Come ormai succede dal 1927, a dicembre la rivista statunitense “Time” ha immortalato sulla sua copertina “L’uomo dell’anno”. La scelta per il 2016 è caduta sul neopresidente americano, Donald Trump. La motivazione? Nancy Gibbs, direttrice della rivista, ha spiegato che il magnate Usa ha sollevato ”tante aspettative, ha rotto tante regole e ha sconfitto due partiti politici”. Insomma, The Donald è riuscito a fare decisamente meglio del nostro Matteo nazionale. Se quest’anno Renzi ha pure lui creato tante aspettative (attorno al referendum costituzionale), ha pure lui rotto le scatole a tanti, la similitudine si ferma qui, essendo inciampato sul più bello: al momento del voto, infatti, anziché emergere vittorioso, è stato travolto da quasi tutti i partiti, una parte del suo compresa. In ragione di ciò, noi lo candideremmo a “uomo 2016 dell’hanno” (con l’acca davanti, perché lo “hanno” a tutti gli effetti uccellato).



Tornando a Trump, la rivista americana ha ricordato che in lizza, tra gli altri, figuravano Hillary Clinton (il vero uomo di casa Clinton…), il premier turco Erdogan, la cantante Beyoncè, il patron di Facebook, Mark Zuckerberg, il presidente russo Putin. Quest’ultimo in Russia è senza rivali come “uomo dell’anno” dal 1998, record battuto nel mondo solo dal leader nordcoreano Kim Jong Un, che vince ininterrottamente dal 1984 (anno della sua nascita), senza che nemmeno una volta abbia dovuto sottoporsi a un controllo antidoping. Stranezze che possono accadere solo sopra il 38° parallelo.



E a proposito di stranezze, abbiamo scoperto che il vezzo di eleggere “l’uomo dell’anno” è assai diffuso nel mondo, non solo negli Stati Uniti. In Finlandia, per esempio, un giornale lappone (cioè della Lapponia) ogni anno premia il lappone (cioè l’abitante della Lapponia) più influente dell’anno, distintosi per meriti particolari. Qualche anno fa, per esempio, è risultato vincitore un tal Marcello Lappi, allenatore di calcio. Nel 2016, invece, è toccato a un certo Lappo Elkann, soprannominato “l’uomo dei laghi”. La Finlandia, come tutti voi ovviamente sapete, è il Paese dei mille laghi. E il nostro Lappo con i laghi ci fa tutto.



Non ci credete? Fin da piccolo ha passato interi pomeriggi a giocare con dei mattoncini assemblabili, tutti di colore azzurro, i famosi mattoncini Lago; è sua l’invenzione della lagopuntura (una particolare medicina alternativa che si basa su micropunture con aghi dei pini di laghi), mentre tra i suoi progetti a breve c’è la costruzione dell’Autostrada dei Laghi, un nastro d’asfalto a sei corsie che dovrà collegare tutti i 188mila laghi della Finlandia. Con una raccomandazione: di non affidare i cantieri alla società che dovrebbe curare la realizzazione del Ponte sullo Stretto…

In Africa, invece, non possiamo non menzionare il Gabon. L’idea di premiare l’uomo dell’anno è venuta a un familiare del celebre attore Jean Gabin, nome d’arte di Jean-Alexis Gabin Moncorgé. Trattasi del fratello maggiore, soprannominato Jean Gabon: fisico statuario, pugile di professione (categoria pesi massimi), buttafuori a tempo perso, ha istituito questo premio sin dagli anni Sessanta. E volete sapere chi è il gabonese del 2016? Magari il calciatore juventino Mario Lemina? Nooo! Sebbene in Gabon sia millenaria la tradizione artigianale di fabbricare strumenti musicali della famiglia delle percussioni, i famosi gabonghi, a vincere il titolo di “uomo dell’anno” non è stato un musicista, bensì una notissima giornalista televisiva, Milena Gabonelli.

Anche in Asia c’è chi elegge l’uomo dell’anno. Premesso che noi avremmo votato per il linguista Muhummud bin Humud ul-Thunu, inventore della lettera “U” in Qatar, che avrebbe risolto problemi millenari di grammatica (usiamo il condizionale, perché il filologo pare sia stato invece costretto a emigrare, per punizione, in Uruguay), è giusto parlare del Brunei, dove il premio è stato vinto dal sultano Hassanal Bolkiah (abbreviativo di Sultan Haji Hassanal Bolkiah Al-Mu’izzaddin Waddaulah ibni Almarhum Sultan Omar Ali Saifuddien Sa’adul Khairi Waddien), il cui merito è aver patrocinato nel Paese la coltivazione della vite (la famosa uva sultanina), che dopo anni e anni di ricerche ha portato alla produzione del Brunei di Montal’cin, imbottigliato proprio nelle cantine sultanine di Sultan Haji Hassanal Bolkiah Al-Mu’izzaddin Waddaulah ibni Almarhum Sultan Omar Ali Saifuddien Sa’adul Khairi Waddien e venduto in singolari bottiglioni da 4,5 litri, per via delle spropositate misure dell’etichetta, che riporta per esteso l’interminabile nome del sultano.

Poteva forse mancare l’Oceania in questo giro del mondo degli uomini dell’anno? Giammai. E così ci trasferiamo idealmente nell’isola di Palau, in Micronesia. Qui vive Gavino Sammy Nieddu, soprannominato “il Turturru” per la sua strabiliante somiglianza con l’attore americano John Turturro. Sammy Nieddu si batte da anni per un ritorno alle vere origini della sua terra, scoperta più di 500 anni fa dai suoi avi, i Nieddu, famiglia originaria di Palau (Olbia) e attiva sin da allora nel ramo dei commerci internazionali: a quel tempo i Sammy Nieddu, partiti dalla Sardegna alla ricerca di una terra “mirtica”, quella intorno al Mar Mirto, si spinsero molto oltre, fino a giungere ad Hatohobei, che con i suoi 10 abitanti e i suoi 3 chilometri quadrati è una delle 16 regioni che compongono lo Stato oceanico di Palau. Attualmente il potente clan dei Sammy Nieddu è a capo di un popolare (lo appoggiano in blocco tutti gli altri nove abitanti) movimento politico annessionista, nato nei mercatini locali dell’arcipelago, che ha preso il nome di Hato-hobei-hobei e che nella lingua locale significa “Ah Tollo, figlio di Oh Tello, fece una teglia di tolla di atollo e tutti i sardi vennero all’atollo per vedere la teglia di tolla di atollo fatta da Ah Tollo figlio di Oh Tello”.