Da un paio di settimane sta “girando” su tutte le tv in chiaro e pay, sui principali quotidiani e sul circuito Centostazioni, un’interessante campagna di Pubblicità Progresso sul tema della parità di salario tra uomo e donna (clicca qui per guardare il video). Abbiamo chiesto al presidente Alberto Contri di illustrarcela.Si tratta – spiega – della seconda fase della nostra campagna biennale a favore della parità di genere. Nella prima fase abbiamo parlato delle discriminazioni di carattere sessuale. Nella seconda trattiamo il tema della parità di salario tra uomo e donna, un problema che riguarda tutto il mondo, e che va sotto il nome di “gender pay gap”».
Come l’avete impostata?
Anche per questa fase la squadra era composta dalla nostra Commissione Campagne, dal gruppo Young&Rubicam, e dalla Bedeschi film. Dopo alcuni intensi brain-storming (le riunioni in cui si approfondiscono problemi e opportunità legate alla tematica) i creativi, guidati da Vicky Gitto, Executive Vice President e Chief Creative Officer di Y&R, hanno proposto alcune idee alla Commissione composta da consiglieri di Pubblicità Progresso.
È stato scelto, dopo un ulteriore passaggio con l’intero Cda, il progetto che prevedeva l’uso di telecamere nascoste in stile Report, e un’attrice con alcune caratteristiche androgine, per rendere più facile truccarla anche da maschio. L’idea creativa prevedeva una visita della donna a un cacciatore di teste, in risposta a un annuncio di ricerca del personale. E poi un’altra visita, fatta dalla stessa attrice truccata da uomo.
E cosa succede alla fine?
Nel montaggio finale, in cui compaiono il cacciatore di teste e i due candidati, si scopre che alle domande su esperienze e aspirazioni le risposte sono identiche. Quando si parla di salario, alla domanda su quale si ritiene debba essere la remunerazione giusta per quella posizione, entrambi rispondono “duemila euro”. All’uomo, il cacciatore di teste replica “Se ne può parlare”. Alla donna, passando improvvisamente al tu, dice “Non ti pare un po’ troppo?”. E sul volto sgomento della candidata compaiono le scritte: “In Italia una donna arriva a guadagnare fino al 30% in meno di un uomo. Diamo al lavoro delle donne il suo giusto valore. Vai su www.puntosudite.it”
È una campagna che appare semplice e a un tempo efficace, ma certo di non facile realizzazione.
Devo davvero ringraziare tutto il team che ci ha lavorato: dal punto di vista produttivo, poi, la Bedeschi Film ha risolto problemi non indifferenti, con mezzi tecnici innovativi e una regia accuratissima. Rendere efficaci le idee semplici infatti non è mai facile. Young & Rubicam ha poi realizzato un annuncio stampa di altrettanta forza: si vede la nostra candidata che sciorina davanti agli occhi di chi guarda un biglietto da 10 euro, che però – al posto della cifra 10 – riporta la cifra 7. Una maniera fulminante per sollevare il tema della disparità di salario.
Anche per questa fase è previsto un impegno sui social network?
Oramai ogni nostra campagna viene declinata su tutti media, tradizionali e non. Per l’occasione abbiamo chiesto un completo re-styling del portale Puntosudite a uno studio quotatissimo in Italia e all’estero, Angelini Graphic Design, che a titolo completamente gratuito ci ha regalato un “look and feel” all’altezza della sua fama. Con questo vogliamo anche dimostrare che quando fai la carità e non hai grandi risorse, non devi usare la mano sinistra – come avviene purtroppo per larga parte delle campagne sociali e pubbliche che girano, e persino di alcuni progetti di Responsabilità Sociale di Impresa – ma devi impiegare la massima professionalità possibile.
C’è poi l’impegno di alcuni studenti…
Sì, quelli degli atenei del nostro Network Athena (sono 85 atenei, per un totale di 40 facoltà e master), che diventano elemento importante di divulgazione della campagna partecipando ogni anno al concorso di progetti multimediali e di marketing non convenzionale sul tema della campagna. In questa occasione il portale è poi ulteriormente arricchito dai contributi tecnici dell’associazione Valore D, la prima associazione di grandi imprese creata per sostenere la leadership femminile in azienda. Per questi e molti altri motivi le campagne di Pubblicità Progresso sono tra le più efficaci e ricordate. Quella sulla prevenzione degli incidenti sul lavoro, e quella a favore della donazione organi, sono addirittura state inserite da un progetto del World Economic Forum (Creative for Good) in un ristretto elenco della campagne sociali più performanti del mondo.
Come va la situazione degli spazi offerti dai media?
Avendo deciso di partire a fine luglio, anche approfittando del periodo estivo, abbiamo trovato per il momento una grande disponibilità di Mediaset, Sky, Discovery Channel, e finalmente anche di Rai, che per la prima fase era stata piuttosto avara.
Come mai?
Ho fatto incontri con la presidente Tarantola e con il Dg Gubitosi, trovando lei genericamente gentile ma per nulla intenzionata a modificare nei fatti concreti una sorta di pregiudizio psicologico di Gubitosi, che addirittura trovava il lavoro di Pubblicità Progresso in parziale conflitto con i compiti del Segretariato Sociale della Rai, atteggiamento mai riscontrato nelle precedenti gestioni. Per molti anni, il Direttore del Segretariato Sociale della Rai Carlo Romeo (oggi dg della TV di San Marino) ha rappresentato la Rai nel nostro Cda, partecipando attivamente a ogni progetto e coinvolgendo l’azienda meglio che poteva. E poi è un fatto semplicemente incredibile.
In che senso?
Pubblicità Progresso è un progetto collettivo di tutto il mondo della comunicazione italiano, la Rai ne è uno dei soci fondatori fin dalla fondazione della prima associazione nel 1971. Tutti i soci, inclusi quelli arrivati più di recente come Sky, Discovery Channel, Google e Facebook, si impegnano più che possono nei progetti di Pubblicità Progresso, oggi Fondazione per la Comunicazione Sociale, rimanendo ovviamente liberi di attivare proprie iniziative di Csr o dare spazi alle Onlus secondo la propria sensibilità. Tutto quello che chiedevamo è che alle campagne decise dal Cda di Pubblicità Progresso (che rappresenta gli investitori in pubblicità, i media radio, tv, web e cinema, le concessionarie delle affissioni, gli editori della carta stampata, le associazioni delle agenzie di pubblicità e di ricerche di mercato) venissero dati spazi adeguati a superare la soglia minima di Grp, un parametro che indica il livello di ricordo di una campagna. E non i pochi spazi residuali che vengono dati abitualmente a qualsiasi Onlus. A questo proposito, vorrei ricordare una cosa.
Quale?
Che nella prefazione del libro di Rai-Eri sulla storia di Pubblicità Progresso, il Presidente Napolitano ha voluto ricordare che “Pubblicità Progresso è un caso di eccellenza unico al mondo”. Bene, nonostante il libro sia stato pubblicato in occasione dei 40 anni della Fondazione dall’editrice della Rai (e diffuso in tutti gli atenei e non solo nelle librerie), pensate che ci sia stato un qualche Tg Rai che gli abbia dedicato un servizio di 1 minuto? Macché. Mentre si vedono quasi ogni giorno presentazioni di libri di autori anche sconosciuti…E poi, vede, quando un Dg del servizio pubblico ti dice, di fronte alla presidente “Lei non deve mettere le mani nella mia azienda” solo perché ho osato suggerire con rigorosa documentazione tecnica che gli spazi per la pubblicità sociale avrebbero dovuto essere gestiti da Rai Pubblicità (come fa Publitalia per Mediaset) invece che dal Palinsesto, vuol dire che c’è qualcosa di stonato riguardo alla concezione di civil servant che dovrebbe contraddistinguere un Dg della Rai. Pubblicità Progresso sta facendo uno sforzo enorme di diffusione della cultura della comunicazione sociale nel Paese, e i soci via via si stanno maggiormente impegnando non solo nel donare spazi gratuiti ma anche nel convincere le redazioni a occuparsi dei temi proposti. A titolo del tutto personale, ritengo che il dr. Gubitosi fosse semplicemente geloso del fatto che per 4 anni sono stato consigliere della Rai (nel consiglio presieduto da Zaccaria, quando il Cda era in realtà un amministratore delegato collettivo di cinque membri) e poi Amministratore delegato di Rainet per altri 5 anni, per cui la mia conoscenza tecnica e complessiva dell’azienda risultava inevitabilmente molto maggiore della sua. In fondo lui era un ottimo amministratore di un’azienda che vendeva abbonamenti di telefonia cellulare…In Rai ha svolto sicuramente un altrettanto ottimo lavoro amministrativo, ma per dirigere l’Azienda di Stato di servizio pubblico ci vogliono anche ampie competenze editoriali e culturali di carattere interdisciplinare.
Visto che ha toccato l’argomento, che ne pensa del nuovo Cda e dei nuovi presidente e direttore?
Oggi mi sono permesso di parlare pubblicamente dei precedenti amministratori e dei problemi che abbiamo avuto con loro solo perché non ci sono più. Per quanto riguarda i nuovi, oltre a fare loro tutti i miei auguri di buon lavoro, sono convinto che i rapporti tra Rai e la Fondazione Pubblicità Progresso non potranno che migliorare. Al di là delle competenze che si deducono dai curricula di presidente e direttore (so che anche molti consiglieri sono inoltre sensibili alla tematica della comunicazione sociale) mi fa piacere ricordare che Monica Maggioni è stata non solo testimonial di una bellissima mostra di Pubblicità Progresso che ha girato tutta l’Italia sul problema dei bambini soldato, ma ha anche realizzato in quell’occasione per noi e TV7 un coraggioso reportage (come è nella sua cifra) girato nei villaggi e nelle foreste infestate dai guerriglieri a caccia di bambini. Quanto ad Antonio Campo dell’Orto, è utile ricordare che MTV, in cui lui ha lavorato con successo, ha sempre privilegiato la comunicazione sociale: tutte le loro campagne sono inserite nella mediateca on-line di Pubblicità Progresso, che a tutt’oggi raccoglie le 2700 più creative e performanti campagne sociali del mondo. Ho quindi motivo di ritenere che con i nuovi amministratori ci possa essere una grande opportunità di interlocuzione professionale e tecnica. Anche perché credo sinceramente che grazie a un rinnovato impegno nel sostenere un così importante progetto collettivo di tutti media come è Pubblicità Progresso, la Rai potrebbe trovare motivi di ulteriore giustificazione dei propri compiti di Servizio pubblico.