Questa Grecia che tira e molla, molla e tira, sta forse dicendo di no ai piani dell’Europa? E cosa succederebbe nel malaugurato caso che il Grexit – vale a dire la possibilità che il Paese ellenico se ne uscisse di sua sponte dall’Europa – diventasse realtà? E quali sarebbero i passaggi necessari perché si verifichi un tale scenario? Sul tavolo ci sono diverse possibilità.

I tedeschi, per esempio, sono per un taglio netto. Il ministro delle Finanze teutonico, Wolfgang Schauble, sarebbe intenzionato a proporre alla cancelliera Angela Merkel una drastica sforbiciata. Precisa, chirurgica, definitiva. Della Grecia non rimarrebbe traccia, se non per qualche isoletta del vasto arcipelago ellenico, che verrebbe annessa a Cipro, lasciata lì giusto per dare un minimo di continuità a una realtà turistica ben avviata e assai proficua.

Ma una volta staccata dal resto dell’Europa, che ne sarebbe della Grecia? Dove potrebbe andare a finire? Alla deriva, a seguire il pensiero di qualche saccente buontempone, con insana dose di cinismo. Mentre alcuni esperti cinesi, dopo approfonditi studi climatici e idrogeologici che hanno del fantascientifico, sono stati in grado di affermare, col pieno appoggio del governo locale, che la Grecia potrebbe benissimo essere ricollocata nel Mar Giallo e inserita, a mo’ di ponte naturale, tra Cina e Corea del Sud. L’incastro sarebbe quasi perfetto: oltretutto i cinesi potrebbero finalmente andare in vacanza anche nei weekend, godendosi panorami archeologici ammirati solo su carta patinata, col meraviglioso vantaggio di potersi immergere nelle limpide e calde acque del Peloponneso. Senza considerare il ruolo di mediazione geografica, diciamo così, nel quale la Nuova Ellade si verrebbe a trovare, in una sorta di “terra di mezzo” tra realtà se non ostili tra loro, almeno con considerevoli problemi di convivenza e stima reciproca. 

Sin qui la politica. Ma il quesito è un altro: come sarebbe possibile trasportare la Grecia dal Mediterraneo fino alle insenature delle coste cino-sudcoreane? Per gli esperti del Celeste Impero si tratterebbe di un falso problema, di stampo tipicamente occidentale. A Xinzhuang, infatti, opera da tempo un’avviatissima società di logistica intermodale (il termine fa riferimento al trasporto di merci effettuato con l’impiego di vari mezzi e imprese coordinati tra loro), specializzata in “spedizioni eccezionali, dislocazione di merce speciale, inconsueta e anomala”: si tratta della Vanh Lohn Than, azienda con 64 milioni di dipendenti e un parco autoveicoli di 15 milioni di mezzi (che, per la cronaca, occupano uno spazio equivalente al Parco Nazionale della Majella e quello dello Stelvio messi insieme), la maggior parte dei quali formata da speciali Tir in grado di “tirare” qualsiasi cosa. Il loro motto? “Dovunque voi siate, noi siamo a un Tir di schioppo da voi!”. 

Il titolare della Vanh Lohn Than, Mr Fold Tlansit, ha assicurato che in una notte il suo personale è in grado di smontare la Grecia pezzo per pezzo, senza disturbare chi di notte dorme, proprio come gli stessi Greci fecero a Troia a suo tempo; in poco più di dodici ore staccarla dall’Europa e stoccarla sui suoi Tir; trasportarla nel giro di 10-12 giorni in Cina passando attraverso Turchia, Armenia, Azerbaigian, Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan. Sarà poi necessario un solo weekend per immergerla, in una collocazione appropriata, in pieno mar Giallo. 

Il Congresso del Partito Comunista Cinese sarà convocato nei prossimi giorni per decidere quando avanzare una proposta concreta all’Unione europea. Nel frattempo, canali diplomatici ufficiosi hanno sondato la disponibilità di Angela Merkel ad avallare l’intera operazione. La sua reazione sembra essere stata tra lo stizzito e il sollevato. Il sollievo certamente dettato dal fatto che mettere più di ottomila chilometri di distanza tra sé e Tsipras non sembrerebbe proprio un’idea malvagia; la stizza nel domandarsi il motivo per il quale le industrie tedesche non siano a tutt’oggi in grado di attuare questo tipo di operazioni logistiche: certo, se pensiamo alla Ddr e alla caduta del muro di Berlino, non si può certo dire che il vecchio Helmut Kohl (l’allora cancelliere) si sia posto problemi di logistica intermodale; la Germania unita la volevano tutti, ma proprio tutti! Nessuno si sarebbe mai inventato un Ddrexit (si sarebbe chiamato così anche allora? Mah…).

Per dovere di cronaca, e con quel minimo di fiducia, speriamo ben riposta, che abbiamo il dovere di non negare al nostro Bel Paese, non possiamo non segnalare la posizione dell’Italia, interessante da un punto di vista economico, seppur di difficile accettazione da parte degli altri partner europei. 

Bando alle ciance: il premier Renzi non si è lasciato cogliere impreparato, anzi, il suo discorso in Consiglio dei Ministri ha riscosso grande approvazione, quando non entusiasmo. Dovesse riuscire nell’intento (e stando alle indiscrezioni, ci suono buone possibilità che ci riesca), l’Italia, richiederebbe ufficialmente lo spostamento della Sicilia, della Sardegna, dell’Isola d’Elba e di Pantelleria, che verrebbero così ricollocate entro lo spazio geografico appartenuto all’ormai “traslocata” Grecia; è evidente il tentativo del nostro governo, in mancanza di una concorrenza qualificata di isole europee idonee (con la sola eccezione dell’Inghilterra, che tradizionalista com’è, mai accetterebbe una simile… deriva!) di sfruttare le immense risorse turistiche della zona. 

Idea che ha avuto il plauso persino della Lega, il cui leader, Matteo Salvini, ha auspicato come l’intero spostamento, nei modi e tempi dovuti, del Sud al completo (si noti che per il nostro il Sud comprende anche Lazio, Umbria e Marche) potrebbe risultare economicamente vantaggioso per tutta l’economia nazionale. “E poi” ha urlato l’attuale capo dei Lumbard a un meeting nella bergamasca “volete mettere passare dal magna magna di Roma Ladrona allamagna magna Grecia?”.