Non è facile giudicare Ant-Man prescindendo da una sorta di rimpianto per quello che poteva essere in mano al regista che aveva cominciato il progetto: Edgar Wright, uno dei più intelligenti re-inventori del cinema comico e di genere con la trilogia del cornetto (L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo). Il quale, avvertendo le pressioni e le imposizioni indebite a suo avviso dei Marvel Studios, ha deciso di abbandonare il film, lasciando la sua firma come autore della prima sceneggiatura, cedendo il passo al più mansueto Peyton Reed. 

Il film racconta la storia di un ladruncolo appena uscito di galera che vorrebbe mettersi in regola con la società per poter riavvicinarsi al figlioletto. Ma viene coinvolto in un furto ai danni del signor Pym, il quale negli anni ha progettato una sostanza che rende piccolissimi, come una formica. Sostanza a cui in molti danno la caccia. 

Scritto in prima battuta da Wright e Joe Cornish (Attack the Block) e riscritto da Adam Mckay assieme al protagonista Paul Rudd, Ant-Man è un’avventura supereroica, tratta dall’omonimo fumetto di Stan Lee, Jack Kirby e Larry Lieber, che dalla vena goliardica e surreale del progetto originario – di cui s’intravvede lo scheletro – è diventata una commediola familiare condita di effetti speciali in 3D.

L’idea di Reed e dei produttori sarebbe quella di mescolare il film di rapina, lo spettacolo fantasy e il pathos delle pellicole su divorzi e figli da riconquistare provando a rendere l’azione ad altezza di famiglia e a evolvere il family movie dal livello para-televisivo in cui nasce e cresce. Purtroppo non ci riesce, semplicemente perché Reed e la nuova sceneggiatura lavorano al ribasso, cercano e trovano gli stereotipi più rassicuranti, il sentimentalismo banale e la struttura avventurosa ormai meccanica di ogni film Marvel Studios condita da umorismo e simpatia generica da filmetto di seconda serata. 

E soprattutto sprecando le idee rimaste dello script originale, attimi visionari impagabili e inauditi in un film Marvel (non solo la prima spettacolarissima trasformazione in Ant-Man, ma soprattutto la riduzione all’infinito nel finale) o momenti di goliardia gustosi, in nome della medietà massificata che se non fosse per attori come Michael Douglas – che si mangia tutti con poco sforzo – sarebbe mediocrità pura. 

Poco possono Paul Rudd, Evangeline Lily o un cattivo all’acqua di rose come Corey Stoll – facce da tv commerciale non da immaginario collettivo – e nulla può e vuole fare Reed contro l’operazione di marketing dei Marvel Studios che avendo costretto un talento come Wright alla fuga paiono aver definitivamente dichiarato guerra alle possibilità di Cinema dei loro film. Meglio i negozi di giocattoli.