Guardando il film Non c’è più religione di Luca Miniero viene in mente una nota scena con Pippi Calzelunghe: la simpatica ragazza dai capelli rossi quando preparava una torta era solita fare lo stesso errore in cui è incappato il noto regista, quello di mischiare tanti buoni ingredienti, senza pensare però all’accostamento. Infatti, se Pippi nella torta metteva le caramelle, ma anche la pastasciutta, le polpette “perché sono tutte cose buone”, così il regista ha pensato bene di raccontare una storia sull’integrazione e le tradizioni italiane mischiando tanti di quegli ingredienti che lo spettatore non può che uscire di sala confuso e frastornato.
Prese singolarmente, si badi bene, le idee sono buone, perché i tre protagonisti sono tutti di ottimo livello. Da una parte abbiamo il sindaco Cecco, interpretato da un Claudio Bisio sempre pimpante, che vuole rilanciare il paesino di Porto Buio partendo dall’ammodernamento del presepe vivente, storica rappresentazione che rende noto il paesello delle Tremiti. Ad aiutarlo abbiamo suora Marta, che ha il volto di Anna Finocchiaro, che si riconferma uno dei volti femminili migliori del cinema italiano, che accompagnerà il sindaco nella ricerca del bambin Gesù da mettere nella culla, poiché ormai il ragazzino che aveva recitato la parte si è trasformato in un pachiderma della bellezza di più di ottanta chili con tanto di baffi.
A soccorrerli ci penserà Bilal, detto in realtà Marietto, storico amico dei due e unico italiano del paesino a essersi innamorato di una bella tunisina dell’isola accanto e convertitosi all’islam da anni. In cambio del prestito di suo figlio Marietto, interpretato da un discreto Alessandro Gassmann, farà stravolgere il presepe introducendo elementi della sua nuova religione. Sull’onda di questa strana alleanza tra cristiani e musulmani nasceranno moltissime gag, le più spassose delle quali hanno come protagonista il comico Giovanni Cacioppo, che veste i panni di un simpatico panettiere un po’ razzista.
Avendo orchestrato una trama originale e già movimentata di suo era probabilmente più conveniente approfondire la tematica accennata all’inizio del film, che si potrebbe sintetizzare dicendo che solo superando i propri pregiudizi e abbracciando chi è diverso si dà spazio a un incontro, che sarebbe rappresentato dal presepe vivente, originale e di rinnovata vitalità. Questo aspetto purtroppo viene come lasciato in disparte per voler inseguire troppe dinamiche circostanziali, come quelle di una chiesa che si vuole modernizzare solo per facciata lasciando una tradizione per ridicoli cambiamenti che rischiano di apparire a tratti fastidiosi per gli spettatori più severi; oppure accennando all’amicizia tra i tre protagonisti senza far capire fino in fondo le ragioni della loro separazione e, peggio ancora!, quella della loro ritrovata amicizia.
Per questo all’inizio si accennava all’immagine di Pippi Calzelunghe che mischiava in maniera un po’ goffa tanti buoni ingredienti. Il film fa sicuramente ridere, ma Miniero non riesce a replicare una storia commovente come in altri suoi film come ad esempio Benvenuti al Sud, finendo per presentare, anziché una commedia soffice e leggera come una torta di panna, un più modesto minestrone.