Su Rai 3, nel primo pomeriggio di oggi, domenica 23 agosto 2015, andrà in onda La banda degli onesti, una commedia all’italiana diretta da Camillo Mastrocinque nel 1956. Il film può essere considerato il primo grande successo della coppia formata da Totò e Peppino De Filippo. La pellicola, nell’arco di circa cento minuti, inizia mostrando Antonio Bonocore (Totò), portiere di uno stabile romano, intento ad assistere gli ultimi istanti di vita di un anziano signore, il quale prima di spirare gli confessa di essere in possesso di avere con sé alcuni clichè della Banca d’Italia, di cui l’uomo era stato a lungo dipendente. I quali si aggiungono alla carta filigranata posseduta dallo stesso Andrea, questo il suo nome, la quale rende perciò possibile stampare banconote false da diecimila lire, uguali però alle originali. L’uomo aveva rubato il tutto per vendicarsi del licenziamento, ma poi non aveva portato avanti il suo proponimento, chiedendo quindi ad Antonio di disfarsi del tutto. Il portiere, però, decide di non farlo e di stampare lui le banconote, in modo da risollevare la sua precaria condizione economica.

Non sapendo però come fare, decide di chiedere l’aiuto di Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo), un esperto tipografo che abita nello stabile. Una volta stabilito il contatto tra loro, i due decidono quindi di attirare nell’impresa anche il pittore Cardone (Giacomo Furia), anche lui in condizioni economiche non proprio floride. I tre riescono infine a stampare la prima banconota e a spacciarla facilmente, nonostante le comprensibili paure. Presi dall’euforia iniziano quindi a produrne altre, sperando di poter arricchirsi in questo modo e concedersi i lussi sino ad allora mancati. Poi, però, arriva la prima complicazione: il figlio di Bonocore, Michele (Gabriele Tinti), finanziere da poco di stanza nella capitale, sta infatti seguendo le tracce di una banda di falsari. La notizia mette subito in fibrillazione il terzetto, il quale comincia a pensare al peggio, non essendo evidentemente abituato a commettere atti illeciti. In particolare Antonio, vedendo alcuni mutamenti del vestiario e nel comportamento dei complici, tali da attirare le attenzioni degli investigatori, comincia ad aver paura di essere arrestato, un evento che comporterebbe anche la rovina del figlio.

Prega quindi Lo Turco e Cardone di disfarsi di attrezzatura e banconote stampate, per poi iniziare ad accarezzare l’idea di farsi arrestare proprio dal figlio, con lo scopo di renderne più rapida la carriera. Secondo lui, infatti, un finanziere che fa arrestare il padre nell’ambito delle proprie funzioni non potrebbe che essere visto come una sorta di eroe dai superiori. Recatosi in caserma proprio per mettere in pratica il suo bislacco piano, il portiere viene però rimbeccato dal figlio, il quale pensa che la sua confessione non sia altro che uno scherzo. Poi, però, Antonio apprende dai superiori del figlio che l’indagine sui falsari si è già chiusa con l’arresto della banda. Inoltre il biglietto che aveva provveduto a spacciare in precedenza non rientrava tra quelli che aveva portato all’avvio delle indagini. Capisce quindi di essere stato vittima di un clamoroso equivoco, come del resto confermano in seguito i suoi complici che, dal canto loro, avevano avuto paura a diffondere le banconote stampate. Alla fine, tutti quanti prendono la logica decisione di tornare ad una vita senza preoccupazioni, se non quelle derivanti da una quotidianità non proprio esaltante. In conseguenza di questa decisione, il terzetto provvede quindi a bruciare la valigia contenente i clichè, la carta filigranata rimanente e le banconote prodotte sino a quel momento. Solo alla fine, Antonio si accorge però di avere bruciato anche la busta che conteneva il suo stipendio.