Per molti la notte del 31 ottobre non vuol dire solo dolci, feste in maschera e film horror, ma è anche il momento in cui si può iniziare a consumare il dvd di Nightmare Before Christmas, celeberrimo film d’animazione diretto da Henry Selick su soggetto di Tim Burton. Il film è diventato presto un cult, riuscendo a unire grazie alla tecnica della stop-motion (o “passo uno”, che permette di animare oggetti e figure statiche) le suggestioni magiche del Natale e le atmosfere contorte della città di Halloween.
A fronte di questo successo, non molti conoscono il resto della filmografia di Selick; per questo motivo, in occasione della festa più horror dell’anno, è bene riscoprire una piccola perla come Coraline e la porta magica, un fantasy dark tratto da un romanzo di Neil Gaiman.
Coraline si è appena trasferita in una vecchia casa assieme ai genitori, una coppia che sfoga nel lavoro tutte le attenzioni che dovrebbe rivolgere invece alla figlia. Ignorata e annoiata, Coraline scopre una porticina nascosta dietro la tappezzeria, e al di là di essa una realtà parallela in cui tutto sembra perfetto: i vicini sono eccentrici e divertenti, il giardino di casa è un florilegio di meraviglie botaniche e, cosa più importante, i suoi genitori la viziano e coccolano come non hanno mai fatto prima. Le versioni “alternative” dei suoi genitori sono specularmente identiche a quelle reali, eccetto per un piccolo, inquietante particolare: al posto degli occhi hanno un paio di bottoni, lucidi e nerissimi.
Il libro di Gaiman è stato definito la rilettura contemporanea di “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Carroll, e il film non è da meno. La grigia monotonia del mondo reale, vissuto con insofferenza da Coraline, lascia spazio al tripudio di colori pastello ed effetti speciali che caratterizzano la realtà alternativa, quella che si trova oltre la “tana del Bianconiglio”. Come in Nightmare Before Christmas, la stop-motion permette a Selick di costruire un mondo curato in ogni minimo particolare, distorto e profondamente espressionista; la paletta cromatica si piega alle esigenze narrative, accompagnando le sempre più frequenti incursioni di Coraline nella realtà parallela.
Ma, come ogni opera di formazione che si rispetti, “Coraline” mostra ben presto il suo lato più dark. La realtà suadente in cui la protagonista indugia non è altro che un’illusione, una ragnatela colorata intessuta ad hoc per intrappolare chi, insoddisfatto della propria vita, cerca in essa conforto e protezione.
Prima di approdare all’inevitabile happy ending, Coraline si trova costretta ad affrontare le sue più grandi paure, incarnatesi subdolamente nella veste più rassicurante. “Prendi l’aspetto del fiore innocente, ma sii la serpe sotto di esso”, scriveva Shakespeare, frase che può anche riassumere alla perfezione il nucleo centrale di “Coraline”.
Sospeso tra “Hansel & Gretel”, il fantasy moderno e l’opera di Carroll, Coraline e la porta magica può essere apprezzato a vari livelli: come una storia di paura, come una fiaba contemporanea, o come un viaggio simbolico e perturbante, uno di quelli che, per quanto possano finire bene, lasciano una persistente traccia amara sul fondo del palato.