“No, non è la Bbc, questa è la Rai, la Rai tivvù” canticchiavano Gianni Boncompagni e Renzo Arbore negli anni ’70, conduttori impareggiabili di “Alto gradimento”, il programma radiofonico che ha rivoluzionato in modo geniale quanto surreale il modo di ridere degli italiani. E lo stesso Arbore, quarant’anni dopo, si è rifatto al medesimo motivetto per commentare le scelte operate a inizio agosto dal governo Renzi per nominare il nuovo Cda della tv di Stato. “La Bbc è una televisione noiosissima, è fastidioso che se ne parli sempre come esempio da seguire, al punto che è diventato un luogo comune: la Rai deve anche fare divertimento, spero che la nuova dirigenza non se lo dimentichi”.
Diciamoci la verità: non corriamo certo il rischio di una Rai lottizzata e soporifera, i nuovi amministratori danno abbondanti garanzie: statene certi, ci sarà davvero da divertirsi! Scelti con il bilancino del farmacista, tanto per non scontentare nessuno (il vecchio manuale Cencelli, anziano quanto il “nostro” Zingarelli, funziona ancora a meraviglia), intellettuali quanto basta, pronti a “raddrizzare le antenne” (catodiche) per il bene dell’Italia.
Scontata, se vogliamo, la candidatura di Paolo Messa, così da non incrinare i rapporti con il Vaticano (che peraltro guarda di buon occhio anche Sky, per via delle parabole); non del tutto, invece, quella di Guelfo Guelfi, seppur le sue origini fiorentine e il suo curriculum di professionista della comunicazione (è stato spin-doctor delle campagne elettorali di Matteo Renzi) parlino decisamente in suo favore. Noi lo immaginiamo già co-protagonista di un nuovo talk show: un faccia a faccia settimanale con Alberto Ghibellini, pallanuotista genovese vincitore di una medaglia di bronzo ai Giochi olimpici di Atlanta 1996. Pensate: in pieno XXI secolo, Guelfi contro Ghibellini. E pure in HD!
E che dire di Rita Borioni, intellettuale già saccente financo dal cognome (decisamente… superlativo!)? Docente universitaria di Legislazione dei beni culturali presso l’Unical di Cosenza e conduttrice di RedTv (la tv di D’Alema), ha dichiarato in un’intervista al Messaggero di considerarsi “una tecnica”, ma di non avere ancora elaborato una qualsiasi tecnica per battere la concorrenza di Sky. “E per il digitale terrestre?” le è stato chiesto. “Userò il telecomando del decoder”.
Carlo Freccero è una vecchia conoscenza della nostra tv, inventore a metà degli anni ’90 di un linguaggio televisivo nuovo, che fece di Raidue una rete giovanilistica, sperimentale, alternativa, progressista, schierata politicamente. Ecco perché qualcuno l’ha definito “Freccero nella faretra della sinistra”.
Che dire, poi, di Arturo Diaconale? Sponsorizzato dal centro-destra? Macché. Il suo mentore è stato Diego Abatantuono. Sentite: “La Rai è eccezziunale veramente, ma non è ancora la Bibbissì o la Sienen. I suoi teletronisti non hanno ancora capito che nel caccio di oggi per vincere bisogna saper fare la diaconale. So’ Diego, non so se mi spieco!”. Detto fatto, l’Arturo è entrato nella “squadra fortissimi” di Viale Mazzini. Lui, il presidente del Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, il giorno della nomina si trovava presso le sorgenti del Tronto. “C’era poco campo (inteso non come direttore generale della Rai – non potevo ancora sapere della sua nomina – ma come ricezione telefonica). All’altro capo una flebile voce sembrava ripetere: vuoi entrare nel Cda della Rai? Mi son detto: vuoi mettere che sono su Scherzi a parte? Allora ho fatto il finto tronto: La Rai? E che è?”. Dall’altra parte del telefono mi è parso di sentire un: “Perfetto, ne abbiamo trovato un altro che di tv non capisce un tubo catodico!”.
Pur non entrando in merito alla scelte dei nomi del Cda, Giovanni Minoli ha usato parole sferzanti, prodighe tuttavia di qualche (invero non richiesto) consiglio: “La Rai? Una balena spiaggiata che ha perso la rotta. Oggi è moribonda… Quindi i nostri eroi dovranno fare in fretta a riportarla in acque sicure. Che fare? Quando Sergio Marchionne è arrivato a Torino, la Fiat boccheggiava. Sergio, frugando con encomiabile cocciutaggine negli archivi dell’azienda, ne ha ripescato l’auto simbolo degli anni Cinquanta: la 500. L’ha ripensata e con lei ha conquistato la Chrysler”.
Capìta l’antifona? Secondo Minoli, la nuova Rai deve ripartire dalla tradizione, consultare instancabilmente i propri archivi, riesumandone i grandi format degli anni ’50, ’60 e ’70: dai quiz al varietà, dagli sceneggiati a “Giochi senza frontiere”. Ma non è quello che già fa il programma Techetechetè, potrebbe obiettare qualcuno? Vi piace vincere facile, eh?
Non così per il nuovo direttore generale della Rai, Antonio Campo Dell’Orto. Lo Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchia-te (techetechetè) qua e là in giro per gli studi televisivi di tutto il mondo, lo conosce bene, essendosi frequentati da inviati speciali qua e là: una volta in giro per i campi rom, un’altra per gli orti botanici. Lo Zinga ne fa un ritratto terra terra, ma molto efficace, anticipando pure alcune scelte strategiche del nuovo Dg di Viale Mazzini: “L’Antonio è ferrato nel Campo della tv e conosce la Rai come il recinto Dell’Orto di casa sua. Quindi, già con il palinsesto d’autunno, saranno proposti due programmi cult di coltura popolare: A come Agricoltura e Il poeta e il contadino, che verrà abbinato alla lotteria di Capodanno. In più partirà un innovativo programma di salute e letteratura: Coliche bucoliche. In inverno tornerà un classico come Quella casa nella prateria, con il sempreverde Terence Hill nella parte di Charles Ingalls e Vanessa Incontrada (incontrada in un campo di grano, ovviamente) in quella della moglie. In primavera sarà la volta del format per bambini L’Albero Azzurro, proposto in prima serata: ormai i bambini vanno a letto tardi e dentro ciascuno di noi alberga un potenziale coltivatore di… favole! E per il resto del palinsesto? Chi più ne ha più ne metta. Già contattati i tre della Gialappa’s per un Mai dire mais che promette scintille e risate a crepapelle; si attende con impazienza la nuova Domenica In (Serra), con Michele Serra come autore. Non mancheranno neppure grandi produzioni (attesissimi i remake deL’albero degli zoccoli e de Il giardino dei Finzi Contini) e nuove fiction (tra tutte, Don Bosco, Vladimir Boskov e Il richiamo della foresta). Infine, le tre scommesse su cui punta Campo Dall’Orto per rilanciare definitivamente la Rai: 1) riproporre Controcampo, soffiandolo a Mediaset; 2) lanciare una nuova rete, RaiTree (tree in inglese vuol dire albero), tutta dedicata all’ambiente, ai campi, agli orti, all’agricoltura bio, agli agriturismi e all’agroalimentare; 3) proporre a Renzo Arbore, affiancato dalla più agreste Cristina D’Avena, la conduzione di Che tempo che fa, in una nuova veste dove il meteo la farebbe da padrone. E Fabio Fazio? E la povera Lucianina Littizzetto? In perfetto stile Campo Dall’Orto, potrebbero tranquillamente essere mandati a zappare. E non nel senso di… fare zapping!”.