Alla fine ha prevalso Stefano Pioli. Perché loro, tanto per citare un proverbio famoso a quelle latitudini, non sono rane sul fondo del pozzo (leggasi “dalla mentalità chiusa”) ed è pure possibile che abbiano messo olio e aggiunto aceto (ossia “abbiano ingigantito le cose”). Sta di fatto che l’operazione “Panchina ad Interim”, ossia la ricerca del nuovo allenatore cui affidare la guida tecnica dell’Inter, è stata frutto di un eccezionale e gigantesco casting messo in atto dalla Suning. Prima di arrivare alla scelta definitiva, i dirigenti cinesi hanno visionato e selezionato migliaia e migliaia di candidati.
Il numero non deve spaventare, perché ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla. Ciò a dire che tutto in Cina è superlativo: essendo più di un miliardo e rotti, i cinesi sono abituati ai grandi numeri. Incapaci di usare espressioni spicce come “ci siamo ritrovati in quattro gatti”, amano fregiarsi di frasi illuminate come “Sentirsi soli o non sentirsi soli è solo questione di un udito allenato”. Solitudine che non avrà provato il vincitore del concorso per un posto da infermiere all’ospedale della città di Qi Bao: si sono presentati addirittura 2,5 milioni di candidati, tutti rigorosamente in fila per uno, tanto che l’ultimo della coda ha dovuto percorrersi a piedi 21 chilometri, vale a dire la distanza che separa la casa di cura dalla vicina (in auto, beninteso) Shanghai.
Certi che non sono le stelle troppo lontane, sono le scale per raggiungerle troppo corte, gli uomini della Suning hanno previsto una commissione esaminatrice, tipo X Factor, composta da 200 elementi, tra i quali hanno trovato posto: Zhang Yimou (regista di “Lanterne Rosse”, che – divertito – continuava a ripetere: “Che cinema!”), Jet Li, Uan Ton Frit (una sorta di Carlo Cracco orientale); Simona Ventura (in rappresentanza dell’attuale Commissario tecnico della Nazionale, Giampiero), Mian Mian (scrittrice e attrice che ha avuto qualche problema al quartier generale Suning: pare che l’addetto all’accoglienza abbia letto frettolosamente il suo nome sul distintivo di riconoscimento, annunciandola con un assai provocatorio “Milan Milan”), Cina Lollobrigida e Cino Tortorella (coppia star della tv nel Celeste Impero), Antonio Di Pietro (“… dove ci starebbe una giuria, potrei non esservi?”, ha esclamato in un maccheronico cinese, c’azzeccando per pura fortuna i tempi verbali), Kat Teh Lan (famoso presentatore cinese, che ha fatto peraltro da padrone di casa).
Numerosissimi i candidati, provenienti non solo dall’Italia e non solo dal mondo del calcio. Per molti, provarci è stato un modo di esserci, perché nel mondo dello star system, pallonaro e non, la sindrome di Sandra Milo(“Nel bene o nel male, purché se ne parli”, e lunga vita a Oscar Wilde) è patologia assai diffusa. A cominciare da Choi Yong-Soo. Coreano, allenatore della squadra cinese Jiangsu Suning. Un tipo che sa il fatto suo: alla domanda “Lo sai perché sei qui, Yong?, avrebbe risposto secco: “Yong-Soo”. Scartato però al volo, perché, qualora avesse accettato di allenare l’Inter, avrebbe costretto i dirigenti Suning ad aprire un secondo casting per la panchina dello Jiangsu. E due casting in contemporanea sono troppi anche per i pur efficienti e facoltosi magnati cinesi. E’ stato quindi liquidato con un cordiale “Ciao, Choi!”.
Il parterre de rois, rappresentato dalla fitta schiera di candidati che si sono presentati, ciascuno serbando buone ragioni per arrivare a essere l’allenatore dell’Inter, ha rappresentato quanto di più vario è possibile trovare sull’orbe terracqueo. Si sono notati, tra gli altri, Tiziano Ferro (“Il ferro battuto diventa acciaio” cantava a voce sommessa), Bruno Vespa (un uomo per tutte le stagioni), Fiorello (che con la sua assai mattutina Edicola Fiore godrebbe sicuramente di buona stampa), Lino Banfi (“Sono pur sempre stato Oronzo Canà nell’amatissimo film L’allenatore nel pallone), Marcello Lippi (“Essere pagato dai cinesi e finire in Serie B sarebbe un grande onore e un grande affare. Percepirei doppio stipendio: da Suning e da Andrea Agnelli, che mi coprirebbe d’oro solo all’idea di vedere i nerazzurri precipitare in serie cadetta!”), Matteo Renzi (uno che non si tira mai indietro, se c’è da votare e da farsi votare), Donald Trump (poi ritiratosi per non ben definiti sopraggiunti “impegni inderogabili”), Dan Peterson (“Per voi, numero uno!”), Michel Platini (vedi Marcello Lippi), Marco Travaglio (“Solo per essere un’ultima volta contro il Berlusca…”), il mago Otelma (“Sono la reincarnazione del mago Helenio Herrera!”). Un caso a parte, Antonio Di Pietro: pur essendo riuscito a infilarsi nella giuria, ha tentato di farsi passare pure come candidato (“Ho allenato il Montenerazzurro di Bisaccia!”, ha urlato dal palco, alludendo al suo paese natale, prima di essere cacciato a colpi di kung fu).
Alla fine, sappiamo come è andata a finire. Ma cosa avrà davvero convinto Suning a scegliere Stefano Pioli? Probabilmente alcune frasi a effetto, estrapolate dalla più rigida tradizione cinese. Del tipo: “Ci sono soltanto due uomini perfetti: uno è morto e l’altro non è mai nato”. Oppure: “Chi trascura lo studio (della tattica, NdR) per sette anni, sarà sicuramente ignorante per settanta”. E ancora: “C’è un tempo per pescare e un tempo per asciugare le reti (della porta, sempre NdR)”.
Chiudiamo con una curiosità. Marcelino a parte, è stato lo scrittore Eraldo Albinati il più vicino per qualche ora a sedere sulla panchina nerazzurra. Vincitore del Premio Strega 2016 (“titolo” con il quale ha cercato di stregare, invano, la giuria della Suning), sponsorizzato direttamente da Mauro Icardi (“Vorrei che il prossimo allenatore mi insegnasse sì a far salire la squadra, ma fosse pure in grado di far salire le vendite della mia prossima autobiografia, titolo provvisorio Avanti, sempre avanti, fortissimamente avanti. I miei primi 23 anni e mezzo), Albinati ha destato una buona impressione, rovinata indecorosamente alla domanda “Che cosa le ricorda il 4-4-2?”. “Beh… così sui due piedi (modo di dire calcisticamente corretto, secondo il nostro, ancora NdR) non ricordo più cosa ho scritto a pagina 442 del mio ultimo saggio La scuola cattolica”. Il sogno è finito ancora prima di iniziare. Subito messo all’indice (tanto il libro, quanto il suo autore), i signori della Suning lo hanno spedito alla Evergrande Football School di Qingyuan, un centinaio di chilometri da Guangzhou, dove c’è la scuola di calcio più grande del mondo. Laggiù, in ritiro, per scrivere il suo prossimo romanzo? No, per imparare un po’ di moduli, prendendo qualche… lezion-cina di tattica!