“Piange il telefono”, cantava nel 1975 Domenico Modugno. Ma anche oggi sono lacrime amare per i telefoni e per chi li utilizza. La cronaca non lascia scampo: in Italia le società di call center sono in crisi; in Corea del Sud la Samsung ha dovuto interrompere la produzione del nuovo Galaxy Note 7 a causa di una serie di incendi ed esplosioni della batteria dello smartphone. Tanto che qualcuno ha pensato di scrivere all’azienda coreana proponendo di ripristinare, adattandolo, un vecchio slogan dei Pavesini: “Chi chiama brucia“.



Il fatto che nel mondo della telefonia succedano cose molto poco SIMpatiche è un problema alquanto serio, tenuto conto che veder andare letteralmente in fumo il proprio telefono può provocare seri danni alla nostra salute. E non ci riferiamo alle eventuali ustioni e bruciature procurate dalla possibile esplosione, quanto al danno, emotivo e psichico, che può provocare il rimanere senza il proprio indispensabile telefono. La cui invenzione, ricordiamocelo, deve essere motivo d’orgoglio per noi italiani.



Come tutti ben sanno, fu proprio il nostro Alberto Meucci a inventare nel 1854 il primo prototipo, benché il brevetto venne depositato solo nel 1876 dall’americano Alexander Graham Bell. Meucci, da buon italiano, dopo aver realizzato l’apparecchio, provò a più riprese a telefonare all’Ufficio Brevetti. Ma essendo, a quei tempi, l’unico abbonato in quanto unico possessore di un apparecchio telefonico, non trovò mai nessuno all’altro capo del telefono. Dandosi niente affatto per vinto, tra una chiamata e l’altra, trovò il tempo di scrivere una lettera all’Accademia della Crusca, prestigioso consesso di letterati assai abili nella filologia quanto altrettanto impreparati in ingegneria. Ricevute le bozze del disegno tecnico del Meucci, non ci capirono ovviamente un’acca; per tutta risposta, gli proposero un nome altisonante, in perfetto stile Crusca: “Complimenti per la geniale invenzione del telettrofono!“. Nome che piacque a Meucci, tanto da adottarlo immediatamente, rimuginando tra sé e sé: “Lo proporrò all’Ufficio Brevetti alla prima telettrofonata!”.



È a questo punto che entra in scena il Bell. Venuto in possesso, in maniera quasi del tutto casuale, dei disegni del Meucci e ricopiatili paro paro, ci mise quel tanto che bastava di american dream, concependo così un oggetto che piacque al tanto richiamato (dal Meucci, seppure invano) Ufficio Brevetti. “Mr Bell, l’è propri bell!” esclamarono, appioppandogli un nome decisamente più accattivante di telettrofono: nacque così il primo telefono, che consentì all’Ufficio Brevetti di rispondere – finalmente – alle chiamate del Meucci, il quale – messo a conoscenza del colpo di mano effettuato dall’americano – non trovò di meglio che bofonchiare: “Che Bell imbroglione!”, giacché si considerava lui stesso il vero inventore della nuova scoperta destinata a sconvolgere il mondo della comunicazione. Una storia siffatto complicata, dunque… 

Così come complesse e – oseremmo dire – scottanti sono le questioni dell’oggi. Intanto sgombriamo il campo da un sospetto: nessuno pensi che le tanto vituperate batterie “ad autocombustione” del Samsung Note siano state fabbricate da una nota azienda italiana, la FIAMM. Vale poi la pena ricordare che il Samsung Note ha assunto questa denominazione a motivo del fatto che in Corea del Sud era un fatto note, anzi, stranote, che quel telefonino potesse prendere fuoco. E se un tempo l’espressione telefonata rovente (quella infuocata tra il capufficio e un suo dipendente) o telefonata bollente (quella furtiva con l’amante) assumeva evidentemente il senso della metafora, oggi la vampata che rischia di incenerire l’orecchio è un rischio da tenere ben presente per non fare brace con le proprie carni.

Ciononostante, lo GNI (Galaxy Note Incandescent) ha trovato degli estimatori in giro per il mondo. In Siberia un tal Ustin Ustionov, produttore di bracieri e piromane nel tempo libero, pare ne abbia approfittato per cucinarsi un alce al flambé, avvicinandolo con la torcia del cellulare, per poi farlo esplodere nel sottopancia. Dell’alce, ovviamente! Mentre il giornale di lingua inglese Asia Time ha riportato la notizia che, in occasione della Festa della Repubblica cinese a inizio ottobre, ne siano stati venduti 3,8 milioni di esemplari, per poter allestire nella sola Pechino un decoroso spettacolo di fuochi artificiali.

Alla luce di questi sorprendenti successi, altre società produttrici di telefoni potrebbero essere indotte a correre ai ripari, immettendo sul mercato modelli ispirati al Note. Vedremo forse presto un Nokia Boom? Magari anche un Motorola Grill? E la cinese Huawei potrebbe commercializzare un Huawei AlVapore? La stessa Apple infiammerà come al solito il mercato con uno scoppiettante iFire, smartphone con l’estintore incorporato? Naturalmente, e in maniera del tutto contraria a quanto accaduto sinora, i clienti potranno avvalersi del diritto di recesso solo in caso di mancata esplosione dell’oggetto.

Sono i tempi che cambiano, bellezza! E vedrete che la moda di questi telefonini non si rivelerà certo… un fuoco di paglia.