“Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano”. A partire da questo tema Mark Osborne rilegge delicatamente e attualizza una storia che, tuttavia, non si rivela mai obsoleta: un “Piccolo Principe” che entra nella noiosa quotidianità di una bambina che non sa cosa voglia dire avere 9 anni e che deve crescere troppo in fretta, verso un mondo degli adulti in questo film eccessivamente demonizzato e estremizzato.
Il buffo vecchietto che propone alla bambina l’evasione da un’estate fitta di impegni rigidamente stabiliti e volti a entrare in una prestigiosa scuola è l’autore di un bizzarro racconto. Sparsa su fogli volanti si trova la storia di un aviatore (lo stesso anziano signore) precipitato nel deserto e del suo incontro con il Piccolo Principe.
Gli amanti del libro possono ritenersi soddisfatti di una narrazione fedele a quanto scritto dal pugno di Antoine de Saint-Exupèry nel 1943. Anche le illustrazioni sono le stesse che incantano lettori di tutte le età dalla pubblicazione di quello che ormai è considerabile un classico. Dunque Osborne accetta un ruolo per nulla semplice e rischioso, districandosi abilmente e creando una storia che faccia da cornice a un ormai collaudato racconto. Una storia nella storia che omette particolari minori seguendo il filo del libro e rappresentata da una grafica in due dimensioni, incorniciata dalla storia della protagonista che si lascia trasportare dal racconto e torna poi nel suo mondo in 3D.
Una favola che sembra insegnare di più a un mondo adulto che dimentica la spensieratezza, seppur, come già detto, reso in questo film eccessivamente pauroso agli occhi dei bambini. Ma da una rappresentazione fedele il regista si abbandona a un fuoriprogramma in cui è lo stesso personaggio del libro a diventare 3D e a entrare in dialogo con la bambina. Un’immagine particolare che probabilmente vuole rendere l’idea di come le riflessioni contenute nell’opera di de Saint-Exupèry possono essere facilmente accostabili a qualunque bambino che, con semplicità disarmante e a volte con estrema insolenza riesce a scoperchiare temi scottanti per i grandi. Un’infanzia e i 9 anni scoperti a poco a poco dalla protagonista grazie alla gioia contagiosa dell’aviatore che non si è mai dimenticato il piccolo personaggio incontrato nel deserto.
Il compito arduo affidato al regista è svolto egregiamente da Osborne, peccato per lo scivolone forse troppo cartoon che stravolge il finale di Exupèry. Un Signor Principe cresciuto e ormai ignaro delle sue scoperte da bambino e incastrato in un mondo grigio da cui dovrà salvarlo e riportarlo all’età con cui tutti lo conosciamo proprio quella bambina così poco bambina all’inizio. Forse eccessivo, ma in qualche modo comprensibile per la volontà di dire la propria su di una storia che tutti conoscono e per sottolineare come un classico possa dire qualcosa ancora oggi a una generazione forse disinteressata alla semplicità, ma che si appassiona se è accompagnata da grandi che ne sappiano rispettare i tempi e le forme. Scivolone perché di non immediata comprensione per il pubblico di età non superiore ai dieci anni, ma che si salva in corner quando il personaggio torna alla sua età classica.
Toccante e delicato, il film centra l’obiettivo e non si discosta dal messaggio del libro, inserendo anche sfumature attuali: l’importanza di crescere senza perdere la freschezza che permette di vedere nel disegno di quello che sembra un cappello un enorme elefante divorato da un boa.