Se c’è una cosa che i capoccia della Marvel sanno fare bene è stuzzicare i fan con immagini promozionali, teaser e campagne pubblicitarie che sanno quali corde andare a toccare. Il caso di Deadpool è emblematico e, per certi versi, geniale, visto che negli Stati Uniti – in cui il film è uscito il 12 febbraio, giusto in tempo per San Valentino – una locandina presenta la pellicola come la più classica delle commediole romantiche, quelle in cui “l’amore non muore mai”. Chissà che qualche coppietta non abbia abboccato allo scherzone di Reynolds, trovandosi così a passare una serata romantica a base di sangue, umorismo spinto e supereroi in calzamaglia!
Si capisce fin dai brillanti titoli di testa che Deadpool è tutto fuorché una commedia romantica. O meglio, l’elemento romantico c’è, visto che Wade Wilson/Deadpool (Ryan Reynolds) è disposto a prendersi una trave dritta nel petto pur di salvare l’amata (Morena Baccarin) dalle grinfie del supercattivo di turno (Ed Skrein); ma questo spunto viene sommerso da una valanga di parolacce, doppi sensi e frattaglie generosamente suggerite (ma mai mostrate, come da tradizione Marvel) in un’atmosfera che va dal pop al politicamente scorretto.
Intendiamoci: la violenza in Deadpool è ricercata e autoconsapevole, ma non risulterà mai eccessiva a chi ha qualche familiarità con certi action granguignoleschi e certe commedie irriverenti. L’etichetta “VM18” (almeno oltreoceano) è però essenziale, visto che Deadpool fa della sua comicità sboccata – genuinamente divertente a volte, troppo prevedibile altre – la sua principale arma di distruzione. Questo, unito alla consapevolezza di essere solo un personaggio all’interno di un film, rende la pecora nera dell’universo Marvel un personaggio ben più interessante della media dei supereroi.
A interpretarlo c’è Ryan Reynolds, attore che compensa un’espressività di granito con l’autoconsapevolezza ironica dei propri limiti attoriali, mettendo in bocca al suo alter-ego in tutina rossa una delle battute più squisitamente metacinematografiche dell’intera pellicola. Se il protagonista si salva in corner recitando per tre quarti di pellicola sfregiato o con il volto coperto, lo stesso non si può dire per il cattivo, Francis: il belloccio Ed Skrein dona al suo personaggio – che non è un mostro di originalità nemmeno in sceneggiatura – il carisma di un foglio di carta stropicciato e abbandonato a se stesso.
A conti fatti, se si tiene presente l’intero panorama dei cinefumetti che negli ultimi anni sta invadendo il mercato,Deadpool si guadagna una posizione di tutto rispetto, affossato però da una generale mediocrità addolcita a malapena dall’originalità del protagonista. I combattimenti sono la solita sequela di scazzottate patinate e slow motion, cose che hanno smesso di impressionare già dai tempi di 300. Ai più esigenti rimane tra le mani una gustosissima rottura della quarta parete e una manciata di battute pop irriverenti: tutto il resto è la solita minestra.