Accade a volte di trovarsi di fronte a un capolavoro, ed è sicuramente il caso del film Lettere da Berlino di Vincent Perez. Si tratta della trasposizione cinematografica del libro “Ognuno muore solo” di Hans Fallada, che in questi ultimi anni si sta affermando come bestseller internazionale. La storia, ispirata a fatti realmente accaduti, racconta del rapporto tra un capo officina tedesco di nome Otto Quangel, interpretato da (un mai così bravo) Brendal Gleeson, e da sua moglie Anna, che ha il volto della due volte premio Oscar Emma Thompson.



I due vivono a Berlino e trascorrono una vita tranquilla, monotona addirittura, finché non arriva di schianto la notizia che il loro unico figlio Hans è morto nella campagna contro la Francia. Siamo nel 1940. Anna reagisce gridando “Maledetti bugiardi!”. L’urlo della donna disperata ridesta il metodico Otto che decide di reagire di fronte alle bugie della propaganda nazista e inizia la sua piccola rivoluzione: comincia a scrivere delle cartoline che lascia in giro per gli uffici e i palazzi di Berlino in cui smaschera le menzogne del Führer, il tutto con la collaborazione della moglie Anna.



Per usare un’espressione utilizzata dallo stesso Otto, i due coniugi iniziano a mettere un po’ di sabbia nell’immensa macchina della propaganda nazista, la quale però si attiva al ritrovamento delle prime cartoline mettendo sulle tracce di Otto, soprannominato “uomo-ombra”, il commissario della Gestapo Escherich, interpretato da Daniel Brühl, già co-protagonista del film Rush.

Con il procedere della silenziosa rivoluzione dei Quangel si assiste a un cambiamento nel loro rapporto. Questo non è visibile agli occhi e Perez lo suggerisce tratteggiando tutti i personaggi con tonalità che vanno dal marrone scuro al nero, passando per le sfumature del grigio. La rivoluzione che avviene nei due è del loro cuore, tanto che riusciranno a ritrovare la perduta intimità guardando con occhi diversi la loro storia d’amore. Otto arriverà ad affermare, quasi con sua sorpresa, che “ora sono libero”. 



Questo loro mutamento acquista un tono di vero e proprio miracolo osservando le altre persone che vivono del palazzo dei due protagonisti. Ognuno degli abitanti di quel microcosmo vive infatti nella menzogna, continuando a temere che ci sia qualche delatore che lo denunci alla terribile Gestapo. Proprio questa, dopo tre anni di indagini, e quasi trecento cartoline ritrovate, sta per concludere le ricerche e arrestare il famoso “uomo-ombra”, portando la storia verso un finale che fin dall’inizio si intuisce tragico.

In una sequenza di scene finali che vedrà aumentare il climax, senza l’utilizzo dei soliti colpi di scena, né di effetti speciali, ma con l’approfondirsi del dramma umano dei protagonisti, lo spettatore sarà messo di fronte alla domanda che i due innamorati hanno avuto per buona parte della pellicola riguardo la loro opera: a cosa servirà?

La risposta è, ovviamente, lasciata agli spettatori, i quali potranno rispondere non solo dovendo arrivare alla scena finale, ma considerando anche i frutti che il lavoro di Otto, che viene definito dalla moglie “un romantico, ma anche un meccanico”, hanno portato nella vita di chi ha preso in mano per caso quelle cartoline; primo tra tutti l’ispettore Escherich, l’unica persona ad averle lette tutte.