Anche l’edizione 2016 di X Factor, il talent show di Sky arrivato ormai alla sua decima annualità, vede una notevole partecipazione di gruppi, intenzionati a sfruttare l’occasione per emergere a livello nazionale. Se in alcuni casi il livello è appena sufficiente, in altri si può parlare di band ormai avviate a lasciare un segno o comunque in grado di non sfigurare per l’evidente professionalità. In particolare, nella categoria affidata ad Alvaro Soler, si sono distinti nella prima tornata gli Oak, una band che ha visto la luce nel corso del 2013 e formata da tre ragazzi di Bologna (Matteo, Greg e Ilaria). Tra i tre, i più noti sono Matteo e Greg, i quali hanno già avuto occasione di mettersi in luce collaborando con Lucio Dalla e Samuele Bersani. In particolare il primo ha lavorato in Ameriquà, un film la cui colonna sonora è stata composta da Dalla prima della sua morte, mentre il secondo ha arrangiato Desireè, un brano di Nuvola numero nove, l’ultimo lavoro in studio di Bersani. Siamo dunque in presenza di due ragazzi che se non sono già dei professionisti, sembrano comunque sulla buona strada per diventarlo. Al loro attivo gli Oak vantano già un disco d’esordio, We were elsewhere, che ha avuto buone recensioni dalla critica specializzata, segnalandosi soprattutto per una già evidente maturità espressiva. Il nome scelto, che tradotto in italiano vuol dire quercia, è stato il risultato della passione dei componenti del gruppo per le foreste, esplicitato anche nel video che è stato girato per l’occasione. 

Il loro esordio nello show è avvenuto nel corso delle audizioni, quando hanno presentato un loro inedito, Sherwood, che ha permesso di strappare il consenso della giuria per l’atto successivo. La loro promozione nel corso dei Bootcamp è stato reso invece possibile grazie ad una buona interpretazione di Time to pretend, un brano di MGMT, con il quale hanno in pratica eliminato i Klune. Una prova non esaltante, definita da alcuni priva di passione, ma senza sbavature, che ha concesso alla band emiliana di strappare il lasciapassare in quella che è ormai considerata la parte più complicata dello show, proprio per la tensione che si può respirare durante i brani. Aver passato quella che è ormai diventata la famigerata prova delle sei sedie, in un Forum di Assago pronto a trasformarsi in una arena e a sancire la vita o la morte artistica dei concorrenti, depone senz’altro a favore degli Oak, in particolare dal punto di vista della tenuta mentale, ormai considerata non meno importante della bravura artistica, almeno in questa particolare prova. In queste prime fasi, la band bolognese ha comunque avuto modo di farsi notare dal pubblico degli appassionati, strappando la definizione di antieroi, proprio per un certo minimalismo delle performance, che ha però avuto l’effetto di aumentare in maniera notevole la curiosità che li circonda. Ora non resta quindi loro che cercare di dare vita ad un ulteriore salto di qualità, tale da poter consentirgli di implementare la loro popolarità e andare ancora avanti nello show, confidando proprio nella capacità di reggere le tensione che li ha distinti durante i Bootcamp.