Con Misterioso omicidio a Manhattan, quinto appuntamento della nostra rassegna estiva, arriviamo al cuore della filmografia di Allen. Si torna a toni più leggeri e spensierati, con una comicità che non fa rimpiangere i film dei decenni passati. Imperdibile anche per gli appassionati del giallo anni ’50. 

Larry e Carol Lipton – lui agente editoriale, lei in procinto di aprire un ristorante – conducono una monotona vita di coppia, e attraversano quel classico periodo di alienazione reciproca che i fan di Allen non tarderanno a riconoscere. Questa volta, però, a movimentare le acque ci pensa un mistero: dopo la fortuita morte della vicina di casa, infatti – una donna di mezza età apparentemente in forma smagliante – Carol (Diane Keaton) si convince del fatto che si sia trattato di un omicidio; e così, con l’aiuto del riluttante marito (Woody Allen) e di un amico, inizia a indagare gli spostamenti del marito della defunta. 

Prima incursione dichiarata di Woody Allen nel genere giallo, Misterioso omicidio a Manhattan porta una ventata di aria fresca all’interno di una produzione che, a partire dalla metà degli anni ’80 (e con un culmine rappresentato da Crimini e Misfatti) aveva indugiato spesso e volentieri in situazioni e toni drammatici. Ciò non accade in questo film del 1993, perché, nonostante il titolo possa rimandare a tematiche pesanti, Woody Allen riesce a proporre, allo stesso tempo, un intreccio avvincente e una comicità come non si trovava dai “tempi d’oro” di Io e Annie. Non a caso il co-sceneggiatore è lo stesso, e rispunta persino, dopo parecchio tempo, Diane Keaton in una parte di primo piano. 

Pare, infatti, che il nucleo centrale della sceneggiatura di Misterioso omicidio a Manhattan dovesse originariamente fare parte di Io e Annie, salvo poi essere tagliato in fase di montaggio. Poco male, comunque: come film a sé funziona alla grande, e la formula Allen/Keaton non ha perso lo smalto di un tempo. 

Il film è un giallo classico che più classico non si può, impreziosito da più o meno vistose citazioni ai film che più hanno influenzato il filone, e che Allen, nella sua sconfinata cinefilia, dimostra di apprezzare. Non è una novità per Allen imbarcarsi in discorsi metacinematografici (basti pensare a La rosa purpurea del Cairo, in cui il protagonista si interroga, pirandellianamente, riguardo alla propria natura finzionale); in questo film, però – complice la poca libertà che l’inscriversi in un genere codificato come il giallo comporta in fase di scrittura – Allen sembra divertirsi a giocare con i cliché e con le aspettative dello spettatore. Da intere sequenze ambientate sul retro di una sala del cinema, a battute o espedienti narrativi saccheggiati da altre opere del genere, Misterioso omicidio a Manhattan è contemporaneamente un ottimo giallo e una chirurgica dissezione dello stesso. 

Al tempo stesso, questo film chiude la stagione “drammatica” di Allen, aprendo la strada a una serie di commedie dai toni leggeri che si interromperà bruscamente solo nel 2005, anno di uscita di Match Point. Quello che, sotto certi aspetti, potrebbe essere considerato un ritorno alle origini è tuttavia l’ennesima evoluzione del regista, il quale, anche quando non sperimenta vistosamente (come invece vedremo in Harry a pezzi), cerca pur sempre di variare toni, caratteri e atmosfere. E in questo caso il risultato è una delle più brillanti ed esilaranti commedie degli anni ’90.