Edward Snowden è la talpa americana che, nel 2013, ha rivelato ai giornalisti del The Guardian e alla documentarista Laura Poitras l’esistenza di numerosi programmi di sorveglianza di massa, ai danni non solo dei governi e dei cittadini di paesi ritenuti strategici, ma anche e soprattutto di milioni di cittadini americani, controllati in ogni conversazione telefonica e sul web. Una rivelazione sconvolgente per l’immagine dell’America e per la serenità di chi mai ha dubitato di vivere in un Paese libero e rispettoso della privacy. Un tema attuale, una storia vera “con romanzo”, che ci porta al fianco di Snowden, prima fedele e appassionato servitore della patria e poi folle e coraggioso ribelle in missione per conto di verità e giustizia.



Oliver Stone con Snowden si mette alla prova con un’altra biografia, genere a cui sembra molto affezionato e che sa trattare molto bene. Attraverso un montaggio non lineare, seguiamo l’amore di patria di Edward Snowden. La sua voglia di servire il Paese, la determinazione nel mettersi al suo servizio, prima nell’esercito, poi nella CIA e infine nella NSA, l’Agenzia per la sicurezza nazionale.



Stone crea un film emozionante e al tempo stesso retorico, sostenuto da un bravissimo Joseph Gordon-Levitt che mostra con credibilità la sua rivoluzione interiore, che lo porterà a essere nemico dell’America e suo salvatore. Allo stesso tempo paladino della verità e sputafuoco della menzogna.

Oggi Snowden vive in Russia, esiliato come un delinquente, inviso all’America conservatrice e non solo, che lo vorrebbe tra le sbarre di una cella a marcire di tradimento. Per Stone è un eroe. Senza macchia e senza paura. Pronto a sacrificare la sua vita, a mettere in pericolo la sua famiglia, per servire la verità, quella vera, che non si può dire, ma che il cinema americano può permettersi incredibilmente di raccontare, con nomi e cognomi. È il lusso della libertà, e non è poca cosa.



Nel film Snowden è la medicina di un’America perduta nell’odio, un’America senza freni che in nome della libertà ha tradito se stessa, sorvegliando i suoi cittadini. Maccartismo contemporaneo, estremismo militante, incubo delirante che ha spinto l’Agenzia per la sicurezza nazionale a controllare tutto e tutti. Non tanto e non solo i cittadini del mondo, ma gli stessi americani, intorpiditi dalla paura araba. In nome della democrazia e della libertà, l’America ha perso il limite, spiando nel quotidiano del mondo.

Anche chi non ha nulla da nascondere non può non riflettere sul potere consegnato a chi guarda, digitalmente, ai fatti nostri, impugnando il coltello dal lato giusto per osservare e, se e quando necessario, pugnalare senza alcuna possibile difesa. La nostra vita nelle loro mani. Sotto assedio. Sotto ricatto. Che siamo re o popolani. Snowden, con Stone, grida a gran voce l’assurdità di questa degenerazione silenziosa, partorita e soffocata nelle prime pagine dei giornali. Rumorosa, inquietante ma presto dimenticata.

La libertà dell’America è in pericolo. E Snowden è il suo supereroe. Sfidando l’impossibile ha dato un nome al furto doloso della privacy. Governi e opinioni pubbliche ne hanno discusso animatamente. Amnesty International ha timbrato il film, riconoscendo il valore di Snowden e della sua lotta per i diritti umani. Come uscire dal tunnel?

L’appello per tornare indietro è stato lanciato mentre per Snowden si è chiesta la grazia. Di fronte, ad ascoltare pigramente, c’è Obama, ancora per poco. Ma tutto tace. E il domani non promette bene.