Caro lettore che ancora stai pachidermizzando al sole nell’attesa di cominciare il triste conto alla rovescia che ti riporterà in città alle tue abituali attività, oggi non ti tedieremo con il solito pezzo post-ferragostano, tutt’altro. E il motivo è semplice. Anche noi ci siamo concessi un po’ di pachidermizzazione nelle uggiose giornate ferragostane. Mentre, davanti alla finestra, eravamo intenti a osservare il ticchettìo della pioggia sui vetri, abbiamo sentito suonare due volte alla porta. Era il postino (solo il postino, come si sa, suona sempre due volte), con una lettera.



 

Cari ComicAstri,

mi chiamo Lhectòr H. Nito e sono un vostro fan fin dalla prima ora. O meglio, pur apprezzando molto i vostri simpatici e brillanti articoli, sono stato repentinamente e letteralmente rapito dall’enciclopedica sapienza e saggezza del vostro amico Zingarelli. Per me lo Zinga è un faro, una bussola, una stella polare! Le sa tutte: dalla A (astronomia) alla Z (zootecnica). Non c’è problema, quesito o dilemma che non sappia dirimere. E allora, approfittando della vostra conoscenza (nel senso che potreste farmi da tramite), vorrei che lo Zinga esaudisse una mia richiesta: tra pochi giorni andrò a Londra per motivi di lavoro (come sta capitando a migliaia di giovani che qui in Italia non trovano un impiego) e per il mio soggiorno mi hanno proposto diverse sistemazioni. Che cosa mi consiglia di fare il buon vecchio Zinga?



Grati per quanto saprà indicarmi, porgo cordiali saluti. Vostro affezionatissimo

Lhectòr H. Nito

 

Alla supplice lettera del nostro caro Lhectòr H. Nito non potevamo certo restare insensibili. Tanto meno lo è stato lo Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo. Appena gli abbiamo sottoposto il quesito londinese, ha subito risposto entusiasta: “Big Ben!”. Noi, ingenuamente, eravamo convinti che lo Zinga consigliasse al nostro caro Lhectòr H. Nito di trovarsi un alloggio nei pressi del mitico orologio della torre di Westminster… Invece ci sbagliavamo. 



Big Ben vuol dire: molto bene! Cioè, sono ben felice di esaudire questa richiesta. Londra è città cosmopolita, vivace, accogliente, seppur competitiva e molto selettiva. A Londra, in gioventù, quando ero un semplice abbecedario trasferitosi lassù, sulle rive del Tamigi, per imparare dall’Enciclopedia Britannica come si diventa un vocabolario che sa tante cose, ho trascorso molti giorni felici. ‘Oh Abbey days!’ cantavo a squarciagola con i miei amici. Eh sì, abitavamo nel quartiere di Camden e ogni sera ci ritrovavamo – io, Treccani e le due sorelle più piccole di Garzanti, le Garzantine – in un pub diverso per un bel Abbey hour: lì fino all’alba ad abbeverarci (di cultura, mica di birra!). E poi tutte le mattine, ebbri di erudizione, attraversavamo quelle strisce pedonali calcate da piedi assai ben più famosi dei nostri. Sì, Abbey Road è secondo me il posto più incantevole di Londra. Specie da quando i Beatles l’hanno attraversata l’8 agosto del 1969. Quella foto è diventata la mitica copertina di uno dei loro album più famosi, “Abbey Road”, appunto. Ve la ricordate? No? Beh, allora ve la ripropongo in tutto il suo fascino”.

1969, Abbey Road (The Beatles)

A questo punto lo Zinga è diventato incontenibile. “Pensate, all’inizio, nella mia – allora – ignoranza ero convinto che Abbey Road significasse “Ebbi una strada”… E invece questa strada è diventata famosa in tutto il mondo e le sue strisce pedonali sono state fotografate da milioni di persone. Oltre ai Beatles, negli omonimi studi di registrazione hanno inciso le loro canzoni gruppi del calibro dei Pink Floyd, dei Police e dei Queen. Non solo: c’è anche stato chi, vent’anni dopo i quattro ragazzi di Liverpool, ha voluto riproporre la stessa foto, in versione… hot, e non penso per rendere omaggio al genio di John Lennon, Paul McCarthy & Co”.

1988, Abbey Road (Red Hot Chili Peppers)

 

“Zinga, e com’è oggi Abbey Road?” Quasi d’improvviso, due lacrimoni gli solcano le guance, consunte come una pagina ingiallita d’enciclopedia. “Oggi il tratto di strada dove si trovano le strisce pedonali di Abbey Road è diventato luogo protetto dall’English Heritage, una forma di tutela del patrimonio, di solito concessa a importanti edifici di alto valore storico. E tuttora milioni e milioni di turisti attraversano quelle strisce alla stessa stregua dei Beatles… Guardate un po’…”. 

2015, Abbey Road  

“Ok, Zinga, è Abbey Road, ma sono solo in tre: c’è un errore, è un fotomontaggio o manca qualcuno?”. Lo Zingarelli, un po’ sorpreso, strabuzza gli occhi, conta e riconta, si autoconsulta (cosa che gli capita davvero di rado): sembra non rassegnarsi all’idea che non siano in quattro, da tradizione, ad attraversare quelle strisce pedonali. Medita serio, chiudendosi in un cupo mutismo. Controlla scrupolosamente le sue fonti, da maniaco perfezionista quale riconosce di essere. Alla fine, in una sorta di imperturbabile lungimiranza, emette quella che a tutti gli effetti può suonare come una sentenza: “Queste foto di Abbey Road, che coprono un arco di quasi mezzo secolo, non possono non avere che una morale, e una sola: la musica a palla ti riempie la pancia… ma ammazza!”.