duplice tentativo di rendere omaggio ai primi due capitoli della saga e, al tempo stesso, di dare un’impronta più “personale” a questo restart, è altresì vero che la maggior parte degli spunti interessanti sono tutto fumo e poco arrosto, e il finale viene sommerso dalla mole di aspettative che la prima parte, così ricca di promesse e intrighi, aveva alimentato, salvo poi soffocarle in una prevedibile mediocrità.

I primi due Terminator avevano l’enorme pregio di saper trasmettere ansia, inquietudine, persino paura, nonostante la ristrettezza di budget ed effetti speciali; il terzo, bistrattatissimo capitolo aveva dalla sua il fatto di essere una parodia di se stesso, mentre il recente Terminator Salvation slitta definitivamente verso l’azione pura. Assecondando questa tendenza, Terminator Genisys unisce azione e una sottile vena di umorismo in un contesto che, ormai, non ha più nulla del cupo steampunk dei primi capitoli. 

Sarà poi che il film ha avuto una gestazione piuttosto travagliata che lo ha esposto a un’infinità di compromessi e modifiche; sarà anche che il regista, Alan Taylor, è famoso per aver diretto nel 2013 il sequel di Thor, maTerminator Genisys sembra voler scimmiottare la messa in scena, l’umorismo spicciolo e la serialità di un film Marvel, con tanto di caratteristica scena dopo i titoli di coda. Lo stesso cattivo principale – di cui non svelerò l’identità ma indubbiamente dotato di grosse potenzialità e di un forte carisma – subisce lo stesso, ingiusto trattamento di molti villain dei cinefumetti, di cui Ultron è l’esempio più recente: potenzialmente interessanti, ma ridotti a semplici antagonisti bidimensionali per fare spazio agli eroi di turno. 

Infarcito di buone idee e interessanti innovazioni, tra cui spicca una Sarah Connor non più così disposta a sottostare silenziosamente al proprio destino già scritto (e un Kyle Reese che, di conseguenza, finisce per soccombere di fronte al di lei carisma), Terminator Genisys crolla rovinosamente sotto il peso della propria megalomania, vittima forse di un target di pubblico che, più che ai vecchi film di Cameron, guarda con ammirazione all’intrattenimento patinato e monocorde di molti blockbuster contemporanei.