E’ un’attrice emergente del palcoscenico artistico italiano. Attrice di importanti spot pubblicitari, chi non ricorda Dalani in cui Queralt Badalamenti interpreta al meglio la sua parte. Altri ancora, sempre cercando di essere precisa, perfetta, con ampio margine stilistico. Ora però Queralt è arrivata nel mondo magico del cinema, è apparsa in ”La sindrome di Antonio”, un film ambientato all’inizio degli anni ’70. Un viaggio alla ricerca della Grecia ideale, antica, di Platone. Una storia struggente, in cui Queralt interpreta il ruolo di Maria. Personaggio dolce e pieno di nostalgia. Di questa terra la Grecia che ha sempre affascinato. Con la presenza di attori del calibro di Giorgio Albertazzi, Antonio Catania, Remo Girone che rendono ancora più grande questo film con la loro recitazione. E la presenza di Biagio Iacovelli che interpreta proprio il ruolo di Antonio con cui Maria nel film ha una storia d’amore. Abbiamo così sentito Queralt Badalamenti. Eccola in questa intervista a ilsussidiario.net.
Come ha iniziato a fare l’attrice, che studi ha fatto fra l’altro, da dove nasce questa sua passione per il cinema?
La vera storia di come è iniziata la mia carriera non è molto ”romantica”. Era il 2013, mi mancavano pochi esami per finire l’università, e cercavo un lavoretto per pagarmi gli studi. Come la maggior parte delle ragazze milanesi facevo l’hostess alle fiere, lavoro che non amavo ma che mi permetteva di avere il tempo per studiare dare i miei esami. Mi sono iscritta in agenzia pubblicitaria quasi per gioco. Mi sono detta ”cosa ho da perdere?” Con mia grande sorpresa già al primo casting mi scelsero per girare una pubblicità, e fu un susseguirsi di risultati positivi. Senza rendermene conto mi sono ritrovata proiettata in un mondo stimolante e gratificante e ho deciso che avrei voluto farne parte. Per un anno ho vissuto la mia vita tra set e università e una volta laureata mi sono potuta dedicare interamente al mio lavoro. Ho studiato recitazione da autodidatta, divorando libri sul tema e guardando/analizzando film e serie, ma soprattutto ho imparato, e sto imparando, sul campo. Ogni volta devo interpretare personaggi diversi, vivo set nuovi, recito da sola o con colleghi con più esperienza di me, assimilo più nozioni possibili, chiedo consigli e pareri. Questa è la mia scuola e come una spugna cerco di assorbire tutto quello che le altre figure professionali hanno da insegnarmi.
Come attrice pubblicitaria ha all’attivo numerose interpretazioni, tanti spot, qual è stata la prima, come si è affinata artisticamente in questi anni? Le più importanti quali sono state?
La mia prima pubblicità importante è stata Wind. Poi ho lavorato per prodotti come Muller, Kinder, Ferrero Rocher, Polase, Misura, Moment, Barilla, Blanx, Rio Mare, Avon, Amadori, Chicco e tanti altri. Il set dello spot di Volvo è stato il più emozionante: Il regista svedese era chiamato “il re dell’emotional” e lavorare con una produzione newyorkese e svedese è stato elettrizzante. Ma il personaggio pubblicitario che ho amato di più è stato quello di Dalani. Per più spot ho interpretato un personaggio amante/dipendente dal sito di arredamento… ecco… diciamo che un pochino ci somiglio…
Ci vuole una particolare capacità in questo tipo di interpretazioni in questi spot, su cosa bisogna lavorare principalmente?
Contrariamente a quanto pensassi prima di iniziare questo lavoro, dietro a 15”, 30 ” di spot c’è un lavoro enorme. Dietro ad un gesto, una frase, una pettinatura, una determinata luce, una scenografia, ci sono tante figure professionali che lavorano sodo. Basti pensare che in genere per girare uno spot di 30” ci vogliono 1 o 2 giorni (per lo spot di Volvo ce ne abbiamo messi 10!). L’attore quindi è solo un piccolo anello dell’enorme catena che rappresenta un set e bisogna essere sempre il più professionali possibili. Arrivare in ritardo, presentarsi in maniera diversa da come si era al casting, non essere propositivi, essere disattenti, sono tutte cose da evitare sul set. Quello che mi piace tanto della pubblicità è che è un mondo meritocratico. Gli attori pubblicitari vengono scelti tra centinaia di candidati per le loro capacità, non perchè stanno simpatici al regista o al casting director. Infatti non è mai il regista ad effetuare la scelta ma è il reparto marketing del brand che da remoto analizza i vari casting e sceglie il protagonista. Ogni lavoro è diverso da quello precedente, quindi bisogna ascoltare con attenzione le indicazioni del regista e come dicevo prima bisogna essere professionali dando il meglio.
“La sindrome di Antonio”, di cosa parla questo film e che messaggio vuole dare?
Mi fa sorridere questa domanda perchè me la fece anche il regista Claudio Rossi Massimi il primo giorno di prove. L’anno scorso risposi: “parla di nostalgia” e oggi, a distanza di un anno dal primo ciak, confermo la mia risposta.
Lei interpreta Maria come si è calata artisticamente e esistenzialmente in questo film?
Per interpretarla mi sono lasciata guidare dal regista. Mi sono messa nelle sue mani fidandomi ciecamente delle sue indicazioni. Maria esprime freschezza e solarità ma ha anche un lato oscuro e misterioso che la rende a tratti distaccata ed enigmatica. Quando lessi il romanzo questo connubio di forza e fragilità mi fece affezionare subito a lei e mi ci sono immedesimata. Lei rappresenta un sogno svanito, uno scopo valoroso, l’emancipazione femminile e il coraggio che solo una donna innamorata può avere. Come non essere entusiasta di interpretare un personaggio così?
E’ stata un’esperienza gratificante, emozionante per lei che l’ha coinvolto fino in fondo, cosa ha imparato?
Descrivere la felicità che provo nell’aver recitato come protagonista in questo film è impossibile. Ogni volta che ci penso mi emoziono. Sono grata alla produzione Imago e al Regista C. Rossi Massimi per avermi dato questa occasione. Ammetto che è stato difficile. Dal primo provino all’ultimo. Ricordo di aver investito tanto tempo nello studio, tanto denaro in treni, alberghi, coach… Ricordo di aver rifiutato uno spot per andare a Roma ai provini e ricordo anche che dopo l’ultima audizione passai le tre ore in treno a piangere perchè pensavo di non essere stata presa. Il giorno dopo invece mi chiamò la produttrice Lucia Macale per dirmi che la parte era mia. Da quel giorno ho continuato a studiare e a lavorare duramente per poter dimostrare a tutti che avevano fatto la scelta giusta. Passarono i mesi, feci le valigie, salutai il fidanzato ed il cane, mi trasferii a Roma e poi.. il primo ciak. E’ stata l’esperienza più bella della mia vita.
Ora quale sarà il suo futuro di attrice, cinema, teatro, tv, cosa vuole fare, ha già qualche progetto?
Teatro e televisione non sono realtà in cui mi ci ritrovo, non mi fraintenda: le rispetto e rispetto molto le persone che ci lavorano ma semplicemente non credo siano mondi adatti a me. Almeno per adesso. Nell’attesa che esca il film sto continuando a lavorare in pubblicità, mondo che amo e a cui devo molto. Ma non le nascondo che mi piacerebbe tantissimo fare ancora cinema.
Ci sono attrici a cui si ispira, film che hanno segnato la sua vita?
“La ciociara” di De Sica con Sophia Loren.
Il lavoro di regista, di sceneggiatrice le piacerebbe? Andrebbe all’estero per il suo lavoro?
Devo dire che mi piacerebbe molto poter raccontare una storia per immagini. Ci vuole molta esperienza, preparazione e gusto estetico e sono dell’idea che quando si fa una cosa si debba fare al meglio, quindi se avrò maturato competenza ed esperienza non nego che mi piacerebbe provarci. Ma per ora ho troppo rispetto per queste meravigliose figure professionali e l’idea di farlo adesso non mi sfiora nemmeno. All’estero invece per lavoro ci vado già spesso e mi piace tanto scoprire luoghi, scorci che altrimenti non avrei mai visitato.
Cos’è l’arte per lei, rappresenta veramente il senso della vita, può riuscire a dare senso al dolore, come alla morte, ma anche alla voglia di vivere che è nell’uomo?
L’arte per me ha lo scopo di allontanare la morte, di respingere il dolore. Vivere, combattere ogni giorno, sorridere, cucinare, respirare, amare, sono tutte forme d’arte. E se non ci fossero queste forme d’arte, che vita sarebbe?
Nella storia ci sono personaggi che hanno meglio interpretato questo secondo lei?
Pablo Neruda vedeva l’arte anche nel silenzio. Oggi tutti parlano, tutti scrivono, ma nessuno ha più nulla da dire.
Ha qualche passione, hobbies, ha un sogno che vorrebbe realizzare?
Adoro viaggiare, mi piace tanto cucinare, e adoro condividere i viaggi e la tavola con le persone che amo. Amo tanto la mia casa. Mi piace avere il mio nido tranquillo in cui tornare la sera. Di sogni ne ho tanti e spero di non perdere mai la voglia e la forza di realizzarli.
(Franco Vittadini)