Tango per la libertà”, la miniserie in onda su Rai 1, è ispirata al libro autobiografico scritto da Enrico Calamai “Niente asilo politico“. Calamai racconta degli anni ’70 in cui come diplomatico ha lavorato in due delle ambasciate più scottanti di quel periodo, quelle del Cile e dell’Argentina. L’attività del vice console inizia in Argentina, lì il funzionario si ritrova a conoscere i drammi, le passioni e soprattutto le paure della comunità italiana imprigionata tra un presidente, Isabella Peron sempre più sotto pressione, e una situazione economica instabile e ormai deteriorata. La storia continua nel Cile del ’74, conquistato dal golpe del generale Pinochet, e in cui la repressione violenta verso le opposizioni ai militari è ormai all’ordine del giorno. Il giovane Calamai si ritrova in un’ambasciata piena d’italiani che cercano di ritornare nel proprio paese d’origine, egli dovrà fare i conti con gli ordini contraddittori che arrivano dall’Italia, e la voglia di aiutare chi cerca di sfuggire a una morte quasi sicura.



Calamai in questa difficile situazione decide di fare il possibile per aiutare quante più persone possibili, a volte lo fa contravvenendo gli ordini che giungono da Roma, e spesso a suo rischio e pericolo. Egli cerca di percorrere con intelligenza la strada della solidarietà, affidandosi a una rete di aiuti articolata e a volte abbastanza spregiudicata. Nei due anni successivi, insieme ai suoi amici, mette a punto una strategia di fuga per tutti coloro che sono in pericolo, e riesce a far uscire dal paese decine di persone. Grazie alla sua rete d’informatori conosce in anticipo la data in cui i generali argentini effettuano il cosiddetto “golpe argentino”, e grazie alla sua conoscenza del paese sud americano viene rimandato a prestare servizio a Buenos Aires. Anche nella capitale argentina il diplomatico si mette subito all’opera, offre rifugio a tutti coloro che rischiano la vita, apre le porte dell’ambasciata agli italiani in cerca di una via di fuga, a volte esce egli stesso nelle pericolose strade della capitale argentina per recuperare uomini e donne condannati a morte senza motivo. Nel 1977 è richiamato in patria, la sua opera instancabile ha permesso di salvare oltre 300 persone, e cosi tanto ha influito nella sua formazione che anche dall’Italia cerca di aiutare coloro che si ritrovano in difficoltà, creando una rete informativa che cerca continuamente notizie su tutti coloro che sono scomparsi nelle galere argentine. 



Enrico Calamai è nato a Roma nel 1945, la sua infanzia è stata segnata dalla povertà dopo la fine della guerra, ma la sua intelligenza vivace è pronta hanno fatto si che eccellesse negli studi. Dopo il liceo ha continuato gli studi, laureandosi con il massimo dei voti nella facoltà di economia e commercio e iniziando subito dopo la laurea nella carriera diplomatica. Viene inviato in Spagna, ed è li che inizia a farsi quell’esperienza diplomatica, che sarà preziosa nei suoi successivi incarichi. Trasferito nel 1972 in Argentina prima e in Cile successivamente deve fare i conti con il regime violento dei colonnelli. Calamai non si lascia intimorire e cerca di dare aiuto a tutti coloro che sono incarcerati, torturati e a volte uccisi dai militari. Rientra in Italia nel ’77 dopo aver salvato oltre 300 persone cosa questa che gli fa guadagnare l’appellativo di “Schindler di Buenos Aires”. Dopo l’esperienza argentina Calamai raggiunge la promozione a console, e presta servizio in Nepal e Afganistan. Anche in pensione si è sempre adoperato per far conoscere al mondo i regimi violenti. È stato insignito nel 2004 dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine del liberatore San Martín, massima onorificenza argentina.

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