Se c’è una tecnica che, nata in seno al cinema underground o “d’autore”, ha ormai colonizzato il panorama horror contemporaneo, quella è sicuramente la tecnica del found footage. Impiegata per la prima volta nell’italianissimo Cannibal Holocaust, grazie al suo costo praticamente nullo e all’illusione di “autenticità” che riesce a creare, essa è stata resa famosa dal mediocre The Blair Witch Project, a cui hanno subito fatto seguito (e fanno seguito tutt’ora) un’orda di epigoni dal discutibile valore: Paranormal Activity, REC, e chi più ne ha più ne metta. The Gallows non è altro che l’ultimo esponente in ordine temporale di un filone che da troppo tempo ha esaurito il carburante, ma che – inspiegabilmente – continua a macinare incassi al botteghino. 

La sceneggiatura in sé non sarebbe neanche male. O meglio, è lo spunto a essere interessante, perché la sceneggiatura oscilla tra l’inesistente e il dolorosamente banale. Dopo un messaggio che ci informa che il materiale registrato è ora proprietà della polizia, veniamo catapultati alla Beatrice High School, durante le prove di una recita scolastica. Qui facciamo la conoscenza dei nostri personaggi principali, alias “carne da macello”, visto che sulla recita in questione grava un’inquietante maledizione. Al termine della prima, noiosissima mezz’ora, infatti, i quattro si ritrovano bloccati nottetempo all’interno della scuola, “armati” solo di una videocamera e di una manciata di telefoni, mentre una presenza spettrale inizia a perseguitarli.  

Senza dover scomodare per forza possessioni demoniache, manicomi infestati ed entità grottesche, l’ambientazione scolastica offre da sempre un buon punto di partenza per chi cerchi di girare un horror amatoriale. Corridoi labirintici e aule completamente buie sortiscono anche qui il loro effetto ansiogeno, anche se più spesso l’ansia (e il mal di testa) sono dovuti a una regia eufemisticamente fastidiosa. Tra inquadrature traballanti e una messa a fuoco spesso inesistente sembra quasi di trovarsi di fronte a un filmino delle vacanze, salvo poi rendersi amaramente conto che The Gallows è diretto non da una, ma da ben due persone! 

Ma i difetti non si fermano qui, e, come in un horror che si rispetti, The Gallows sprofonda sempre di più in un baratro senza luce né fondo. A coronare una sceneggiatura solida come un castello di carte, infatti, ci pensa uno dei finali più insensati, inutili e raffazzonati che il genere abbia mai visto. 

Se è vero che i colpi di scena servono spesso a mascherare un intreccio privo di mordente, con il plot twist finale The Gallows ammette platealmente la propria incapacità nel costruire una psicologia e una trama che siano coerenti con se stesse. Non a caso ho definito i personaggi “carne da macello”: più bidimensionali di un foglio di carta, la loro unica funzione all’interno del film è di portare avanti una trama già monca in partenza, senza peraltro abbandonarsi a eccessi splatter che, benché fuori luogo, avrebbero sicuramente alzato l’asticella di un film altrimenti indifendibile.