Tutti con il naso all’insù, anche se non c’è molto da vedere: Marte è troppo lontano. Eppure scienziati dell’Esa (Agenzia spaziale europea), mass media e opinione pubblica da giorni si stanno interrogando su un dilemma… da marziani: la missione ExoMars è da considerarsi un successo, un fallimento, un mistero, una vergogna, un colpo di sfortuna o un semplice… “ammortamento”, termine con il quale si vuole indicare che ormai la sonda è “morta” e stecchita su Marte? Noi non siamo tecnici aerospaziali, nemmeno astronauti e tantomeno piloti di sonde interstellari, e quindi non possiamo rispondere, ma ci fidiamo degli esperti e della loro analisi.



Vero è che chiamare una sonda “Schiaparelli”, abituati come siamo a nomi roboanti, tipo “Millennium Falcon”, “Enterprise”, “Nostromo”, “Discovery One”, “Eagle”, “Prometheus”, “Gunstar”, “Icarus” o “Axiom” (tanto per citare astronavi di film molto famosi), significa porsi in una condizione tale da considerare il fallimento della missione una logica conseguenza del nome. Ciononostante, l’astrofisico Giovanni Bignami ha dichiarato: “La parte più importante della missione consisteva nell’orbitare intorno a Marte; perciò, da un punto di vista scientifico, è un successo completo: è il secondo oggetto orbitante che l’Europa mette intorno a Marte”. Poi ha aggiunto: “Era nato per studiare le difficoltà della discesa su Marte”. E anche in questo caso – aggiungiamo noi -, è stato un successone: “Schiaparelli” ha ampiamente confermato, con prove inoppugnabili, la tesi che ammartare (cioè scendere su Marte) fosse impresa molto più ardua che atterrare, ammarare o allunare.



Insomma, a voler stilare un bilancio sommario della missione, ci sentiamo pure noi – che pure non siamo tecnici aerospaziali, nemmeno astronauti eccetera eccetera – di confermare come ExoMars abbia ottenuto un traguardo exorbitante, con l’unico, infinitesimale limite di quella discesa su Marte un po’ – e diciamolo! – da “Schiapa” (mi raccomando, con una sola “p”, così che non suoni a offesa per gli scienziati dell’Esa). 

I perché di questo schianto – l’impatto del lander con il Pianeta Rosso è avvenuto a una velocità di 250 chilometri orari – sono ancora avvolti nel mistero e verranno del tutto dipanati solo con il ritrovamento del diario di bordo della sonda, chiamato in gergo “Diario di una Schiapa”.



Da noi appositamente interrogato, lo Zingarelli, celeste vocabolario che sa molte cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per l’universo, ci ha prontamente offerto un simpatico aneddoto biografico, così che non ci fossero dubbi di sorta sul suo alto livello di competenza in materia. “Pensate che quando ancora i russi mandavano nello spazio lo Sputnik, chiamato così per la sua modesta gittata, mi stavo già attrezzando per studiare il modo di raggiungere Giove. E quando indicai all’astronauta prescelto come capo della possibile missione la meta finale – ‘Vai su Giove!’ -, questi mi guardò con aria stralunata prima di balbettare un assai dubbioso: Aggiovado?”.

Lo Zinga prosegue spedito con la sua inappuntabile analisi: “Le cause dello schianto della ‘Schiapa’, a mio avviso, sono molto semplici. In Europa viviamo tempi di rigida austerity: le agenzie spaziali, abituate da sempre a poter contare su finanziamenti stellari, oggi sono alle prese con tagli e politiche di spending review. Dunque, al momento della delicatissima fase del montaggio dei freni sul lander, si è aperta una tanto vivace quanto incredibile discussione tra i tecnici dell’Agenzia spaziale europea, fedele specchio di un clima che fa intuire come l’Europa sembra essere fatta, seppure ancora tanto manchi per fare gli europei. I tedeschi hanno proposto con teutonica fermezza dei freni a disco di tecnologia non proprio recente, ma di grande affidabilità, montati a suo tempo sulla Prinz Nsu, mitica e risparmiosa vetturetta degli anni Cinquanta e Sessanta. Al solo sentir pronunciare il nome dell’auto, i tecnici italiani hanno cominciato a fare gli scongiuri, a “passarsela” (rito anti-jella di evidenti origini meridionali, ormai esportato in tutto il mondo, che consiste nel toccarsi gli zebedei al grido di “Tuaaa!”), contagiando via via spagnoli, portoghesi, belgi e polacchi. I francesi allora hanno fatto da paciere, proponendo di mettere un freno agli sfrenati gesti scaramantici. A quel punto, i nostri connazionali hanno suggerito una soluzione di compromesso, accettata di buon grado da tutti i partner europei: montare due collaudatissimi freni a bacchetta, modello Bianchi-Campagnolo. Una soluzione – conclude lo Zinga – che forse non avrebbe trovato il plauso dello stesso Giovanni Schiaparelli, l’astronomo che ha dovuto sì pedalare, e tanto, per elaborare le sue Note e riflessioni intorno alla teoria astronomica delle stelle cadenti; ben lontano, comunque, dal pensare che non una stella, ma una sonda con il suo nome, sarebbe un giorno caduta sul suolo di Marte”.