Dì la verità, lettore spiaggiato: costume e infradito, sdraio e ombrellone, stai già spaparanzato su una spiaggia di sabbia fine, davanti a te un mare color cobalto, che si confonde con l’iride del cielo, il resto del mondo sta da un’altra parte, e con lui i tuoi problemi. Il caldo ti inchioda, il sole picchia da farti sentire come un pugile nell’angolo: una gragnuola di raggi Uva ti investe dappertutto, pelle secca, bocca asciutta, fronte madida di sudore; piedi già cotti come due omelette ai porcini. Cosa ti salverà dalla “noia, l’abbandono, il niente” che “son la tua malattia”? (Josè Feliciano, “Che sarà”, 1971).

Probabilmente il cocktail che tieni in mano e che rimiri come un trofeo, difendendolo dai nemici (i vicini di ombrellone che conosci e che vorrebbero goderne) con l’ardore di un cavaliere al cospetto della sua amata dama. Amico, sei in vacanza, rilassati ordunque, e ascolta fin che sei ancora in tempo i consigli del nostro amato Zingarelli, un vocabolario che sa tante ricette perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo. 

Tanto per cominciare, un po’ di storia e di curiosità sui cocktail non guasteranno. Vai Zinga!

“Il termine cocktail deriva dall’inglese coda di gallo. Trattasi di bevanda fortemente alcolica nella quale sono miscelati, secondo svariate ricette, essenze, amari, sciroppi di frutta e quant’altro la natura (e il dio Bacco) ci possano offrire; abitualmente si serve ghiacciata. Il cocktail è inversamente proporzionale al navigatore satellitare: il TomTom più lo usi, più facilmente trovi la strada; di cocktail più ne bevi, più la selva si fa oscura. L’unità di misura per preparare un buon cocktail è l’oncia, pari a tre centilitri di liquore; se passate a quantità alcoliche decisamente superiori, allora l’unità di misura diventa sconcia! Il padre di tutti i cocktail è il Martini Lutero, preparato allora in una locanda di Cermania per protesta contro l’analcolico Sanbittèr: chi avrebbe potuto supporre che proprio lì sarebbe nato il movimento del protestantesimo? La madre di tutti i cocktail è invece la Pina Colada, la cui storia e genesi merita di essere raccontata. A Venezia, dopo i secoli di splendore della potentissima Repubblica marinara, la vita era diventata grama. Nelle famiglie numerose, i figli maschi, se primogeniti, ereditavano i costumi dei padri e diventavano Arlecchino. Tutti gli altri invece dovevano arrangiarsi a fare Brighella. Con le figlie femmine la faccenda era più complicata: la sorte migliore era trovare loro un buon marito. Si narra che un vecchio gondoliere, Remo De Bona, ebbe dalla moglie Poppa De Prua, ben nove figlie femmine. Ma non si perse d’animo e vogando spesso controcorrente riuscì nell’impresa di trovare un buon partito ad otto di loro. Solo la primogenita, Nina, non convolò a nozze: si vocifera che abbia trascorso tutta la vita insieme ad altre due donne (forse come lei non avvenenti): la Pinta e la Santamaria. Di fatto, un terzetto passato alla storia! 

A parte Nina, tutte le altre giunsero all’altare, maritandosi con importanti uomini del Sudamerica. La secondogenita Gina sposò un tal Alfonso Re, messicano di nobili natali, e divenne (se non di fatto, almeno di nome) una Re Gina. La terzogenita Lina sposò il farmacista più famoso di Buenos Aires, Pedro Borocìll, e insieme fondarono un’azienda per la produzione di un medicinale contro il mal di gola tuttora famoso, la Borocillina. La quartogenita Tina sposò il peruviano Raimundo Pata, imprenditore e coltivatore di tuberi: alla vista della sua altezza e magrezza, Pata ebbe un’illuminazione: “Proverò a friggere sfoglie di patate, e in onore di mia moglie le chiamerò Pata Tina“: invenzione lungimirante, che ancora oggi spopola sulle tavole di milioni di persone. 

La quintogenita Fina sposò in tarda età il venezuelano Luis Mente. Il padre, ormai ultranovantenne, il giorno delle nozze esclamò: “FinaL.Mente!”. La sestogenita Rina sposò il colombiano Josè Maria Aspi, meglio conosciuto in patria con il soprannome di Acìd Acetìl Salicìlico (si pronuncia Asìd Asetìl Salisìlico), un ricco possidente con la passione per la nascente industria farmaceutica locale. In Venezuela il loro matrimonio fece tanto scalpore che il maggior giornale nazionale titolò: “È arrivata l’Aspi Rina!”. La settimogenita Dina sposò il boliviano Pacifico Mite, un uomo che raramente esplodeva in scatti d’ira; Pacifico divenne proprietario della maggiore industria di demolizioni del Paese e alla moglie dedicò l’invenzione di un potente esplosivo: la Dina Mite. 

L’ottavogenita Mina sposò l’ecuadoregno Guillermo Del Lapiz, un ricco borghese dal carattere temperato, con la fissa per le matite e i prodotti da cancelleria. Infine, l’ultimogenita Pina sposò Ron Colada, un facoltoso latifondista di bromeliacee e possente tagliatore brasiliano di ananas, tanto da essere soprannominato El Satananàsso. Ron, che quando dormiva esigeva essere chiamato dai suoi servitori con il plurale maiestatis (“Ron Ron”), nei momenti in cui rimaneva sveglio, oltre a latifondere bromeliacee e tagliare ananas, era anche appassionato di drink. E un giorno, giocando con 60 millilitri di Rum bianco, 30 ml di crema di cocco, 90 ml di succo d’ananas, una tazza di ghiaccio tritato e una fetta di ananas, inventò una bevanda aromatizzata che dedicò all’adoratissima moglie. Nacque così la Pina Colada”.

Grazie della poderosa digressione, vecchio Zinga. Ma, venendo a noi, potresti indicarci le novità dell’estate 2015 in fatto di cocktail? Non avevamo ancora terminato la domanda che lo Zinga si era già fiondato sulla risposta. Vi proponiamo i cinque cocktail che ci ha suggerito, senza frapporre indugi, né frappé.

Candeggin tonic. Gin e acqua tonica trovano una dimensione nuova, diversa e intrigante se a unirli è uno spruzzo di ipoclorito di sodio (in soluzione acquosa, si badi bene); il risultato è una miscela proporzionata, equilibrata, dall’aroma davvero penetrante, raffinato ed esclusivo. Servire ghiacciato. Tiene pulito l’alito (ma anche i pavimenti, i vestiti macchiati e i piatti da sgrassare).

Tachipirinha. Chi l’avrebbe mai detto che il paracetamolo sarebbe assurto a una fama che supera il nostro immaginario. Eppure dal Brasile arriva la vera novità dell’estate 2015. La cachaça (l’acquavite del succo della canna da zucchero), il lime e lo zucchero bianco si uniscono al paracetamolo, appunto, per dare vita a un drink che rende quasi inutile l’uso del ghiaccio: “Attenua le vampate, placa i bollori, spegne i fuochi sacri, congela i cattivi pensieri, assidera i pregiudizi, azzera le diversità”.

Stordjito. Il mojito è apprezzato da molti, che forse ne ignorano la provenienza (Cuba) e la composizione (rum, zucchero di canna, succo di lime, foglie di menta e acqua gassata). Di dubbia provenienza è anche il suo cugino italiano, lo stordjito. La ricetta, semplice e geniale al tempo stesso, è davvero alla portata di tutti: basta aggiungere all’originale qualsiasi “mischione” di superalcolici che ne raddoppi il volume: assicuriamo che con due giri di stordjitonon sarete più in grado di ricordare neppure la vostra data di nascita!

Spruz & Spraz. Lo spritz è il principe degli aperitivi alcolici italiani, a base di vino bianco frizzante, acqua gassata o seltz e, nella variante macchiata, con bitter. Una versione proveniente dai Paesi dell’Est ne consiglia l’assaggio con una piccola e semplice variazione, che consiste nel sostituire la giusta dose di vino bianco con dello spruz (spumante rosè uzbeko) unito a dello spraz (spumante rosè azero). Non ancora in uso dalle nostre parti, sembra che a Mosca abbia già conquistato le simpatie di Putin, e non solo… 

Cam…pari o dispari. La celebre bevanda si presta a variazioni estive davvero… stupefacenti, come il Cam… pera!,oppure con Tisana al Rabarbaro (il Ti-Ra a Campari), con champagne (il cosiddetto CamParisienne), e ancora con un long drink per gli amanti del golf, l’ancora poco conosciuto Cam(sotto il)Par. Per i camionisti (e in ogni caso per gente di scorza dura), non può non essere menzionato il Tir a Campar, allungato con superalcolici sopra i 50°. E nei tornei paesani di morra, tra i due contendenti prima della sfida è buon uso sorseggiare un bel Cam…pari o dispari.

P.C. (ovvero: post-cocktail). Nell’augurarti, caro lettore spiaggiato, di non trovare in giro buontemponi che abbiano il coraggio di sperimentare questi intrugli di pura fantasia, cogliamo l’occasione per dire “buona vacanza e buon riposo a tutti!”. Ci si rivede martedì prossimo!